Tirabassi: «Quel tesoro era di mio padre»
Gestione fondi Santa Sede, l’imputato interrogato su soldi e monete sequestrati nella casa di Celano
CELANO. «Il denaro contante per 200 mila euro e le monete antiche per un valore di un milione di euro, trovati dalla Finanza il sei novembre di due anni fa nella casa di famiglia a Celano, erano di mio padre». Questa la risposta di Fabrizio Tirabassi, imputato nel processo sulla gestione dei fondi della segreteria di Stato, di cui si è concluso ieri l’interrogatorio in aula. Nella 25esima udienza del processo nella Sala polifunzionale dei Musei vaticani, ripreso ieri dopo quasi tre mesi di pausa, l’ex funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato – accusato di peculato, abuso d’ufficio, corruzione, truffa ed estorsione – ha risposto alle domande del promotore di giustizia Alessandro Diddi, neo-nominato dal Papa al posto del dimissionario Gian Piero Milano. In particolare, nella conclusione del suo interrogatorio, ci si è riferiti soprattutto alla rete di rapporti di Tirabassi con consulenti o aspiranti tali della Santa Sede. E anche ai redditi dell’ex funzionario, tra cui spiccavano un milione 360mila euro in un conto in Svizzera, frutto della «procura amministrativa» riguardante due fondi d’investimento concessagli tra il 2004 e il 2009 dal dirigente dell'Ufficio monsignor Piovan e poi revocata dal subentrato monsignor Alberto Perlasca. Arrivati poi al sequestro delle monete e del denaro nella casa di Celano, gli avvocati difensori Cataldo Intrieri e Massimo Bassi hanno fatto opposizione, perché «il sequestro è stati annullato in Italia dal Tribunale del riesame di Roma, che ha disposto la restituzione che a distanza di un anno non è ancora avvenuta. In sostanza le autorità vaticane non adempiono a un atto disposto dalla magistratura italiana. E c’è un problema di nullità che si trasferisce su quei beni, che per noi, a livello processuale, non esistono, sono inutilizzabili, quindi non possono essere oggetto di domande». Inoltre, «le istanze in Italia sono state presentate da Onofrio Tirabassi, nel frattempo deceduto, padre dell’imputato, che rivendicava la proprietà di quei beni, frutto delle sue attività». Il presidente Pignatone, dopo una breve camera di consiglio, ha però respinto l’opposizione difensiva sostenendo che quel sequestro resta «un fatto storico» avvenuto. Tirabassi, ha confermato nell’interrogatorio, che quei beni «erano nella casa paterna ed erano di proprietà di mio padre, come da lui stesso rivendicato». Oggi, con l’avvocato Nicola Squillace, si concluderanno gli interrogatori degli imputati e inizierà l’ascolto dei testimoni dell’accusa, che continuerà domani con il revisore generale dei conti vaticani Alessandro Cassinis Righini e il direttore dello Ior Gianfranco Mammì. Proprio l’Ufficio del revisore generale e lo Ior sono gli autori della denunce che nell’estate 2019 hanno dato il via all’inchiesta vaticana sull’acquisto del Palazzo di Sloane Avenue a Londra.