Parisse, una famiglia distrutta
Il giornalista del Centro ha perso i figli e il padre tra le macerie. Ha visto morire Maria Paola di 16 anni, ha atteso invano i soccorsi per Domenico di 18
ONNA. Giustino e Dina abbracciati davanti alle macerie di una casa che non c’è più. Giustino e Dina che non hanno più nulla. Neppure una lacrima per piangere Domenico e Maria Paola, due ragazzi stupendi. Lui di 18 anni, lei di 16. «Papà, tanto moriamo tutti», ha fatto in tempo a dire Maria Paola prima che la trave più grande della casa più bella di Onna spegnesse per sempre i sogni di una ragazza orgogliosa del suo papà, un giornalista del Centro.
Giustino Parisse, 50 anni, è il responsabile della redazione dell’Aquila, vicecaporedattore del quotidiano degli abruzzesi. Ha perso i figli e il padre Domenico, di 75 anni. Gli restano la madre, gravemente ferita e ricoverata nell’ospedale di campo allestito all’Aquila, e la moglie Dina Sette, che gli sta vicino e l’abbraccia.
LA TRAGEDIA PIU’ GRANDE. Sono le 9,45, Onna è devastata. I corpi sepolti sotto le macerie sono ovunque. Ma per la piccola frazione alle porte dell’Aquila la tragedia di Giustino Parisse è la più grande.
«Seguimi, ti porto da lui», dice un vicino di casa che rischia la vita pur di arrampicarsi tra cumuli enormi di mattoni e calcinacci, pur di arrivare da Giustino. Che è lì, abbracciato a Dina, seduto nel giardino di casa, circondato solo da macerie.
ADDIO MARIA PAOLA. Scoppia in un pianto dirotto, abbraccia il collega del Centro che lo ha raggiunto, e racconta da cronista la notte che gli ha cancellato una vita di passione e sacrifici.
«Ora sono dall’altra parte, tu fa il tuo lavoro», dice asciugandosi le lacrime dopo un interminabile abbraccio.
Non ha più nulla, neppure i vestiti. Indossa solo una camicia strappata, un paio di pantaloni del pigiama e due scarpe diverse. La casa, una villetta al centro di Onna, è un enorme cumulo di mattoni, pietre e travi di legno.
Una lastra di cemento armato ha schiacciato una della due auto parcheggiate nel cortile. Dietro l’angolo si staglia la casa sventrata di Sandro Parisse, il fratello di Giustino. Solo una porzione della villetta ha retto.
«Maria Paola era proprio lì», inizia a raccontare Giustino, «ha fatto solo in tempo a dirmi: papà, tanto moriamo tutti, e la trave del tetto l’ha schiacciata».
E’ morta davanti agli occhi del suo papà che non riesce a darsi pace e continua a ripetere: «Non sono riuscito a salvare i miei figli».
Maria Paola è stata portata via prestissimo all’obitorio dell’Aquila. Il fratello Domenico, invece, è rimasto sepolto sotto una montagna di detriti alta più di dieci metri. In cima alla quale ora c’è Sandro, anche lui salvo per miracolo, che cerca invano di togliere pietre e pezzi di legno.
Ma è un’impresa impossibile, e i soccorsi non arrivano.
ADDIO DOMENICO. Per un attimo, Giustino, riesce a distrarsi dalla tragedia che lo ha colpito quando racconta che un terremoto del nono grado della scala Mercalli non dà scampo.
E’ un esperto di terremoti. Per mesi ha scritto delle scosse che hanno colpito L’Aquila, studiandole e ristudiandole sui siti dell’Igm (Istituto geofisico militare). Ma lo sguardo del giornalista del Centro torna sulle macerie. «Hanno lo stesso nome mio padre e mio figlio, sono ancora lì sotto», dice mentre si avvicina a una tettoia inclinata oltre la quale c’è la sua casa: una montagna di detriti.
