San Pietro a Coppito,un capoquarto della città
La seconda foto storica sugli scorci più suggestivi in omaggio con “il Centro”
L’AQUILA. Nella sua iniziativa “Ieri e oggi” il quotidiano il Centro propone oggi in omaggio ai lettori la seconda uscita delle foto d’epoca della città (la prima, piazza Duomo, è del 9 settembre). Oggi c’è la chiesa e la piazza di San Pietro a Coppito. La foto nuovo verrà data in omaggio giovedì 20 settembre. Anche questa volta la storia di uno dei pezzi antichi dlela città viene raccontata dal professor Vincenzo Vivio.
La chiesa di San Pietro fu costruita dagli abitanti di Poppleto (Pioppeto), attuale Coppito, nei primissimi anni di fondazione dell’Aquila, alla metà del secolo XIII. Ben presto essa assunse un ruolo preminente nella nuova città, tanto da diventare una delle quattro chiese “capoquarto“ insieme a Santa Maria Paganica, Santa Giusta di Bazzano e San Giovanni di Lucoli, ed estendendo così il suo nome al quartiere circostante.
Trasformata, ampliata e rimaneggiata nei secoli successivi, fino all’ultima sistemazione dell’Ottocento (documentata dalla foto storica a lato), è stata recentemente ripristinata nel suo ipotetico aspetto due-trecentesco in un discusso intervento di restauro nel 1969-72. Il ritrovamento di molti elementi scultorei medievali, recuperati durante i lavori nell’edificio, orientò l’allora soprintendente Mario Moretti a sostituire la facciata del 1870 con un nuovo prospetto del tradizionale tipo aquilano a coronamento orizzontale.
Pertanto oggi la chiesa si mostra in questa nuova veste, con portale ad arco a tutto sesto e finestra circolare senza raggiera, frutto di una interpretazione colta, ma non sufficientemente documentata, di reperti originali. Di conseguenza anche l’aspetto della piazza antistante ha mutato radicalmente il suo volto. Infatti la facciata ottocentesca sovrastava in altezza tutte le altre costruzioni, affermando un indiscutibile primato dimensionale sul contesto edilizio, pur integrandosi con esso nel linguaggio architettonico.
Viceversa, oggi si è determinata una incoerenza stilistica tra la chiesa, ricostruita ex novo, ed i palazzi vicini, che nessuno si sognerebbe di riportare ad un presunto aspetto originario. Le demolizioni non si fermarono alla facciata, ma interessarono l’intero organismo architettonico, che venne letteralmente svuotato all’interno di ogni sovrastruttura barocca, e reinterpretato all’esterno con cospicue ricostruzioni murarie.
Ciò premesso, è innegabile che la chiesa e la piazza hanno acquistato una suggestione particolare proprio grazie alla “disinvoltura” di quei lavori, i quali hanno, per così dire, “scombinato le carte” in un edificio di forma già complessa e poco leggibile nelle sue vicende costruttive. Specie all’interno la chiesa si presenta oggi in maniera a dir poco inconsueta e sorprendente. L’ampia e spoglia navata immette subito nello spazio rialzato del presbiterio, ad essa trasversale, mediante una successione di due enormi arcate.
A destra entrando, una piccola navata con pilastri quadrati fa presupporre la preesistenza di un’altra ipotetica navata nel lato sinistro. In fondo, tre absidi poligonali con finestre bifore ad ogiva conservano frammenti di affreschi tre-quattrocenteschi, una statua di San Pietro in trono ed un interessante ciclo con la leggenda di San Giorgio descritto in dialetto aquilano del’400. E un po’ dovunque sono sparsi quasi casualmente altri dipinti parietali, o ciò che ne rimane. Infine troviamo il campanile ottagonale, uno dei più cospicui della regione, che contiene una bella scala a chiocciola e dialoga all’esterno con le absidi, alterandone il ritmo normale.
L’insieme è assai irregolare, asimmetrico, indecifrabile e misterioso. Ed in questo senso, l’atmosfera che vi si respira è veramente medievale. Non è poco per un “restauro“ così spericolato. Segno evidente che, anche in questo campo, le vie del Signore sono veramente infinite.
La chiesa di San Pietro fu costruita dagli abitanti di Poppleto (Pioppeto), attuale Coppito, nei primissimi anni di fondazione dell’Aquila, alla metà del secolo XIII. Ben presto essa assunse un ruolo preminente nella nuova città, tanto da diventare una delle quattro chiese “capoquarto“ insieme a Santa Maria Paganica, Santa Giusta di Bazzano e San Giovanni di Lucoli, ed estendendo così il suo nome al quartiere circostante.
Trasformata, ampliata e rimaneggiata nei secoli successivi, fino all’ultima sistemazione dell’Ottocento (documentata dalla foto storica a lato), è stata recentemente ripristinata nel suo ipotetico aspetto due-trecentesco in un discusso intervento di restauro nel 1969-72. Il ritrovamento di molti elementi scultorei medievali, recuperati durante i lavori nell’edificio, orientò l’allora soprintendente Mario Moretti a sostituire la facciata del 1870 con un nuovo prospetto del tradizionale tipo aquilano a coronamento orizzontale.
Pertanto oggi la chiesa si mostra in questa nuova veste, con portale ad arco a tutto sesto e finestra circolare senza raggiera, frutto di una interpretazione colta, ma non sufficientemente documentata, di reperti originali. Di conseguenza anche l’aspetto della piazza antistante ha mutato radicalmente il suo volto. Infatti la facciata ottocentesca sovrastava in altezza tutte le altre costruzioni, affermando un indiscutibile primato dimensionale sul contesto edilizio, pur integrandosi con esso nel linguaggio architettonico.
Viceversa, oggi si è determinata una incoerenza stilistica tra la chiesa, ricostruita ex novo, ed i palazzi vicini, che nessuno si sognerebbe di riportare ad un presunto aspetto originario. Le demolizioni non si fermarono alla facciata, ma interessarono l’intero organismo architettonico, che venne letteralmente svuotato all’interno di ogni sovrastruttura barocca, e reinterpretato all’esterno con cospicue ricostruzioni murarie.
Ciò premesso, è innegabile che la chiesa e la piazza hanno acquistato una suggestione particolare proprio grazie alla “disinvoltura” di quei lavori, i quali hanno, per così dire, “scombinato le carte” in un edificio di forma già complessa e poco leggibile nelle sue vicende costruttive. Specie all’interno la chiesa si presenta oggi in maniera a dir poco inconsueta e sorprendente. L’ampia e spoglia navata immette subito nello spazio rialzato del presbiterio, ad essa trasversale, mediante una successione di due enormi arcate.
A destra entrando, una piccola navata con pilastri quadrati fa presupporre la preesistenza di un’altra ipotetica navata nel lato sinistro. In fondo, tre absidi poligonali con finestre bifore ad ogiva conservano frammenti di affreschi tre-quattrocenteschi, una statua di San Pietro in trono ed un interessante ciclo con la leggenda di San Giorgio descritto in dialetto aquilano del’400. E un po’ dovunque sono sparsi quasi casualmente altri dipinti parietali, o ciò che ne rimane. Infine troviamo il campanile ottagonale, uno dei più cospicui della regione, che contiene una bella scala a chiocciola e dialoga all’esterno con le absidi, alterandone il ritmo normale.
L’insieme è assai irregolare, asimmetrico, indecifrabile e misterioso. Ed in questo senso, l’atmosfera che vi si respira è veramente medievale. Non è poco per un “restauro“ così spericolato. Segno evidente che, anche in questo campo, le vie del Signore sono veramente infinite.