Bimbi contesi, 80 ricorsi ogni mese in Abruzzo 

Orfanelli, esperto in psicologia infantile: "Alta percentuale di accuse di pedofilia al coniuge pur di assicurarsi un figlio"

PESCARA. Sempre più coppie divise, sempre più unioni tra ragazzi che si spezzano. E sempre più bimbi contesi, con ricorso da parte dei coniugi in guerra a tutte le armi possibili, comprese quelle più infamanti dai devastanti effetti. E’ la radiografia abruzzese della conflittualità tra madri e padri separati, resa attuale dal caso del piccolo di Cittadella portato via a forza in esecuzione di un’ordinanza della Corte d’appello di Venezia. «Basta presentarsi in tribunale il giorno in cui si discutono le separazioni: l’aula è sempre piena», illumina subito la scena Giuseppe Orfanelli, uno dei maggiori esperti di psicologia infantile, per 12 anni giudice onorario del tribunale per i minorenni dell’Aquila, per altri 2 della Corte d’appello, oggi direttore clinico volontario del Piccolo Principe di Pescara che si occupa di minori vittime di maltrattamenti e abusi, nonché consulente tecnico per moltissimi casi di bimbi oggetto di dispute.

L’avvocato Marco Zanna, da 20 anni impegnato nella delicatissima materia dei minori, aggiunge un dato, approssimativo ma indicativo del fenomeno: «Ogni mese ci sono 70-80 ricorsi che riguardano i minorenni». Il tribunale per i minorenni dell’Aquila è costretto a un superlavoro, competente com’è per tutto l’Abruzzo, ma sofferente nell’organico. E’ l’effetto anche del gran numero di coppie – sempre più giovani – che si separano senza essersi legati tramite matrimonio, “contratto” che fa scattare la competenza del tribunale civile. Ma per arrivare a una decisione occorre tempo: «Ci vogliono almeno 6 mesi prima che vengano adottate delle decisioni», spiega Orfanelli, «c’è un lavoro da parte dei consulenti tecnici che può durare da 60 a 120 giorni. Bisogna sentire i genitori, consentire alle parti 20 giorni per replicare, poi altri 10 giorni al ctu per replicare. Insomma, c’è un lungo iter prima che venga fissata l’udienza è non è detto che il giudice decida in quella sede».

Possono occorrere anche due anni per arrivare a un verdetto sull’affidamento di un minore, ma in casi gravi il genitore può essere allontanato dal figlio anche in pochi giorni: «A una madre che diede il metadone alla figlia di un anno, la piccola fu tolta in tre giorni», ricorda Zanna.

Quella che si consuma nelle aule di giustizia, è una battaglia dai toni aspri, dove non si risparmiano i colpi più biechi. «C’è un’alta percentuale di casi in cui il padre viene accusato dall’ex coniuge di pedofilia», rivela Orfanelli, «questo apre un contenzioso enorme perché la procura sospende in via precauzionale le visite del genitore sotto accusa, interrompendo a volte per anni il rapporto con il figlio. S’immagini quanto occorra per recuperarlo... Non sono stati pochi i casi di procedimenti conclusi con un nulla di fatto e costati alle madri una denuncia per calunnia. Molte volte il minore diventa una merce di scambio, un’arma di ricatto. Attraverso il figlio conteso, si attacca il coniuge ritenuto un traditore, che ha abbandonato la famiglia, e s’inizia un percorso di aggressività nei confronti dell’ex per interrompere i suoi rapporti con il minore».

L’attenzione dei giudici minorili abruzzesi è massima, assicura Orfanelli, che non ricorda nella nostra regione casi come quello documentato a Padova. «Il bambino andava preso in un ambiente protetto, non certo fuori della scuola. Così, il piccolo si disorienta, sbanda, è vittima di un forte stress. Anche se bisogna tenere conto che la capacità di recupero di un bimbo può essere molto rapida».

«Ci vuole competenza e tatto», sintetizza Zanna, che illustra la procedura corretta: «Quando viene emessa la sentenza, l’interessato fa un atto di precetto, cioè un’intimazione di rilascio del minore. E’ l’atto che precede l’esecuzione vera e propria. E’ il giudice dell’esecuzione civile che determina le modalità con cui prelevare il piccolo, a seconda dell’età e delle circostanze, ricorrendo agli assistenti sociali del Comune, coadiuvati da psicologi. La polizia può essere presente a supporto, ma non mette mai le mani sul bambino».

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