L’ATTESA INUTILE. Domenico era ancora vivo dopo le 3,32 di ieri, quando la scossa ha raso al suolo Onna. Era vivo anche un’ora dopo, quando Giustino Parisse ha sentito la sua voce che chiedeva aiuto venire su dalle macerie. Ed ha cercato di salvare con tutte le sue forze il figlio. Giustino ha continuato a sentire Domenico per altre tre ore ed ha lottato come un leone contro enormi pezzi di pietra e cemento, ciascuno pesante più di cento chili. Fino a cadere di schiena ferendosi la testa.
«Domenico ci chiedeva aiuto ma era impossibile tirarlo fuori. Ho detto a Giustino: non ce la facciamo. Giustino fermati, è inutile», racconta il vicino di casa. E lui si è fermato e si è seduto, in attesa che arrivassero i soccorsi per salvare Domenico e il nonno.
Ma ad Onna sono ormai le 12 passate. E quei soccorsi per il figlio e il padre di Giustino Parisse non arrivano. Le speranze sono finite mentre le scosse di terremoto fanno tremare ancora sette volte le macerie.
Ma Giustino non ha più paura, ripete tra le lacrime: «Non sono riuscito a salvare i miei figli. Trent’anni di sacrifici cancellati in un attimo. Non ho più nulla. Adesso non ha più senso continuare a vivere».
La moglie Dina lo abbraccia, si siedono l’uno accanto all’altra sotto un mandorlo fiorito. Dal cancello di casa arriva il presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, che va da Dina e Giustino per abbracciarli. Una parente risponde a un telefonino e dice: «Domenico e Maria Paola non ci sono più». Ormai è finita.
IL CONFORTO. Un vicino di casa si avvicina a Parisse per dirgli: «Forza Giustino, io ce l’ho fatta, ce la farai anche tu». È il vicino che ha perso la figlia in un incidente stradale. Consola Giustino, con delicatezza e dignità, e in qualche modo riesce ad aiutarlo.
Alle 16,30 i corpi del padre e del figlio di Parisse vengono finalmente tirati fuori dalle macerie. Sono passate tredici ore dalla scossa che ha raso al suolo Onna. Sono passate troppe ore per salvarli. Ma Giustino è andato via. «Voglio ricordarli come l’ultima volta che li ho visti vivi», dice dopo un ultimo lunghissimo abbraccio.
Giustino Parisse, 50 anni, è il responsabile della redazione dell’Aquila, vicecaporedattore del quotidiano degli abruzzesi. Ha perso i figli e il padre Domenico, di 75 anni. Gli restano la madre, gravemente ferita e ricoverata nell’ospedale di campo allestito all’Aquila, e la moglie Dina Sette, che gli sta vicino e l’abbraccia.
LA TRAGEDIA PIU’ GRANDE. Sono le 9,45, Onna è devastata. I corpi sepolti sotto le macerie sono ovunque. Ma per la piccola frazione alle porte dell’Aquila la tragedia di Giustino Parisse è la più grande.
«Seguimi, ti porto da lui», dice un vicino di casa che rischia la vita pur di arrampicarsi tra cumuli enormi di mattoni e calcinacci, pur di arrivare da Giustino. Che è lì, abbracciato a Dina, seduto nel giardino di casa, circondato solo da macerie.
ADDIO MARIA PAOLA. Scoppia in un pianto dirotto, abbraccia il collega del Centro che lo ha raggiunto, e racconta da cronista la notte che gli ha cancellato una vita di passione e sacrifici.
«Ora sono dall’altra parte, tu fa il tuo lavoro», dice asciugandosi le lacrime dopo un interminabile abbraccio.
Non ha più nulla, neppure i vestiti. Indossa solo una camicia strappata, un paio di pantaloni del pigiama e due scarpe diverse. La casa, una villetta al centro di Onna, è un enorme cumulo di mattoni, pietre e travi di legno.
