L'INTERVENTO
Bozza: il sacrificio di quegli uomini ha reso salda la nostra democrazia
Il presidente del Tribunale di Pescara introdurrà oggi il convegno sulle vittime del terrorismo raccontate dai figli
Il convegno di oggi sarà introdotto da un intervento del presidente del tribunale Angelo Mariano Bozza. Eccolo di seguito.
Sono entrato in magistratura nell’anno 1979, anno dell’uccisione di Emilio Alessandrini.
Emilio -mi concederete di chiamarlo così, anche se non ho mai avuto l’onore di conoscerlo - è sempre stato un punto di riferimento nella mia vita lavorativa, per ciò che ha saputo esprimere sia quale pubblico ministero della Procura di Milano (pur essendo io sempre stato un giudice) come magistrato impegnato nel vivace dibattito culturale e istituzionale dell’epoca all’interno e all’esterno della magistratura, tanto da essere ucciso dal commando di Prima Linea proprio per queste ragioni. Riportando passi del volantino di rivendicazione dell’attentato, dal lessico, direi, grottesco, tipico di quei documenti, Emilio rappresentava «uno dei magistrati che maggiormente ha contribuito in questi anni a rendere efficiente la procura della repubblica di Milano…ridare credibilità democratica e progressista allo Stato... figure centrali che il comando capitalistico usa per rifondarsi come macchina…..giudiziaria efficiente”.
La stessa, identica ragione, per cui veniva ucciso, quale giudice (istruttore), sempre da un commando di Prima Linea, l’anno successivo 19 marzo 1980, Guido Galli, ritenuto dai terroristi appartenere «alla frazione riformista e garantista della magistratura, impegnato in prima persona nella battaglia per ricostruire l'ufficio istruzione di Milano come un centro di lavoro efficiente».
Sarà sempre per la stessa ragione, anche se in un altro settore del lavoro intellettuale, che verrà ucciso due mesi dopo dalla Brigata XXVIII maggio il giornalista Walter Tobagi, per l’appunto il 28 maggio 1980; come scriveranno i terroristi: «Caposcuola di una tendenza intelligente del giornalismo», definendolo al processo uno dei suoi assassini giornalista capace e progressista che, come Bachelet, Alessandrini e altri magistrati uccisi, rendeva credibile e affidabile lo Stato democratico.
Anni duri, anni di piombo; come è stato detto: di “folle ideologia di una folle stagione”, in cui si accendeva la radio la mattina per sentire a chi era toccato essere ferito e poi più probabilmente ucciso da gruppi e sigle diverse di estrema sinistra, ma anche estrema destra.
Il mio ricordo non può dunque non andare anche ad altre vittime di quella tragica stagione tra il 1969 e il 1984 e, solo per citarne alcune senza voler far torto alle altre: il commissario Luigi Calabrese a Milano, l’operaio Guido Rossa a Genova, l’avvocato civilista Fulvio Croce a Torino (il quale, presidente del consiglio dell’Ordine, si era assunto l’onere di difendere d’ufficio le Brigate Rosse), i colleghi Vittorio Occorsio e Mario Amato a Roma uccisi dal terrorismo nero, l’onorevole Aldo Moro, i poliziotti e carabinieri della strage di via Fani e i tanti altri componenti delle magistratura, delle forze dell’ordine uccisi in quegli anni, come le tante vittime delle diverse efferate stragi, a partire da quella di piazza Fontana a Milano nel 1969, di piazzale della Loggia a Brescia nel 1974, per giungere fino alla strage del rapido 904 sull’appennino tosco-emiliano nel 1984.
Dobbiamo rivolgere a Emilio Alessandrini e a tutti questi uomini e donne che hanno perso la vita, ma anche a tutti quelli che per difendere le istituzioni democratiche l’hanno messa a rischio in quel periodo tragico della nostra storia, un ricordo commosso, fatto non solo di profonda stima e apprezzamento, ma di tenace e perenne conservazione della memoria. Se oggi siamo qui e possiamo dire che la nostra democrazia, in mezzo a tante vicissitudini, è salda, lo dobbiamo sicuramente a loro.
Abbiamo sentito il dovere come Tribunale di Pescara, assieme alla Procura della Repubblica, e con la collaborazione dell’associazione culturale Emilio Alessandrini, il Premio Nazionale Paolo Borsellino, il Miur, il Comune di Pescara, il quotidiano il Centro e il liceo artistico Misticoni-Bellisario, di rendere omaggio qui, oggi, a quegli uomini e al loro spirito di sacrificio, organizzando questo convegno che vede presenti tutte le età, dai testimoni di quanto all’epoca accaduto ai giovani studenti nati molto anni dopo quei fatti, perché, anche in una sorta di passaggio di consegne, possa continuare comunque a perpetuarsi intatto il loro ricordo. Grazie
Sono entrato in magistratura nell’anno 1979, anno dell’uccisione di Emilio Alessandrini.
