Caramanico, terme a rischio chiusura
La Provincia nega alla società il rinnovo della concessione attiva da settant’anni. Il sindaco: ora la titolarità spetta a noi
Le Terme rischiano di chiudere. La Provincia ha negato alla «Società delle Terme spa» il rinnovo della concessione mineraria delle sorgenti di acqua, solfuree e idropinica, denominate «Santa Croce-Pisciarello». Una concessione attiva da settant’anni e in scadenza a maggio 2013.
Era il 9 aprile del 1943 quando prese il via. Il fascismo è al potere: in un solo giorno un podestà diviene commissario prefettizio e dispone la vendita delle Terme dal Comune al privato. La delibera viene pubblicata lo stesso giorno, di domenica. La Prefettura impiega 13 giorni per il visto, e il ministero ulteriori 25 giorni per il parere favorevole. In un mese si completa la procedura e la vendita diventa operativa.
Da allora le Terme di Caramanico sono state gestite da una società privata. E oggi la concessione arriva a scadenza. Si tratta di una delle concessioni termali presenti in paese, gestita, come l’altra, denominata «La Salute», dalla stessa società.
Da mesi gli enti locali coinvolti hanno partecipato a conferenze di servizi in Provincia che solo agli inizi del mese ha rilasciato il proprio provvedimento negativo per la proroga. «Un diniego», spiega il sindaco Mario Mazzocca, «motivato con il fatto che la situazione in essere risulta radicalmente mutata, in virtù di alcune leggi specifiche nel settore minerario che regolano anche le acque termali e, specialmente, con l’entrata in vigore, lo scorso dicembre, di una legge regionale che ha modificato la legge regionale sul termalismo del 2002. La norma introdotta», fa notare Mazzocca, «prevede il divieto dell’affidamento diretto senza gara d’appalto, in accoglimento di leggi europee».
«Non può essere trascurato che l’attività economica in argomento», si legge nella determina, «assume carattere di monopolio naturale poiché il bene oggetto di concessione è del tutto unico. Ciò impone che il concessionario sia individuato nel rispetto dei principi posti a tutela della concorrenza e della libertà economica. A tale vantaggio economico devono poter aspirare una pluralità di operatori evitando il mantenimento di posizioni monopolistiche e, quindi, in violazione del principio di non dscriminazione». Dunque questa è la legge. Ma il sindaco fa notare che ce n’è un'altra in vigore, quella sul termalismo, che stabilisce che la Regione e gli enti, pubblici e privati, possono sottoscrivere accordi di programma, intese istituzionali o porre in essere altre forme di cooperazione per la promozione, valorizzazione e realizzazione di un sistema integrato delle attività. Ed è quanto, in realtà, il comune di Caramanico vorrebbe realizzare. «Lo chiediamo da tempo», afferma il sindaco, «ma siamo rimasti inascoltati».
Il Comune di Caramanico vuole rientrare nella gestione della risorsa termale per la quale dal 1943 percepisce dalla società che ha ottenuto lo sfuttamento di un bene pubblico, 57 centesimi l’anno. «Puntiamo a pubblicizzare le Terme», incalza il sindaco, «cioè a riottenere la titolarità (almeno) di una parte della risorsa al fine di metterla a disposizione della collettività e della locale realtà socio-economica, rendendo così maggiormente produttivo l’utilizzo della risorsa naturale del proprio territorio nell’intento di consolidare l’apertura dello stabilimento termale per almeno 10 mesi l’anno e dare una concreta prospettiva di stabilità al personale impiegato da sempre a tempo determinato e per alcuni mesi all'anno». Dunque il discorso è aperto: c’è tempo fino a maggio.
Walter Teti
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