Una lastra di cemento armato ha schiacciato una della due auto parcheggiate nel cortile. Dietro l’angolo si staglia la casa sventrata di Sandro Parisse, il fratello di Giustino. Solo una porzione della villetta ha retto.
«Maria Paola era proprio lì», inizia a raccontare Giustino, «ha fatto solo in tempo a dirmi: papà, tanto moriamo tutti, e la trave del tetto l’ha schiacciata».
E’ morta davanti agli occhi del suo papà che non riesce a darsi pace e continua a ripetere: «Non sono riuscito a salvare i miei figli».
Maria Paola è stata portata via prestissimo all’obitorio dell’Aquila. Il fratello Domenico, invece, è rimasto sepolto sotto una montagna di detriti alta più di dieci metri. In cima alla quale ora c’è Sandro, anche lui salvo per miracolo, che cerca invano di togliere pietre e pezzi di legno.
Ma è un’impresa impossibile, e i soccorsi non arrivano.
ADDIO DOMENICO. Per un attimo, Giustino, riesce a distrarsi dalla tragedia che lo ha colpito quando racconta che un terremoto del nono grado della scala Mercalli non dà scampo.
E’ un esperto di terremoti. Per mesi ha scritto delle scosse che hanno colpito L’Aquila, studiandole e ristudiandole sui siti dell’Igm (Istituto geofisico militare). Ma lo sguardo del giornalista del Centro torna sulle macerie. «Hanno lo stesso nome mio padre e mio figlio, sono ancora lì sotto», dice mentre si avvicina a una tettoia inclinata oltre la quale c’è la sua casa: una montagna di detriti.
L’ATTESA INUTILE. Domenico era ancora vivo dopo le 3,32 di ieri, quando la scossa ha raso al suolo Onna. Era vivo anche un’ora dopo, quando Giustino Parisse ha sentito la sua voce che chiedeva aiuto venire su dalle macerie. Ed ha cercato di salvare con tutte le sue forze il figlio. Giustino ha continuato a sentire Domenico per altre tre ore ed ha lottato come un leone contro enormi pezzi di pietra e cemento, ciascuno pesante più di cento chili. Fino a cadere di schiena ferendosi la testa.
«Domenico ci chiedeva aiuto ma era impossibile tirarlo fuori. Ho detto a Giustino: non ce la facciamo. Giustino fermati, è inutile», racconta il vicino di casa. E lui si è fermato e si è seduto, in attesa che arrivassero i soccorsi per salvare Domenico e il nonno.
Ma ad Onna sono ormai le 12 passate. E quei soccorsi per il figlio e il padre di Giustino Parisse non arrivano. Le speranze sono finite mentre le scosse di terremoto fanno tremare ancora sette volte le macerie.
Ma Giustino non ha più paura, ripete tra le lacrime: «Non sono riuscito a salvare i miei figli. Trent’anni di sacrifici cancellati in un attimo. Non ho più nulla. Adesso non ha più senso continuare a vivere».
La moglie Dina lo abbraccia, si siedono l’uno accanto all’altra sotto un mandorlo fiorito. Dal cancello di casa arriva il presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, che va da Dina e Giustino per abbracciarli. Una parente risponde a un telefonino e dice: «Domenico e Maria Paola non ci sono più». Ormai è finita.
IL CONFORTO. Un vicino di casa si avvicina a Parisse per dirgli: «Forza Giustino, io ce l’ho fatta, ce la farai anche tu». È il vicino che ha perso la figlia in un incidente stradale. Consola Giustino, con delicatezza e dignità, e in qualche modo riesce ad aiutarlo.
Alle 16,30 i corpi del padre e del figlio di Parisse vengono finalmente tirati fuori dalle macerie. Sono passate tredici ore dalla scossa che ha raso al suolo Onna. Sono passate troppe ore per salvarli. Ma Giustino è andato via. «Voglio ricordarli come l’ultima volta che li ho visti vivi», dice dopo un ultimo lunghissimo abbraccio.