L’Aquila terremoto

Terremoto L’Aquila, lo sfogo di Bertolaso: «Fui sciocco a riunire la “Grandi rischi” prima di quel 6 aprile»

7 Aprile 2025

Le confessioni dell’allora capo della protezione Civile: «La lezione dalla catastrofe? Se ci metti la faccia ti fai male»

L’AQUILA. «Il terremoto dell’Aquila mi ha insegnato che se ci metti la faccia ti fai male. Ma questo non significa che bisogna fare un passo indietro. È importante essere consapevoli che, quando si fanno le cose bene, ci sarà sempre qualcuno che troverà il sistema di colpirti». Un sottile velo di amarezza avvolge le parole di Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile. “L’uomo del terremoto”, che 16 anni fa ha guidato l’emergenza nei dieci mesi dopo il devastante sisma dell’Aquila. Seduto nella sala Pininfarina di Confindustria, a Roma, Bertolaso ripercorre – intervistato dal giornalista Mediaset, Guido Del Turco – le tappe di momenti che sono già nella storia. Quella di una terra devastata, «dove la Protezione civile ha messo a punto una macchina dell’emergenza senza sbavature: un sistema complesso che, all’Aquila, è riuscito benissimo». Bertolaso è arrivato da Oltreoceano per partecipare agli Stati generali della Protezione civile. Prende la parola mentre sullo schermo scorrono le immagini di una città avvolta dal buio e dalle macerie. I vigili del fuoco che estraggono corpi, salvano vite. «Meglio di come è stato fatto all’Aquila ancora devo vederlo in qualche altra parte del mondo», dice. Ma, un rimpianto c’è. «L’unico rimprovero è che non avrei dovuto mandare la Commissione Grandi rischi prima del terremoto. Non me lo chiedeva nessuno, non lo prevedeva la legge. Sono stato io, da sciocco, per cercare di tranquillizzare e spiegare agli aquilani la situazione, che il terremoto non si poteva prevedere e che l’unica cosa che potevamo fare era mettere in stato d’allerta le strutture», afferma Bertolaso, «e sappiamo tutti quali sono state le conseguenze di quella riunione».

NESSUNO SARà SOLO C’è del pathos nelle parole di Bertolaso, un’emozione costante che riaffiora sul volto dell’ex capo della Protezione civile. La scossa ha devastato L’Aquila alle 3.32. Alle 4.30 Bertolaso aveva già riunito le forze in campo: «Nessun abruzzese dovrà dire di essere stato lasciato solo. La Protezione civile ha motivo di esistere solo se riesce a garantire aiuto a chi ha bisogno. Il lavoro più importante era quello di trovare un posto adeguato per la Dicomac, la direzione di comando e controllo. Avevamo sorvolato con l’elicottero L’Aquila e i comuni più colpiti. Lo scenario che dovevamo affrontare era chiarissimo: scegliemmo la Scuola della finanza di Coppito, una struttura moderna, enorme». Operatività e umanità. «C’era da sfamare un intero territorio. Abbiamo detto alla popolazione: o qui in tenda o negli alberghi della costa. Tempo 3 mesi e sarebbe iniziata la stagione estiva, ma in tre giorni avevamo sistemato tutti». 

MODELLO L’AQUILA. «Una macchina rodata», spiega, che richiama alla memoria il terremoto di San Giuliano di Puglia. «Lì, gli alpini non sapevano come muoversi. Questa era la Protezione civile nel 2002. In 24 ore, nel 2009, abbiamo dato un letto a tutti gli aquilani. Mi trasferii all’Aquila, c’erano riunioni operative a ciclo continuo. Dormivo due ore a notte. Era stata colpita una città di studenti: l’unico modo per tenerla viva era ristrutturare le scuole. Il 16 settembre 2009 è ripartito l’anno scolastico con i ragazzi, 16mila studenti, che facevano lezione nei Musp, non in edifici di cartone o di latta. Qualcuno ha detto che all’Aquila ha vinto l’a-politica, che poi non ho mai capito bene cosa volesse dire... Ho girato 57 tendopoli e tutti gli alberghi della costa, abbiamo realizzato case antisismiche in pochissimo tempo, in 19 aree scelte dal sindaco Cialente. Le prime consegnate dopo pochi mesi. Berlusconi arrivava di notte, disegnavamo con un pool di ingegneri persino le stanze dei bimbi: 3 miliardi di contratti in sei mesi e non c’è stato un rilievo della Corte dei conti. Questa è l’a-politica?».

CHECK - LIST buttata «Diedi incarico a una mia stretta collaboratrice di fare una sorta di check- list di quello che stavamo facendo, in modo che nel successivo terremoto fosse già tutto pronto, preparato. Mi risulta che questo documento sia stato gettato nel cestino. Un grosso errore, perché in questo Paese si ricomincia sempre daccapo», prosegue Bertolaso, «e se oggi sono qui, a parlare, è perché la gente ha fatto il paragone tra il terremoto dell’Aquila e quello di Amatrice, e ha capito la grande differenza». E a proposito del G8: «Ma quale Berlusconi... sono stato io a volere il G8 all’Aquila, dove abbiamo portato i grandi della terra: Obama, Sarkozy, la Merkel. Persino il presidente dell’India e Gheddafi. 37 capi di Stato e di Governo riuniti per toccare con mano il dolore. Gli aquilani lo sanno», conclude Bertolaso, «ecco perché quando vado lì non posso fare due passi senza essere travolto dall’affetto».