Tra gli edifici degradati e abbandonati 

Da quando sono stati sgomberati perché poco sicuri è tutto silenzio: erbacce, degrado e alloggi distrutti dai vandali

L’AQUILA. Neanche un’impronta d’uomo, ad accompagnare una dimensione inedita, quasi sospesa, di questo pezzo di città che infiltrazioni e balconi pericolanti hanno reso terra di nessuno.
Un’altra immagine desolante, per certi versi simile a quella che si vede in quartieri come Pagliare di Sassa o Cese di Preturo.
Tuttavia, quella di Coppito 2 è l’unica situazione nel Progetto Case che registra tutte le piastre sgomberate e lasciate in uno stato di totale incuria. La neve effimera ha coperto per brevissimo tempo erbacce e degrado.
Non ovunque, però: in diversi angoli, la natura la vedi pronta a riprendersi i suoi spazi, così come succederebbe in qualsiasi insediamento umano abbandonato. Dopo il terremoto del 6 aprile 2009 gli esempi non mancano: si pensi ai locali dell’ex Istituto d’Arte a Villa Gioia o alla vecchia Casa famiglia dell’ex ospedale psichiatrico, ancora alla mercé di chiunque, con libri, scarpe, vestiti, analisi e lastre a restituire una drammatica e impietosa fotografia del momento. Un presente che è già passato, anche qui a Coppito 2, nel garage di una palazzina che si raggiunge superando via Leopoldo Cassese. Un quadernone a righe racconta gli sforzi di un bambino nell’imparare a contare in inglese. Sforzi che diventano più consistenti nel libro di algebra poco più avanti.
Tutto lasciato a terra, insieme ad altri oggetti messi a caso. In un altro lato del garage c’è anche una carcassa di automobile, una Fiat Punto blu, rimasta senza ruote e senza motore. Vetri sfondati e carrozzeria segnata dall’usura, l’auto si regge in bilico su una fila di mattoni. Un equilibrio precario come quello dei pilastri che la avvolgono.
I primi sgomberi nella zona iniziarono nel 2014, per i problemi alla tenuta degli infissi dei balconi. Poi, nel 2017, il colpo di grazia a seguito delle continue infiltrazioni registrate: i residenti avevano richiesto un intervento e, dopo un sopralluogo che aveva riscontrato anche alcuni pilastri marci a causa dell’acqua, vennero portate via 24 famiglie. Quasi una fuga improvvisa, a giudicare dallo stato di alcune piastre. A ridosso degli androni, spuntano alcuni cavi elettrici trafugati dagli appartamenti, così come mattonelle e parti di arredo.
Le porte finestre rotte, poi, hanno consentito l’ingresso anche ad animali. Gli atti di vandalismo sono frequenti. Un vero peccato, considerando le potenzialità di questo luogo costruito su una collinetta a ridosso del paese, da cui si gode una piacevole vista sul lato Ovest della città. Oltre 120 le famiglie ospitate all’inizio, in un complesso non molto distante dalla residenza universitaria di San Carlo Borromeo.
Situazione un po’ diversa, invece, a Coppito 3, il Progetto Case “letterario”, con le sue palazzine antisismiche che sorgono tra vie come quella intitolata a Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Cesare Pavese. Questo il tema suggerito dalle nuove soluzioni della toponomastica. Parliamo di uno dei quartieri più grandi che, a pieno regime, ospitava ben 1.300 persone, divise nelle 18 piastre. Le persone, oggi, sono meno, anche se nei singoli appartamenti si sta un po’ stretti.
«Viviamo in cinque in una casa poco più grande di 50 metri quadrati», spiega Patrizia Costantini. «Abbiamo solo due stanze da letto e quindi i miei figli, che non sono più bambini, dormono in tre in una cameretta. Inizialmente, ci avevano proposto di spostarci in un altro Progetto Case. Ma si trattava di accettare Assergi o Camarda».
In via Deledda vive, con la sua compagna, Amaryllis Gamez, anche il reporter Gianfranco Di Giacomantonio. «Abbiamo visto negli anni un progressivo spopolamento di quest’area», spiega. «Viviamo comunque in una comunità accogliente con molte famiglie di stranieri che si stanno integrando nel quartiere». All’inizio del viale principale c’è la Tendamica, utilizzata per attività religiose, tra cui la messa domenicale.
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