«Buccaneer, marinai abbandonati»
La psicoterapeuta: possono essere curati, ma mancano fondi
PESCARA. Per sopravvivere hanno bevuto la condensa dei condizionatori d’aria, messo da parte un po’ del pugno di riso che ricevevano per il pasto, mangiato le ossa dei capretti lasciate loro dai sequestratori, dormito sulle sedie, vivendo in poco meno di un metro quadrato. Per quattro mesi hanno sofferto la fame e la sete, hanno pregato e sperato sotto il tiro dei fucili, gli uomini dell’equipaggio del Buccaneer, il rimorchiatore abbordato dai pirati somali l’11 aprile scorso nel golfo di Aden.
Un mese dopo la loro liberazione, dopo i fuochi d’artificio e le medaglie d’oro concesse dai Comuni, i marinai - dieci gli italiani - e le loro famiglie si sentono abbandonati. «Da quando i nostri mariti sono tornati, non abbiamo ricevuto alcun tipo di assistenza» dice delusa la moglie di uno degli ex sequestrati.
L’unica forma di aiuto, l’assistenza psicologica offerta dall’Associazione nazionale di psicotraumatologia e psicoterapie integrate (Aippi onlus), rischia di essere vanificata perché i membri dell’equipaggio non hanno il denaro necessario per raggiungere Pescara. È qui, infatti, che l’associazione guidata da Juanita Pilar Coppola, specializzata in psicoterapia ipnotica e psicotraumatologia, da dieci giorni ha iniziato il trattamento dei marinai abruzzesi che si trovavano a bordo del Buccaneer: tre uomini e le loro mogli, perché la sofferenza colpisce anche i familiari. «Sono stata contattata dalla capitaneria di Ortona per prendere in cura i marinai e l’ho fatto volentieri: attualmente ho preso in cura sei persone» spiega Coppola. «Ma tutti gli altri, i marinai che vivono in Puglia, in Campania, in Sicilia, e i loro cari, non possono partecipare alle sedute perché non hanno sufficienti risorse economiche e oggi vivono con lo stipendio dimezzato. La nostra associazione offre loro assistenza gratuita, ma non abbiamo fondi sufficienti per farci carico dei loro spostamenti» sottolinea, «invece sarebbe necessario che potessero partecipare tutti insieme almeno alle sedute di gruppo, che hanno una funzione di risocializzazione, di ristrutturazione del gruppo per il recupero della loro dignità. In queste situazioni, purtroppo, i valori umani vengono distorti, si perde il proprio ruolo e questo sconvolge l’identità delle persone».
È un appello a istituzioni e privati a creare un fondo di sostegno che sorregga gli uomini del Buccaneer nel difficile cammino verso il recupero della normalità: «Sono tutti in fase acuta da stress, sono confusi, hanno ancora difficoltà a parlare dell’accaduto» avverte la dottoressa Coppola, «ma il peggio arriverà più avanti. Se non sarannno trattati, potrebbero avere conseguenze gravi: il disturbo post-traumatico infatti può portare a depressione, abuso di sostanze, aggressività, cambiamento di reazioni comportamentali, che possono arrivare anche a distanza di un anno». Per questo, dice, è necessario fare in fretta per aiutarli. I fuochi d’artificio e gli applausi, purtroppo, non bastano.
Un mese dopo la loro liberazione, dopo i fuochi d’artificio e le medaglie d’oro concesse dai Comuni, i marinai - dieci gli italiani - e le loro famiglie si sentono abbandonati. «Da quando i nostri mariti sono tornati, non abbiamo ricevuto alcun tipo di assistenza» dice delusa la moglie di uno degli ex sequestrati.
L’unica forma di aiuto, l’assistenza psicologica offerta dall’Associazione nazionale di psicotraumatologia e psicoterapie integrate (Aippi onlus), rischia di essere vanificata perché i membri dell’equipaggio non hanno il denaro necessario per raggiungere Pescara. È qui, infatti, che l’associazione guidata da Juanita Pilar Coppola, specializzata in psicoterapia ipnotica e psicotraumatologia, da dieci giorni ha iniziato il trattamento dei marinai abruzzesi che si trovavano a bordo del Buccaneer: tre uomini e le loro mogli, perché la sofferenza colpisce anche i familiari. «Sono stata contattata dalla capitaneria di Ortona per prendere in cura i marinai e l’ho fatto volentieri: attualmente ho preso in cura sei persone» spiega Coppola. «Ma tutti gli altri, i marinai che vivono in Puglia, in Campania, in Sicilia, e i loro cari, non possono partecipare alle sedute perché non hanno sufficienti risorse economiche e oggi vivono con lo stipendio dimezzato. La nostra associazione offre loro assistenza gratuita, ma non abbiamo fondi sufficienti per farci carico dei loro spostamenti» sottolinea, «invece sarebbe necessario che potessero partecipare tutti insieme almeno alle sedute di gruppo, che hanno una funzione di risocializzazione, di ristrutturazione del gruppo per il recupero della loro dignità. In queste situazioni, purtroppo, i valori umani vengono distorti, si perde il proprio ruolo e questo sconvolge l’identità delle persone».
È un appello a istituzioni e privati a creare un fondo di sostegno che sorregga gli uomini del Buccaneer nel difficile cammino verso il recupero della normalità: «Sono tutti in fase acuta da stress, sono confusi, hanno ancora difficoltà a parlare dell’accaduto» avverte la dottoressa Coppola, «ma il peggio arriverà più avanti. Se non sarannno trattati, potrebbero avere conseguenze gravi: il disturbo post-traumatico infatti può portare a depressione, abuso di sostanze, aggressività, cambiamento di reazioni comportamentali, che possono arrivare anche a distanza di un anno». Per questo, dice, è necessario fare in fretta per aiutarli. I fuochi d’artificio e gli applausi, purtroppo, non bastano.