ENERGIA

Abruzzo, 47mila famiglie in stato di povertà energetica. Interessate circa 105mila persone

3 Marzo 2025

L'identikit del capofamiglia che non riesce a far fronte alle spese per elettricità e riscaldamento: disoccupato, pensionato solo e lavoratore autonomo

C’è da preoccuparsi. Soprattutto guardando i numeri, che fotografano alla perfezione la crisi del caro-bollette. In Abruzzo 47.617 famiglie, ovvero 105.923 persone, sono in stato di povertà energetica.

Ben l’8,4 per cento della popolazione: percentuale che proietta la regione al nono posto della classifica nazionale, tra quelle dove l'aumento dell'energia pesa di più. L'identikit del capofamiglia in povertà energetica, che non riesce a far fronte alle spese per elettricità e riscaldamento, è: disoccupato, pensionato solo e lavoratore autonomo. In affanno non ci sono solo le famiglie, come rileva l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, su dati Oipe e Ista. Le microimprese, che costituiscono il 95 per cento del totale delle attività economiche presenti nel Paese, nel 2024 hanno pagato l’energia elettrica oltre due volte e mezzo in più delle grandi aziende.

Sono quasi 2,4 milioni le famiglie italiane in povertà energetica. In altri termini 5,3 milioni di persone che, nel 2023, vivevano in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate d’inverno, poco raffrescate d’estate, con livelli di illuminazione scadenti e con un utilizzo molto contenuto dei principali elettrodomestici bianchi.

 A livello territoriale la situazione più critica si verifica in Calabria, dove il 19,1% delle famiglie in difficoltà a causa delle bollette. Seguono la Basilicata (17,8%) il Molise (17,6%), la Puglia (17,4%) e la Sicilia (14,2%). In Abruzzo l’8,4% delle famiglie soffre il caro-bollette. Le regioni meno interessate da questo fenomeno sono Lazio (5,8% del totale delle famiglie), Friuli Venezia Giulia (5,6 %), Umbria e Marche (4,9 %). Due anni fa, il dato medio nazionale era pari al 9%. A fare più fatica sono, oltre ai nuclei familiari numerosi, i pensionati che vivono da soli, chi ha parso il lavoro o è lavoratore autonomo, con introiti mensili limitati.

AUMENTI NEL 2025

Le previsioni sono a tinte fosche. Rispetto ai dati medi registrati nel 2023, secondo la Cgia di Mestre, l’anno scorso sia il prezzo del gas (-13,8%) sia quello dell’energia elettrica (-14,6%) ha subìto una sensibile contrazione. «Tuttavia, a partire dagli ultimi mesi del 2024 sino ad oggi», rileva la ricerca, «i prezzi sono tornati a salire costantemente. La media dei primi 25 giorni di questo mese ci segnalano che il costo medio del gas naturale ha toccato i 54 euro per Mwh, mentre quello dell’energia ha raggiunto i 152 euro per Mwh».

Confrontando questi dati con quelli relativi allo stesso mese del 2024, il gas è aumentato del 93%, l'energia del 73%. Rispetto agli altri Paesi europei, ad appesantire le bollette della luce, in Italia, sono, il peso delle tasse e degli oneri che incide, sul costo al Mwh, per il 18,4%, contro il 14,7% della Germania, l’8,5% della Spagna e il 3,5% della Francia.

PICCOLE E MEDIE IMPRESE PENALIZZATE

Se si comparano piccolissime e grandi imprese italiane, con il costo totale dell’energia elettrica pari a 100, l’incidenza delle tasse, degli oneri e dei costi di rete per le micro imprese è tre volte superiore a quella riconducibile alle grandi realtà produttive. Per gli artigiani, i piccoli commercianti e le piccolissime imprese, con consumi inferiori ai 20 MWh l’anno, il costo dell'energia ha raggiunto, al netto dell’Iva, i 348,3 euro al MWh; le grandi imprese, con consumi che oscillano tra i 70mila e i 150mila MWh all’anno, hanno pagato solo 131,6 euro al MWh. A differenza degli altri Paesi dell’area dell’euro, il prezzo dell’energia elettrica per le microimprese italiane è il più alto di tutti. Se in Italia, nel primo semestre del 2024, il costo in euro per MWh era di 348,3, la media dei 20 paesi monitorati dall’Eurostat ha toccato i 294 euro. In Italia si paga il 18,5 % in più. «Tra i nostri principali competitor dell'Italia, ad esempio», spiega la Cgia di Mestre, «il costo per le piccolissime imprese è superiore a quello tedesco del 5,8%, al francese del 38% e allo spagnolo del 43,2%».

DISPARITA’  DI PREZZO

Anche nel resto d’Europa le differenze di costo premiano le grandi aziende a discapito delle piccole. Se, in Italia, le microimprese pagano l’energia elettrica il 164,7 per cento in più rispetto alle big company, in Germania il differenziale è del +136,2 %, in Spagna del quasi +200% e in Francia del +242%.

Va segnalato che, rispetto ai principali concorrenti, in Italia il peso economico-occupazionale delle micro imprese è talmente elevato da non avere eguali nel resto d’Europa. In merito alle tariffe dell’energia elettrica, stando ai dati forniti dalla Cgia, «ad aver aumentato lo storico differenziale tra piccole e grandi imprese ha contribuito l’entrata in vigore, nel 2018, della riforma degli energivori. L’effetto prodotto da questa novità legislativa, che prevede un costo agevolato dell’energia elettrica per le grandi industrie, di fatto ha ridotto notevolmente a queste ultime la voce “tasse e oneri”, ridistribuendone il carico a tutte le altre categorie di imprese escluse dalle agevolazioni.

È altresì vero che, a seguito delle misure messe in campo successivamente dal Governo Draghi, questo gap si è ridotto», spiega la Cgia, «va anche ricordato che, nel mercato libero, le offerte di prezzo possono interessare solo la componente energia: le altre voci di spesa, infatti, come le spese di trasporto, gli oneri di sistema, la gestione del contatore sono stabilite periodicamente dall’Autorità per l’Energia e sono uguali per tutti i fornitori».