Ciclone, l'appello di Varrone "Patto tra politici per ottenere profitti a Montesilvano"

18 Aprile 2013

Il pm chiede di nuovo la condanna per l’associazione per delinquere: "Cantagallo prendeva tangenti, al Comune di Montesilvano si sono uniti per commettere reati"

PESCARA. La chiama una «società parallela», il pm Gennaro Varone, quella che a Montesilvano sarebbe stata messa in piedi dall’ex sindaco Enzo Cantagallo, da alcuni ex assessori e tecnici comunali: «Una società che doveva consentire a ognuno dei partecipi di mettere a bersaglio reati contro la pubblica amministrazione a scopo di profitto». Solo venti pagine separano le motivazioni della sentenza del processo Ciclone scritte dal presidente Carmelo De Santis e dai giudici Nicola Colantonio e Paolo Di Geronimo da quelle depositate dal pm Gennaro Varone che torna, nel suo appello di 160 pagine, a chiedere la condanna per tutti i reati per l’ex sindaco – assolto dall’associazione per delinquere e da altri 11 capi d’imputazione ma condannato a 5 anni per tre episodi di corruzione – e per i tanti amministratori come gli ex assessori Attilio Vallescura, Guglielmo Di Febo, Cristiano Tomei e Ronaldo Canale. Era stata un condanna monca, dal punto di vista della procura, quella emessa il 28 dicembre per il primo grande processo arrivato alla conclusione: su 32 imputati di Ciclone il collegio aveva ritenuto di condannare 13 persone facendo cadere «il sistema Montesilvano», il «patto tra gli amministratori» sfaldato nella decisione di assolvere i principali protagonisti dall’accusa di associazione per delinquere. Le motivazioni del collegio avevano dedicato al reato più grave dell’associazione per delinquere solo due pagine di motivazioni, troppo stringate per il pm che invece ha replicato con dieci pagine iniziando così: «E’ mancato qualunque approfondimento. La motivazione non consta che di poche righe del tutto insufficienti ad argomentare sulle osservazioni (radicalmente ignorate) svolte per iscritto dal pubblico ministero». A questo punto, Varone ha illustrato perché invece ci sarebbe stata l’associazione arricchendo il ricorso con le intercettazioni e spiegando che le condotte dell’ex sindaco, dell’ex vice sindaco Marco Savini e degli altri amministratori assolti da quel reato non possono essere ritenute «autonome e separate».

«E’ comune patrimonio conoscitivo»,scrive il pm nell’appello, «che in una qualunque organizzazione a maggior ragione in una piccola pubblica amministrazione, esiste un reciproco controllo sugli operati di ognuno. Cosicché, un tal numero di illeciti non ha potuto prescindere da un consapevole accordo tra i pubblici ufficiali interessati. Accordo volto, quantomeno, ad avallare o fingere di non vedere». «L’esistenza del patto», aggiunge il pm, «è nella sinergia Cantagallo-Vallescura che consente scempi giuridici come l’affare Palaroma». Ancora, prosegue, «Savini sfrutta l'esistenza dell'accordo associativo e ne pretende l'attuazione. Di Febo si è mostrato coeso al sistema, avendo sfruttato il patto per promuovere un accordo di programma in favore di Duilio Ferretti a condizioni diverse da quelle suggerite dall'istruttore». A questo «va aggiunto che a Montesilvano ognuno sapeva delle attività illecite dei suoi colleghi». Un esempio? Illustra il pm che l’ex capo di gabinetto Lamberto Di Pentima – assolto – «sa delle tangenti che Cantagallo è aduso riscuotere e questo aggrava la sua posizione per il favoreggiamento, non essendo più sostenibile che Di Pentima credesse in buona fede a una persecuzione giudiziaria». Secondo il pm, poi, «Tomei, Cantagallo, Canale, Di Febo e Di Pentima organizzano la redazione e spedizione dell'anonimo che mirava a colpire l’onorabilità degli investigatori per affossare l'inchiesta in corso, della quale si prefiguravano, ovviamente, la pericolosità. E il mutuo soccorso contro l'azione investigativa, secondo un patto prestabilito, è una delle forme in cui si esplica il reato associativo». A questo punto la procura arriva alle conclusioni e dice: «Tra le persone nominate esisteva un accordo di reciproco ausilio, in modo che ognuno potesse piegare a propri scopi le funzioni pubbliche esercitate. La struttura organizzativa del Comune si è trasformata nella struttura di una società parallela. Non siamo in presenza di reati occasionali, ma di un pianificato modo di intendere la pubblica amministrazione: scambi reciproci di voti, di favori, di delibere, scambi fondati su un patto che si è spinto fino a fare fronte comune davanti all’azione dell’autorità giudiziaria».

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