Ucciso dal fratello all’Aquila, chi era la vittima: gli studenti lo aspettavano a scuola. Moglie e figlio distrutti

Omicidio all’Aquila dopo la lite tra fratelli. Stefano Lanciani, morto a 59 anni: poco dopo mezzogiorno lo aspettavano all’istituto Amedeo D’Aosta. Il dolore della famiglia
L’AQUILA. Doveva entrare in classe alle 12.05. Gli studenti dell’Amedeo d’Aosta lo attendevano per un laboratorio di elettronica ma, alla stessa ora, l’insegnante era già stato investito dal fratello al termine del violento litigio, forse per dissapori di natura economica legati a una eredità contesa. La vittima, Stefano Lanciani, era titolare di cattedra a Chieti, ma da quest’anno, per restare vicino alla famiglia aveva chiesto un’assegnazione provvisoria all’Aquila firmando anche un trasferimento definitivo. «Era un uomo meraviglioso», dicono i colleghi dell’istituto tecnico, «dolcissimo con i ragazzi, premuroso e attento soprattutto all’educazione di quelli dell’ultimo anno, veramente una brava persona». Ma per le due ore di laboratorio il prof non è mai riuscito ad arrivare, così come non è potuto tornare a casa, dove ad attenderlo c’erano la moglie Marinella Lozzi, insegnante di religione, e il figlio Simone che sogna di fare il tatuatore e aveva già ultimato il corso all’In-Forma school di viale della Croce Rossa. La scuola non è sempre stata la passione della vittima. L’uomo aveva lavorato a lungo in un’azienda aquilana. Dopo il licenziamento, però, ha ricominciato a studiare per diventare insegnante. Una persona premurosa, in classe come a casa. Cucinava ogni giorno per la moglie e per il suo unico figlio. E anche ieri mattina, mentre si preparava per andare a scuola aveva chiesto a Simone cosa avrebbe voluto per cena, ma lui in quel momento era alla finestra. Non lo ha sentito.
«PAPA’, C’E’ ZIO FUORI» Ieri mattina, ad attirare l’attenzione di Simone era un uomo, fermo nel piazzale che fissava l’abitazione. Quell’uomo era lo zio, Davide Lanciani, impiegato nello stabilimento della Thales Alenia Space che attendeva l’uscita del fratello per regolare i conti. «Papà, scendi a vedere cosa vuole» gli dice Simone, che non ha pace per averlo spinto a uscire. Stefano Lanciani scende e, dopo un violento alterco, sale in macchina, ma viene inseguito, per poi essere brutalmente ucciso in via Peltuinum. Luca Fiamma, presidente dell’Asd Amiternum Academy, l’associazione che gestisce il campo di tiro di San Vittorino, prova a raccontare la tragedia. È un caro amico di Simone, Luca: insieme condividevano la passione per il poligono. «Stamattina (ieri, ndc) mi sono sentito male perché Simone ha chiamato subito me, ero all’ospedale dove lavoro e sono andato ad abbracciarlo. Il ragazzo avrebbe voluto vedere il suo papà, non gli importava di come lo avrebbe trovato, chiedeva di vederlo almeno un’ultima volta». Piangeva di continuo, Simona, senza farsi vedere da sua madre, una donna distrutta dal dolore. «Mi auguro che questa persona sia punita perché ha distrutto una famiglia meravigliosa. Il padre del mio amico, quando non lavorava, era sempre a casa, moglie e figlio erano tutto il suo mondo. Simone soffre terribilmente, è divorato dal rimorso per averlo spinto a scendere, nonostante gli abbia spiegato che non ha nulla da rimproverarsi».
SEGNALAZIONE DAL GPS Torniamo al momento della tragedia. Sono da poco passate le 11 quando Simone riceve la segnalazione del Gps della vettura che rileva l’incidente del papà. La centrale operativa contatta prima il numero del proprietario della macchina, ma non riceve risposta, poi il secondo numero, quello del figlio, che esce subito di casa. Quando arriva su via Peltuinum il padre non c’è più e lo zio è stato arrestato. Il ragazzo corre in ospedale. Intravede il papà uscire dall’ambulanza e crolla. Dopo pochi istanti arriva la madre. Per lei, insieme al dolore, c’è la preoccupazione per il figlio 24enne. «Luca non lo lasciare solo, promettimelo», dice all’amico di Simone. Che, ieri notte, ha dormito della fidanzata Sabrina: troppo doloroso tornare a casa.
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