PESCARA
Caos in ospedale dopo la morte di un paziente
Arrivano i parenti e prendono di mira medici e infermieri dI oncologia. Il commento del vicepresidente del consiglio regionale, Blasioli: “Occorre intervenire tempestivamente”
PESCARA. “Ieri il reparto di oncologia è stato trasformato in un campo di battaglia a seguito di un decesso di un paziente. L’Abruzzo non è immune dalla scia di prepotenze che si stanno registrando in molti ospedali d’Italia. A colpire ormai non è soltanto la frequenza di simili episodi, divenuti ormai quotidiani, ma soprattutto la facilità con cui Pronto soccorso e presidi vengono violati da malintenzionati. Per cui occorre intervenire tempestivamente affinché il personale sanitario possa tornare a sentirsi sicuro nel proprio ambiente di lavoro”.
Così, in una nota, il vicepresidente del consiglio regionale, Antonio Blasioli, commentando quanto accaduto nell’ospedale civile “Santo Spirito”. Secondo quanto emerso, in 40, tutti di etnia rom, si sono fiondati in oncologia dopo il decesso di un loro parente, un 60enne che era ricoverato e gravemente malato. I famigliari avrebbero protestato in maniera veemente contro medici e infermiieri. E’ stato necessario l’intervento di pattuglie e carabinieri per riportare un minimo d’ordine. La salma è stata poi scortata dalle forze dell’ordine fino all’obitorio. Sull’accaduto ci sono accertamenti.
“Secondo il rapporto relativo all’anno 2023 dell’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni sanitarie e socio-sanitarie – afferma Blasioli – sono ben 123 gli operatori vittime di aggressione, di cui 77 di sesso femminile e 46 di sesso maschile. Tra le figure professionali più colpite prevalgono medici e infermieri, mentre, per quanto concerne i luoghi interessati, 37 di tali aggressioni sono avvenute nel servizio psichiatrico, 18 nei pronto soccorso, 26 nelle aree di degenza, 15 negli ambulatori, 5 nei servizi per dipendenze, 3 sul territorio, 6 infine negli istituti penitenziari”.
La situazione è ormai diventata insostenibile, come rimarca il vicepresidente Blasioli: “Le istituzioni, la politica e in primis le aziende ospedaliere hanno il compito di mettere in sicurezza quanti sono quotidianamente impegnati a garantire il diritto alla salute, anche per il bene dei pazienti, dato che, danneggiando le strutture e pregiudicando il normale operato del personale, le aggressioni rischiano di compromettere la continuità del servizio. Per questo è giunto il momento che amministratori, Asl e forze dell’ordine si siedano attorno ad un tavolo a livello locale per individuare tutte le misure necessarie ad interrompere l’escalation di violenza e prevenire ulteriori episodi di questa natura. E occorre farlo subito, affinché l’accesso agli ospedali venga limitato solo a chi ne ha effettivamente bisogno e il personale sanitario non sia più chiamato, in aggiunta ai carichi di lavoro già estenuanti, ad assolvere a doveri di portierato. La repressione, la procedibilità d’ufficio, pene certe, sistemi di videosorveglianza accurati, e presenza e vigilanza costante costituiscono senz’altro dei deterrenti importanti, ma accanto a ciò occorre anche tornare ad investire sulla sanità, affinché il servizio torni ad essere efficiente, con tempistiche di accesso e presa in carico dei pazienti accettabili”.
Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, aggiunge: “Dopo aver appreso la notizia delle violenze nel reparto di oncologia all’ospedale di Pescara ho chiamato il direttore generale della Asl, Vero Michitelli, per esprimere la solidarietà a tutto il personale colpito da questo vergognoso assalto e successivamente ho parlato con il prefetto della provincia di Pescara, Flavio Ferdani, al quale ho chiesto un intervento forte e deciso perché vengano puniti i responsabili di quanto accaduto. Gli autori di questo gesto totalmente ingiustificabile appartengono a un clan familiare ben noto alle autorità di pubblica sicurezza, i cui componenti non sono nuovi a questi atti di prepotenza e di violenza, in particolare nelle occasioni in cui qualcuno dei loro sodali accede al pronto soccorso. Questi gesti non possono e non devono restare impuniti”.
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