PESCARA

Addio Miriam, regina delle arti marziali

Sport in lutto per la 37enne Vivarini, la psicologa che vinse i mondiali di kickboxing

PESCARA. Campionessa sul ring e psicologa nella vita. Una vita che si è spezzata troppo presto quella di Miriam Francesca Vivarini, scomparsa improvvisamente a 37 anni lo scorso 13 gennaio. È stata campionessa del mondo di kickboxing, raggiungendo le vette più alte di questo sport che tanto amava, e ha poi intrapreso la carriera di psicologa, scegliendo di lavorare in aiuto di chi ne avesse bisogno.

Ieri mattina alle 10,30 nella cattedrale di San Cetteo sono stati celebrati i funerali per l’ultimo saluto alla giovane donna. A piangerne la scomparsa la mamma Norma con Francesco, il padre Dario con Patrizia, la sorella Sara e il fratello Davide, oltre a zii, cugini, parenti, amici e colleghi del mondo dello sport che la portano nel cuore. Cresciuta nella palestra e nel team del maestro di arti marziali Maurizio D'Aloia, il suo mentore scomparso anche lui improvvisamente nel 2019, nella sua carriera oltre al titolo mondiale ha conquistato anche quello italiano, regionale e interregionale, conquistando il secondo posto agli europei Iska K1 nel 2014.

Tanti i messaggi di cordoglio, ricordandone la generosità, la grinta e l’abilità sul ring. «Ho conosciuto Miriam anni fa», racconta una sua amica, Serena Cecilia Labella, «ci allenavamo insieme e con lo stesso maestro, Maurizio. Andavamo d’accordo non solo per lo sport ma perché avevamo entrambe quel senso dell’umorismo leggermente dark e parecchio di nicchia, del tipo che se facevamo una battuta e la capivamo in due eravamo già in troppi. Maurizio quando ci sentiva scuoteva la testa, sbatteva le braccia e diceva “non me ne capita mai una normale”. Credo di averla conosciuta in uno dei momenti più felici della sua vita. Il periodo dell’impegno uguale successo. Allenamento duro, combattimento facile. Gli allenamenti erano duri eccome! Spesso anche doppi, mattina e sera ma ci tenevano lontano dai guai. E fu poi quell’impegno a farla diventare una campionessa mondiale. Vederla combattere era di ispirazione. Ad ogni modo non era questo il suo vero talento. Ciò che la distingueva era l’empatia e l’intelligenza emotiva. Aveva la capacità di ascoltare davvero la risposta. Guardava dritto negli occhi e faceva particolare attenzione alle parole non dette. Aveva la capacità di trasferire sulla sua pelle le sensazioni di chi le parlava. Ed infine, riusciva ad accettare e comprendere senza giudicare. Ed è così che chi all’apparenza può sembrare un pezzo di puzzle rotto in realtà è il pezzo jolly che il puzzle lo risolve senza che tu te ne accorga. Dopo tutto, l’essenziale è invisibile agli occhi». (y.g.)