Wolfang Abel in una foto Ansa ai tempi della reclusione

LA TESTIMONIANZA

Wolfang Abel, morto il predatore della Ludwig: "Così lo ricordo nel carcere di Sulmona"

Mauro Nardella, vice segretario del sindacato Spp di polizia penitenziaria: "La sua cella era la più profumata di tutte. Lui taciturno e amava andare in giro con il libro di matematica"

SULMONA. È morto Wolfgang Abel, il predatore che assieme a Marco Furlan misero su la famigerata banda Ludwig. Aveva 64 anni e da tre era in coma a Verona a causa di una caduta accidentale. Venne condannato per 15 omicidi tra il 1977 e il 1984 tra Veneto, Lombardia e Baviera.

Tra le vittime della banda, un sacerdote trovato con un punteruolo nel cranio, un senzatetto bruciato vivo, un cameriere omosessuale ucciso a coltellate. Lui e Furlan furono vicini a compiere una strage quando appiccarono un incendio dando fuoco alla moquette della discoteca Melamara di Castiglione dello Stiviere mettendo a rischio la vita di più di 300 persone. Era stato posto agli arresti domiciliari nel 2009 e nel 2016 aveva estinto la sua condanna. Prima dei domiciliari Abel Wolfgang venne rinchiuso anche nel supercarcere di Sulmona.

L'attuale vice segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria (Sappe) Mauro Nardella era in servizio nel supercarcere ed era preposto alla sorveglianza dei criminali tra i più pericolosi. Nardella ricorda così il predatore:

"Era una persona distinta, taciturna e molto attratto dalla matematica. Nelle poche ore d'aria che decideva di vivere nei cortili passeggi ricordo che portava con sé sempre un libro dedicato alla sua materia preferita. Salutava con molta difficoltà e si mostrava sempre molto diffidente nei confronti di noi agenti. Sinceramente non ho mai capito il motivo per cui lo facesse, se per timidezza o perché non accettava minimamente il fatto di essere recluso. Parlava come detto pochissimo. Il suo accento tipicamente tedesco mi riportava alla mente immagini di generali SS. Legava pochissimo con gli altri reclusi e raramente vi socializzava. I suoi occhi di ghiaccio facevano molta più paura del suo fisico non certo da persona palestra. La sua cella era tenuta in un ordine davvero maniacale. Poche cose erano le cose in suo possesso e tutte riposte in maniera perfetta all'interno della sua cella oggi denominata camera di pernottamento. La sua cella, proprio per l'ordine e la pulizia che promanava da tutte le parti, era quella più ambita quando all'interno della sezione di appartenenza si doveva effettuare una perquisizione sia essa ordinaria che straordinaria. Leggeva moltissimo e gran parte dei tomi da lui tenuti erano come detto per lo più di matematica e materie similari. Il suo portamento sono convinto avrebbe attirato criminologi da tutto il mondo. Ricordo un criminologo che mi disse che avrebbe pagato per stare al posto mio. Era quello il periodo in cui a Sulmona vi erano reclusi personaggi del calibro di Gianfranco Stevanin famoso e Simone Cassandra rispettivamente il mostro di Caldonazzo il primo e di Norma il secondo. Quando parlai di lui in uno dei seminari di criminologia da me organizzati, mai come in quell'occasione ebbi modo di vedere calamitata l'attenzione dei tanti presenti. Lo soprannominai Mathaus per via della sua incredibile somiglianza al campione di calcio tedesco molto in voga in quegli anni. Quando uscì dal carcere non sono mai realmente riuscito a capire se ciò che diceva sulla sua presunta innocenza rispondesse al vero o meno. Ma tant'è".