Avezzano

Un milione di euro di risarcimento per un rene asportato per errore: “Riconosciuta la colpa medica”

6 Aprile 2025

La somma destinata ai familiari di un imprenditore di Avezzano operato in un ospedale di Roma. Il giudice accerta una “condotta imprudente”, l’uomo è costretto da sedici anni a sottoporsi a dialisi

AVEZZANO. Un rene asportato per un errore medico. E una vita di sofferenze. A distanza di sedici anni da quell’intervento chirurgico che non doveva essere eseguito, i familiari dell’uomo, un imprenditore di Avezzano all’epoca 51enne, ottengono un milione di euro di risarcimento danni. Somma stabilita dalla sentenza emessa dal giudice Guido Marcelli della sezione tredicesima del tribunale di Roma. Il verdetto della causa civile, curata dall’avvocato Berardino Terra per conto dei familiari dell’uomo, è arrivata alla fine di un lungo percorso giudiziario, iniziato con la denuncia formalizzata dai familiari. La condanna ha riguardato un ospedale di Roma dove era stato eseguito l’intervento chirurgico. Stando a quanto ricostruito nelle aule del Palazzo di giustizia, l’uomo «si era sottoposto a una tomografia computerizzata dell’addome, la quale riscontrava, in corrispondenza del labbro anteriore del rene di destra, a carico del terzo medio inferiore, una formazione nodulare del diametro di 25 millimetri, riferibile a lesione discariocinetica meritevole di videat chirurgico». Quindi il ricovero a fine 2009. In ospedale veniva sottoposto «a un intervento di nefrourectomia per neoformazione renale destra, con diagnosi istologica di angiomiolipoma renale destro. Ipertensione arteriosa». All’inizio dell’anno successivo le dimissioni del paziente. Da allora una serie di problemi. Nel 2020 i sanitari del presidio ospedaliero di Avezzano, come emerso dagli atti, certificavano che l’uomo era affetto da «insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico trisettimanale nel reparto di dialisi».

In pratica, secondo quanto emerso nel corso del processo, le problematiche di salute del paziente erano una conseguenza dell’intervento di «asportazione totale del rene (non necessaria), anziché al diverso intervento di resezione parziale». Stando all’esame medico-legale del consulente di parte, i sanitari che avevano avuto in cura l’uomo nel 2009, nell’ospedale romano, avevano «errato nell’eseguire immediatamente, pur in assenza di qualsivoglia tipo di urgenza, l’intervento chirurgico di asportazione del rene, demolitivo e sproporzionato rispetto alla patologia patita di angiomiolipoma (tumore benigno del rene). Era stata quindi eseguita una prestazione terapeutica ultra petita che in primo luogo avrebbe richiesto una diagnosi più accurata, fondata su ecografia addominale, risonanza magnetica dell’addome e Tac addominale (quindi non solo quest’ultimo esame, l’unico effettuato dai sanitari), ed in secondo luogo avrebbe dovuto contemplare trattamenti meno drastici, quali l’embolizzazione o la nefrectomia parziale». Il tribunale ha poi condiviso «pienamente le conclusioni cui sono giunti i consulenti tecnici, il cui elaborato è ampiamente argomentato, basato sulla documentazione sanitaria in atti e fondato su puntuali richiami di letteratura scientifica». E, ancora: «È stata fornita la prova del nesso di causa tra la condotta medica imprudente e imperita e l’insorgenza della patologia (insufficienza renale cronica)». Il giudice ha quindi concluso che «la necessità di sottoporsi a dialisi tre volte a settimana abbia avuto origine proprio dall’asportazione totale di uno dei reni, stante l’iniziale insorgenza di problemi renali nell’immediato post-operatorio (con peggioramento e compromissione del rene superstite nel lungo periodo come riscontrato anche nella letteratura medica in argomento)». È stata quindi accertata «la condotta colposa dei sanitari».

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