Addio Massimo Ferretti, cala il sipario sul bancario dalle mille vite

19 Aprile 2025

Pescarese, 57 anni, nel 2019 rapinò una banca. Poi la restituzione dei soldi, le scuse, un romanzo e l’edicola in centro. Ora faceva il rider

PESCARA. Si è perso e ritrovato mille volte. Ogni giorno con la stessa fatica e con la stessa forza ha cercato sempre di rimettersi in gioco. Ma la storia di Massimo Ferretti, il bancario rapinatore diventato scrittore, e poi edicolante e da ultimo, a 57 anni, rider, è finita giovedì sera. Una vita da romanzo che si è purtroppo conclusa nella casa per padri separati che da settembre gli era stata assegnata dal Comune.

«Devo vivere ogni giorno per arrivare al futuro», diceva al Centro il 3 dicembre del 2019, alla vigilia della sua partecipazione alla trasmissione di Rai 2, “I fatti vostri” che come tante altre testate nazionali aveva colto la sua storia e ne raccontava il riscatto. E Massimo il suo riscatto, dopo la rapina (il 2 gennaio 2019) e l’arresto, l’aveva affidato pochi mesi dopo alla pubblicazione del suo romanzo, “Il salice piangente”, secondo libro dopo “Al confine”, non pubblicato. «Provo imbarazzo e sensi di colpa», diceva in quell’intervista rilasciata a Cinzia Cordesco, «ma alzo la testa e vado avanti. Forte del padre che sono, orgoglioso di loro».

«Loro», i suoi tre figli. «La certezza», come aveva scritto di recente, «che qualcosa di buono ho fatto». Famiglia perbene e affiatata, laurea in Giurisprudenza all’università di Teramo, un lavoro in banca. È una storia normale quella del pescarese Ferretti, dove la normalità è anche un matrimonio che finisce come ne finiscono tanti. Ma poi ci sono gli altri sgambetti della vita che sparigliano tutto. E si salva chi può.

Massimo dopo 24 anni di lavoro in banca quel 2 gennaio di sei anni fa aveva provato a salvarsi così, rapinando una banca in viale Bovio con un taglierino comprato da Obi. 2.280 euro il bottino (ne restituì 1.690) e l’arresto 48 ore dopo, complice quel passamontagna tirato via all’uscita della Bper, con le telecamere che lo inquadrano a viso scoperto. «O mi ammazzavo o facevo la rapina perché ero pieno di debiti» aveva raccontato ancora al Centro, descrivendo la vergogna e il pregiudizio che quel gesto disperato lo aveva portato ad affrontare. Ma poi era iniziata la rinascita.

Dopo dieci giorni di carcere e un mese di domiciliari, Massimo aveva riconquistato la libertà e il primo gesto era stato quello di andare a scusarsi con i colleghi rapinati. Poi il libro e le trasmissioni televisive come quella che a dicembre 2019 gli dedicò Lorenzo Colantonio su Rete 8, ospite di “Mezz’ora senza rete”. E dove, raccontando quel colpo di testa della rapina, Ferretti disse: «Quel giorno mi sono trovato davanti al primo vero grande bivio della mia vita. Ho dovuto decidere se morire per mano mia, oppure se dovevo cercare di sopravvivere nell’unico modo che in quel momento mi sembrava possibile».

Per poi pentirsene amaramente: «Mi si parava di fronte la follia che avevo fatto, piangevo e mi vergognavo, io che venivo da una buona famiglia, con una sana educazione. Ho restituito i soldi che non avevo speso. Ho chiesto perdono ai miei figli». Ed è prima di tutto per loro che dopo quella caduta si rialza e reagisce. Riparte da se stesso e dalle sue passioni: l’arte, la scrittura il disegno. Pubblica il romanzo, ma non basta per vivere. Con il sostegno della famiglia prende in gestione un’edicola. È in pieno centro, in via Nicola Fabrizi dove clienti e amici ne ritrovano il sorriso.

Ma quella scommessa imprenditoriale non basta a rimetterlo in piedi. Deve chiudere, l’edicola è ancora in vendita. L’ex bancario laureato in giurisprudenza a 57 anni si mette a fare le consegne di cibo a domicilio. Non molla Massimo, ma è dura. Durissima. A settembre scorso è tra i primi assegnatari delle case per padri separati messe a disposizione dal Comune, ma il senso di prostrazione cresce giorno dopo giorno, fino a giovedì sera.

È tra le mura di quella casa, all’ennesimo dannato bivio che gli ha messo davanti la vita, che Massimo intorno alle 23 di giovedì ci ha purtroppo lasciati. Inutile l’allarme dei familiari che chiamano i soccorsi, inutile l’arrivo del 118, della polizia, dei vigili del fuoco. «In questo momento di grande dolore il pensiero e la vicinanza vanno ai familiari, in particolare ai figli, e a tutti coloro che gli hanno voluto bene», scrive l’assessore alle politiche sociali Adelchi Sulpizio.

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