Poste condannate a rimborsare 93enne
Anziana derubata di bancomat e pin da un finto alpino che prelevò 4mila euro dal suo conto. L’ente obbligato a risarcire
L’AQUILA. Subì un furto in casa nel giorno dell’Adunata degli alpini di 2 anni fa: due persone, un sedicente ex alpino e una donna, bussarono alla porta dell’anziana con la scusa di bere un bicchiere d’acqua e fruire della toilette. Avuto il via libera, la donna distrasse la padrona di casa, di 93 anni, E.P., mentre l’altro iniziò a girovagare per le camere. L’anziana capì di essere caduta in un tranello e indusse i due ad andare via. Nel frattempo, però, le era stata rubata la carta postamat e un’agenda con i codici. In quello stesso giorno ci furono dei prelievi abusivi per oltre 4mila euro. La donna, di Paganica, avviò le procedure per ottenere il rimborso di quella somma, ma le Poste dissero di no. Poi, però, il ricorso dell’anziana, redatto dall’avvocato Enzo Cacio, è stato accolto dai giudici dell’Arbitro bancario finanziario (organismo di Bankitalia) che ha ordinato alle Poste di pagare. «Non emergono», si legge nella motivazione, «elementi idonei a far ritenere la colpa grave dell’utilizzatrice in considerazione dell’evidente raggiro ai danni di costei anche profittando dell’età avanzata. La circostanza che il furto sia avvenuto in casa non potrebbe essere ascritto a colpa grave della ricorrente che, evidentemente, considerava la sua casa come un luogo sicuro dove custodire lo strumento di pagamento e il pin. Questo Arbitro ha sempre affermato che, se è vero che l’utilizzatore deve conservare con cura il codice di sicurezza, altrettanto è vero che il sempre più frequente utilizzo di codici identificativi rende impossibile ritenere diligente solo chi impari a memoria tutti i codici di cui dispone senza annotarli». «L’età della ricorrente», concludono i giudici, «non permette di pretendere che i codici possano essere ricordati a memoria e, inoltre, dalle dichiarazioni rese dalla stessa, emerge chiaramente la corretta custodia del pin».
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