Obitorio in tenda da otto mesi

Ospedale, ancora proteste dai parenti dei defunti.

L’AQUILA. Ancora in tenda, 8 mesi dopo il sisma. Mentre i campi d’accoglienza vengono smantellati, le uniche case di tela a restare ancora aperte sono quelle destinate a ospitare gli sfollati prima dell’ultimo viaggio. Defunti senza casa.

OBITORIO IN STRADA. Ospedale San Salvatore, domenica ore 13. L’obitorio è ancora lì, nella tenda blu sulla sinistra, proprio di fronte alla piazzola dove atterra l’elicottero del 118. Dalla strada si scorge distintamente la bara aperta. Le automobili sfrecciano a tre metri di distanza dall’ingresso della tenda. Si vedono anche i parenti che piangono il defunto. Una sola sedia, forse due. I fiori ammonticchiati attorno al feretro. E stamani il defunto è uno solo. Certi giorni, invece, quando ce ne sono due, la situazione diventa davvero insostenibile. Al dolore per la perdita di un proprio caro si aggiunge, quindi, lo sdegno per una situazione indecorosa alla quale nessuno mette riparo. È trascorso un altro mese e mezzo dalla precedente denuncia, raccolta dal Centro in un articolo del 13 ottobre scorso.

Un gruppo di familiari di persone decedute segnalava che, sei mesi e sei giorni dopo il sisma, le salme venivano collocate prima nella cella frigorifera e da lì in una tenda blu come tutte le altre. Il giorno successivo l’Asl, in forma ufficiale, annunciava l’imminente chiusura della tenda-obitorio attraverso la firma di una determinazione dirigenziale che disponeva l’acquisizione, in affitto, di strutture prefabbricate dove sistemare le nuove camere ardenti. Nell’ordine, che l’Asl dava in partenza con data 14 ottobre, erano previste sei postazioni per la veglia, oltre a stanze per la vestizione e per l’espianto delle cornee, per complessivi 150 metri quadrati. Secondo gli accordi, entro 10 giorni la ditta individuata avrebbe affittato i container «per un periodo breve», come precisò l’Asl, «perché entro 4-5 mesi sarà ristrutturato il vecchio edificio», destinato a essere riadattato in quanto danneggiato non in maniera irrimediabile. Ma da allora non si è mosso più nulla. «I lavori all’interno della struttura vanno avanti lentamente», spiega un familiare, «mentre la camera ardente continua a stare all’aperto. Nessuno ha pensato di adattare un locale agibile al chiuso».

IL DOLORE DEI PARENTI. «All’Aquila, dopo il terremoto, hanno costruito aeroporti, rialzato ponti caduti, realizzato strade e alloggi per migliaia di persone. Ma nessuno ha pensato all’obitorio. E noi parenti siamo addolorati, oltre che indignati, per il trattamento che hanno dovuto sopportare i nostri cari. Questa situazione è indecorosa. L’atteggiamento dei dirigenti dell’Asl nei confronti dell’obitorio evidenzia da un lato inadempienze e ritardi che non trovano giustificazioni e, dall’altro, denota una mancanza di umanità che lascia sconcertati. È l’ennesima mancanza di rispetto nei confronti delle persone morte dopo il terremoto».