Emilio -mi concederete di chiamarlo così, anche se non ho mai avuto l’onore di conoscerlo - è sempre stato un punto di riferimento nella mia vita lavorativa, per ciò che ha saputo esprimere sia quale pubblico ministero della Procura di Milano (pur essendo io sempre stato un giudice) come magistrato impegnato nel vivace dibattito culturale e istituzionale dell’epoca all’interno e all’esterno della magistratura, tanto da essere ucciso dal commando di Prima Linea proprio per queste ragioni. Riportando passi del volantino di rivendicazione dell’attentato, dal lessico, direi, grottesco, tipico di quei documenti, Emilio rappresentava «uno dei magistrati che maggiormente ha contribuito in questi anni a rendere efficiente la procura della repubblica di Milano…ridare credibilità democratica e progressista allo Stato... figure centrali che il comando capitalistico usa per rifondarsi come macchina…..giudiziaria efficiente”.
La stessa, identica ragione, per cui veniva ucciso, quale giudice (istruttore), sempre da un commando di Prima Linea, l’anno successivo 19 marzo 1980, Guido Galli, ritenuto dai terroristi appartenere «alla frazione riformista e garantista della magistratura, impegnato in prima persona nella battaglia per ricostruire l'ufficio istruzione di Milano come un centro di lavoro efficiente».
Sarà sempre per la stessa ragione, anche se in un altro settore del lavoro intellettuale, che verrà ucciso due mesi dopo dalla Brigata XXVIII maggio il giornalista Walter Tobagi, per l’appunto il 28 maggio 1980; come scriveranno i terroristi: «Caposcuola di una tendenza intelligente del giornalismo», definendolo al processo uno dei suoi assassini giornalista capace e progressista che, come Bachelet, Alessandrini e altri magistrati uccisi, rendeva credibile e affidabile lo Stato democratico.
Anni duri, anni di piombo; come è stato detto: di “folle ideologia di una folle stagione”, in cui si accendeva la radio la mattina per sentire a chi era toccato essere ferito e poi più probabilmente ucciso da gruppi e sigle diverse di estrema sinistra, ma anche estrema destra.
Il mio ricordo non può dunque non andare anche ad altre vittime di quella tragica stagione tra il 1969 e il 1984 e, solo per citarne alcune senza voler far torto alle altre: il commissario Luigi Calabrese a Milano, l’operaio Guido Rossa a Genova, l’avvocato civilista Fulvio Croce a Torino (il quale, presidente del consiglio dell’Ordine, si era assunto l’onere di difendere d’ufficio le Brigate Rosse), i colleghi Vittorio Occorsio e Mario Amato a Roma uccisi dal terrorismo nero, l’onorevole Aldo Moro, i poliziotti e carabinieri della strage di via Fani e i tanti altri componenti delle magistratura, delle forze dell’ordine uccisi in quegli anni, come le tante vittime delle diverse efferate stragi, a partire da quella di piazza Fontana a Milano nel 1969, di piazzale della Loggia a Brescia nel 1974, per giungere fino alla strage del rapido 904 sull’appennino tosco-emiliano nel 1984.
Dobbiamo rivolgere a Emilio Alessandrini e a tutti questi uomini e donne che hanno perso la vita, ma anche a tutti quelli che per difendere le istituzioni democratiche l’hanno messa a rischio in quel periodo tragico della nostra storia, un ricordo commosso, fatto non solo di profonda stima e apprezzamento, ma di tenace e perenne conservazione della memoria. Se oggi siamo qui e possiamo dire che la nostra democrazia, in mezzo a tante vicissitudini, è salda, lo dobbiamo sicuramente a loro.
Abbiamo sentito il dovere come Tribunale di Pescara, assieme alla Procura della Repubblica, e con la collaborazione dell’associazione culturale Emilio Alessandrini, il Premio Nazionale Paolo Borsellino, il Miur, il Comune di Pescara, il quotidiano il Centro e il liceo artistico Misticoni-Bellisario, di rendere omaggio qui, oggi, a quegli uomini e al loro spirito di sacrificio, organizzando questo convegno che vede presenti tutte le età, dai testimoni di quanto all’epoca accaduto ai giovani studenti nati molto anni dopo quei fatti, perché, anche in una sorta di passaggio di consegne, possa continuare comunque a perpetuarsi intatto il loro ricordo. Grazie