Sulmona, vent’anni fa il delitto del Morrone
Domani i familiari di Silvia e Tamara, le due ragazze venete uccise da un pastore torneranno sul luogo del duplice omicidio
SULMONA. Pensavano di aver smarrito la strada e alla vista di quel pastore che in sella al suo cavallo governava il gregge, si erano fermate per chiedergli quale fosse il sentiero per arrivare alla vetta del Monte Morrone. Lui, con fare gentile, indicò di seguirlo fino a condurle nel bosco di Mandra Castrata dove estrasse la pistola e sparò tre colpi su Silvia Olivetti e Tamara Gobbo. Pensando di averle uccise prese con violenza la terza ragazza, Diana Olivetti e dopo aver tentato di violentarla le sparò un colpo al cuore.
Era il 20 agosto 1997 quando si consumò uno dei più atroci delitti sulle montagne incontaminate d’Abruzzo. Delle tre ragazze si salvò solo Silvia, che, seppur braccata dal pastore macedone Alivebi Hasani, e con una pallottola nel fianco, riuscì a dare l’allarme. E domani, a distanza di vent’anni, Silvia Olivetti ripercorrerà ancora una volta quel sentiero fino a raggiungere quel luogo maledetto dove la furia assassina del pastore macedone, le ha ucciso la sorella e l’amica del cuore. Lo farà in maniera strettamente privata, insieme ai genitori di Tamara, Cesare e Fiorenza e ad altri amici veneti e abruzzesi. Saranno a Sulmona anche Alfio e Gabriella Olivetti, i quali però, raggiungeranno il bosco di Mandra Castrata nei prossimi giorni. Una tragica vicenda che il mondo ricorda come “Il delitto del Morrone” e che fa ancora parlare a distanza di tanto tempo. Anche perché la storia presenterebbe alcuni buchi neri.
Dopo essere stato condannato all’ergastolo e aver scontato una decina d’anni nelle carceri italiane, tra cui quello di Padova, il pastore Alivebi Hasani è stato riportato stranamente in Macedonia per scontare il resto della pena. Una decisione che per molti è parsa come un segno di clemenza nei confronti di una persona che si è macchiata di un duplice omicidio. Buchi neri che hanno spinto il procuratore della Repubblica del tribunale di Sulmona Giuseppe Bellelli a studiare a fondo il caso. Tanto che, nel settembre dello scorso anno, è salito fino nel bosco di Mandra Castrata, accompagnato dal pm Aura Scarsella che all’epoca seguì il caso, per rendersi conto di persona di quello che era stato lo scenario della tragedia. E non è escluso che si possa arrivare a una clamorosa riapertura del caso anche sulla base degli elementi evidenziati in un libro, “Il sentiero delle signore”, scritto dalla giornalista Maria Trozzi. Interrogativi che Bellelli vuole chiarire. Vuole far luce sull’ipotesi secondo la quale, insieme al macedone Hasani, il 20 agosto del 1997, vi fosse anche un’altra persona che fu testimone del massacro. Persona che potrebbe avere avuto un ruolo fondamentale nella vicenda armando la mano del pastore. C’è poi il mistero della quarta pistola fantasma, quello della fotocamera delle sorelle Olivetti, con il rullino pieno di immagini da sviluppare mai ritrovata. Così come i bossoli e le ogive dei proiettili esplosi da Hasani e ritrovati quasi un anno dopo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Era il 20 agosto 1997 quando si consumò uno dei più atroci delitti sulle montagne incontaminate d’Abruzzo. Delle tre ragazze si salvò solo Silvia, che, seppur braccata dal pastore macedone Alivebi Hasani, e con una pallottola nel fianco, riuscì a dare l’allarme. E domani, a distanza di vent’anni, Silvia Olivetti ripercorrerà ancora una volta quel sentiero fino a raggiungere quel luogo maledetto dove la furia assassina del pastore macedone, le ha ucciso la sorella e l’amica del cuore. Lo farà in maniera strettamente privata, insieme ai genitori di Tamara, Cesare e Fiorenza e ad altri amici veneti e abruzzesi. Saranno a Sulmona anche Alfio e Gabriella Olivetti, i quali però, raggiungeranno il bosco di Mandra Castrata nei prossimi giorni. Una tragica vicenda che il mondo ricorda come “Il delitto del Morrone” e che fa ancora parlare a distanza di tanto tempo. Anche perché la storia presenterebbe alcuni buchi neri.
Dopo essere stato condannato all’ergastolo e aver scontato una decina d’anni nelle carceri italiane, tra cui quello di Padova, il pastore Alivebi Hasani è stato riportato stranamente in Macedonia per scontare il resto della pena. Una decisione che per molti è parsa come un segno di clemenza nei confronti di una persona che si è macchiata di un duplice omicidio. Buchi neri che hanno spinto il procuratore della Repubblica del tribunale di Sulmona Giuseppe Bellelli a studiare a fondo il caso. Tanto che, nel settembre dello scorso anno, è salito fino nel bosco di Mandra Castrata, accompagnato dal pm Aura Scarsella che all’epoca seguì il caso, per rendersi conto di persona di quello che era stato lo scenario della tragedia. E non è escluso che si possa arrivare a una clamorosa riapertura del caso anche sulla base degli elementi evidenziati in un libro, “Il sentiero delle signore”, scritto dalla giornalista Maria Trozzi. Interrogativi che Bellelli vuole chiarire. Vuole far luce sull’ipotesi secondo la quale, insieme al macedone Hasani, il 20 agosto del 1997, vi fosse anche un’altra persona che fu testimone del massacro. Persona che potrebbe avere avuto un ruolo fondamentale nella vicenda armando la mano del pastore. C’è poi il mistero della quarta pistola fantasma, quello della fotocamera delle sorelle Olivetti, con il rullino pieno di immagini da sviluppare mai ritrovata. Così come i bossoli e le ogive dei proiettili esplosi da Hasani e ritrovati quasi un anno dopo.
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