Comandante dei forestali nei guai: in casa il tavolo dell’hotel Rigopiano

11 Gennaio 2025

Il maresciallo che guidava la stazione di Farindola indagato per furto e trasferito all’Aquila: «Mi avevano detto che potevo prenderlo»

PESCARA. A una settimana dall’anniversario della tragedia di Rigopiano, dove in 29 persero la vita sotto le macerie dell’hotel travolto da una valanga il 18 gennaio 2017, i resti di quel terribile disastro tornano di nuovo in primo piano. Un maresciallo dei carabinieri forestali, l’ex comandante proprio della stazione di Farindola, Danilo Ambrosini, è stato indagato, perquisito e trasferito a tempo di record con l’accusa di furto, per essersi appropriato di un tavolo dell’hotel che si trovava in una zona posta sotto sequestro dalla magistratura e della quale era responsabile proprio lo stesso indagato. L’inchiesta nasce da una fonte confidenziale (appartenente alla stessa Arma dei carabinieri, che si è poi palesata durante le indagini) che non accettava quella condotta, ritenuta immorale, del comandante di Farindola.

E parliamo dello stesso Ambrosini che, nel corso dell’inchiesta, proprio quale responsabile di quella zona posta sotto sequestro, aveva anche denunciato due ragazzi che volevano appropriarsi di un gioco da tavolo che si trovava fra le macerie; lo stesso Ambrosini che venne sentito nel corso delle indagini difensive da parte degli avvocati del sindaco Ilario Lacchetta. Va subito detto che la valanga che distrusse l’hotel sparse molte delle attrezzature all’esterno di quello che restava della struttura, mentre altri oggetti rimasero sotto le macerie.

Tutto, però, era sotto sequestro e sotto la responsabilità di chi ne aveva la custodia e che quindi non poteva non sapere che di quella roba nessuno se ne sarebbe potuto appropriare, tanto più che erano state installate anche delle fototrappole per individuare eventuali ladri. Quando i carabinieri di Penne (che con il capitano Alfio Rapisarda conducono le indagini su delega della procura) effettuarono la perquisizione nell’abitazione di Ambrosini, rinvennero quel tavolo in ferro battuto nella veranda di casa sua, anche se all’inizio l’identificazione era risultata difficile in quanto il maresciallo aveva provveduto a sostituire il piano con i mosaici, perché scheggiato, e aveva fatto realizzare anche le sedie.

La giustificazione dell’indagato fu: «Mi avevano detto che potevo prenderlo». Ma solo la Procura poteva, semmai, autorizzare una cosa del genere. E invece Ambrosini aveva chiesto l’autorizzazione alla vedova di Roberto Del Rosso (una delle vittime e gestore della struttura) che è stata sentita dai magistrati, e che ha minimizzato. Ed era logico che Ambrosini non avrebbe potuto fare tutto da solo, e infatti sarebbe stato aiutato da alcuni sottoposti ritenuti però estranei ai fatti, in quanto avevano ricevuto rassicurazione dal proprio superiore sul fatto che era tutto regolare e c’erano le autorizzazioni per portar via quel tavolo.

Ambrosini, trasferito ora all’Aquila, è accusato di furto con l’aggravante che riguarda il materiale posto sotto sequestro, e per la violazione dei doveri inerenti la funzione svolta. Sembra che la procura stia procedendo anche per altri reati amministrativi nei confronti dell’ex comandante, in relazione ad alcune carte che sarebbero state trovate nell’abitazione dell’indagato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA