Addio a Sammarone il vigile che amava foto e computer

24 Giugno 2015

L’ex maggiore aveva 65 anni, creò il nucleo Infortunistica È morto dopo una lunga malattia. Oggi, alle 16, i funerali

PESCARA. È stato lui a creare il nucleo Infortunistica della polizia municipale di Pescara. Ed è stato sempre lui a promuovere i primi controlli in strada sui mezzi pesanti, ben sapendo cosa c'è dietro il mestiere del camionista, che era il lavoro del suo papà.

Chi lo ha conosciuto non ha dubbi sul fatto che il maggiore Antonio Sammarone è stato un vigile urbano di quelli che non si dimentica. È morto ieri, pochi giorni prima del suo 65esimo compleanno, che avrebbe festeggiato il 6 luglio. Dopo un anno esatto di malattia, il suo calvario come lo definiva, lascia la moglie Marilena, con cui era sposato da quasi 40 anni, le figlie Teresa, di 37 anni, e Cristina, 32 anni, mamma di Naike e Luigi, i nipoti adorati.

Pur essendo nato a Pescara il maggiore aveva origini molisane, considerato che i suoi genitori erano di Capracotta, un paese che lui adorava.

Oltre al lavoro, che amava davvero, era appassionato di computer e di foto, e si divertiva a catalogarle.

Per lui arrivano solo parole di stima dai colleghi che lascia al comando di polizia municipale di via del Circuito e che oggi pomeriggio lo accompagneranno nel suo ultimo viaggio.

Una scorta composta da motociclisti e da un mezzo della polizia municipale seguirà il feretro da casa, in via Candeloro, fino alla chiesa di San Luigi, dove saranno celebrati i funerali (alle 16) e ci sarà un picchetto, sia fuori, che dentro la chiesa.

Sammarone ha lasciato davvero il segno. I componenti storici del corpo ricordano che ha cominciato nel 1976 e all’inizio era un motociclista. Questa esperienza lo ha segnato, tant'è che prima di morire ha espresso il desiderio di posizionare sulla sua bara il casco, quello indossato in servizio. «Insieme a Gianni Aspite (anche lui in pensione) ha creato il Nucleo infortunistica, ricordano il maggiore Fabio Ballone e il tenente colonnello Mario Fioretti, ed è stato lui a impostare il Nucleo così com'è oggi, dal punto di vista della struttura, della disciplina, dei mezzi, mentre era tutto più confuso, meno organizzato».

«Credeva nel proprio lavoro e lo difendeva a spada tratta, lui credeva nell'istituzione», ricorda Ballone, aggiungendo che Sammarone era «iper-attivo e iper-efficiente e se si rendeva conto che avevi delle grane si materializzava al tuo fianco». «Alle 7 lo trovavamo in ufficio», prosegue Ballone, «già alla macchina da scrivere (quando non c'erano i computer) e proprio per questo scherzavamo con lui dicendogli che era una specie di “mitragliere di coda”. Quando c'era Sammarone di servizio avevi le spalle coperte, e anche di notte si è sempre prestato ad intervenire in caso di necessità. Era estremamente responsabile, un giovane-vecchio, e per questa sua peculiarità gli avevamo assegnato il soprannome di “Nannò”. Aveva sempre una parola da spendere per chiunque, un consiglio a chi lo chiedeva, e oltre ad avere un ottimo rapporto con i colleghi era una persona umile, un bravo padre di famiglia, un uomo corretto, educato».

Per Fioretti è doloroso parlare di Sammarone, non solo collega ma anche amico, e i ricordi si affollano nella mente perché sono state tante le esperienze che hanno vissuto insieme. «Era molto attivo, sempre puntuale, non si è mai ammalato, era davvero un vigile serio, veramente bravo sia dal punto di vista professionale che umano», dice sempre Fioretti, «e questo aspetto si notava quando accoglieva i cittadini. Andava d'accordo con tutti, non solo con me, era molto preparato nell'Infortunistica, e quello che si vede oggi lo ha creato lui».

Dopo 35 anni di attività il maggiore ha lasciato la polizia municipale e dal 2014 combatteva contro la malattia. Il 13 giugno, appena 11 giorni fa, ha scritto su Facebook uno dei suoi ultimi post: «Oggi si compie un anno che è iniziato il calvario che sto percorrendo, non so fino a quando, sperando di poter lasciare al più presto la croce che nostro Signore mi ha assegnato». Poi il ringraziamento alla famiglia e agli amici veri, che gli sono stati vicini nella sofferenza.

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