D’Alfonso, «comitato» elettorale in un bar
Il sindaco fa tappa fissa al Ponte del mare, poi incontra politici e cittadini al Greco
PESCARA. Seduto al tavolino, davanti a un caffè che si moltiplica mentre si succedono le ore e gli interlocutori, Luciano D’Alfonso incontra, ascolta, discute, consiglia, dà input. Al bar ex Greco, da dove scorge la rampa della sua creatura più amata, il sindaco fuori dai giochi per questioni giudiziarie ha fissato il suo habitat elettorale, aperto fisso il week-end, preferibilmente il sabato mattina o la domenica pomeriggio come due giorni fa. E non c’è bisogno di appuntamento.
Riviera sud, porto turistico a due passi: è facile incrociare il primo cittadino, calamitato dal Ponte del mare in costruzione e ingolosito dal contatto-confronto-comizio con cittadini e amici, molto spesso politici.
Incontri rigorosamente pubblici nel luogo pubblico per eccellenza, il bar, dove D’Alfonso arriva in tuta passeggiando o pedalando in bici sul lungomare appena rimesso a nuovo.
Tappa fissa sulla rampa ciclopedonale che collegherà le due riviere - che proprio oggi vedrà issarsi il pennone centrale - e poi a passo lento lo spostamento verso il suo “ufficio” all’ex Greco, dentro o fuori a seconda del tempo.
In ogni caso, è da qui che il sindaco, oggi funzionario Anas a Campobasso, tiene d’occhio la città verso il voto rimanendo ai margini, cura dalle retrovie la lista civica «Pescara città ponte». E con i fedelissimi - l’ex portavoce Marco Presutti, il segretario cittadino del Pd Gianluca Fusilli e il consigliere comunale Enzo Del Vecchio - batte il tasto sempre sugli stessi argomenti: lo sfalcio delle erbe, le buche, i lampioni spenti, le cartacce da rimuovere.
La gente gli ha chiesto di ricandidarsi, di rituffarsi subito nell’arena preferita senza aspettare gup e tribunali. E lui ha tentennato a lungo, prima di ribadire che non è il caso, per ora.
Così, la risposta che fornisce a chi già lo proietta verso nuove sfide, è standard, seppur dolorosa: «Prima devo chiarire alcune questioni», che non sono solo giudiziarie ma anche politiche. Ma intanto, D’Alfonso continua a far sentire il suo peso, anche sul consiglio che verrà.
Alla scelta del suo successore-candidato del Pd, ufficialmente ha assistito in silenzio. «Io non mi occupo di questo», ha liquidato chi gli chiedeva indicazioni. «Non ha mai interferito nella scelta», raccontano i politici - anche ex consiglieri ed ex assessori regionali - che lo vanno a trovare al “comitato” sui generis, «Mai proferito parola sul giudice Pasquale Fimiani o sul sindacalista Cisl Umberto Coccia», i primi nomi partoriti dal partito. «Sapeva che, indicando preferenze, avrebbe creato contrapposizioni o imbarazzi. Certo, voleva un nome che tenesse unita la coalizione».
E la scelta di Marco Alessandrini, al quale lui per primo ha affidato l’assessorato alle politiche giovanili, ha trovato la naturale “benedizione” del sindaco: «Rappresenta la continuità e allo stesso tempo il cambiamento nella continuità», è il D’Alfonso pensiero.
Se il bar ex Greco è il quartier generale a sud, a nord è l’area vicina alla Madonnina quella targata D’Alfonso, invitato a pranzo alla Paranza due sabati fa, oppure ospite alla Murena del ventennale amico Antonio Terra.
L’ultima volta è rimasto da queste parti quasi 4 ore tra passeggiate e confronti con i cittadini. Con il solito chiodo fisso: la pulizia. «Ha visto che l’arena del mare era sporca: noi non ce ne eravamo accorti», ammette un consigliere, «D’Alfonso è così».
Riviera sud, porto turistico a due passi: è facile incrociare il primo cittadino, calamitato dal Ponte del mare in costruzione e ingolosito dal contatto-confronto-comizio con cittadini e amici, molto spesso politici.
Incontri rigorosamente pubblici nel luogo pubblico per eccellenza, il bar, dove D’Alfonso arriva in tuta passeggiando o pedalando in bici sul lungomare appena rimesso a nuovo.
Tappa fissa sulla rampa ciclopedonale che collegherà le due riviere - che proprio oggi vedrà issarsi il pennone centrale - e poi a passo lento lo spostamento verso il suo “ufficio” all’ex Greco, dentro o fuori a seconda del tempo.
In ogni caso, è da qui che il sindaco, oggi funzionario Anas a Campobasso, tiene d’occhio la città verso il voto rimanendo ai margini, cura dalle retrovie la lista civica «Pescara città ponte». E con i fedelissimi - l’ex portavoce Marco Presutti, il segretario cittadino del Pd Gianluca Fusilli e il consigliere comunale Enzo Del Vecchio - batte il tasto sempre sugli stessi argomenti: lo sfalcio delle erbe, le buche, i lampioni spenti, le cartacce da rimuovere.
La gente gli ha chiesto di ricandidarsi, di rituffarsi subito nell’arena preferita senza aspettare gup e tribunali. E lui ha tentennato a lungo, prima di ribadire che non è il caso, per ora.
Così, la risposta che fornisce a chi già lo proietta verso nuove sfide, è standard, seppur dolorosa: «Prima devo chiarire alcune questioni», che non sono solo giudiziarie ma anche politiche. Ma intanto, D’Alfonso continua a far sentire il suo peso, anche sul consiglio che verrà.
Alla scelta del suo successore-candidato del Pd, ufficialmente ha assistito in silenzio. «Io non mi occupo di questo», ha liquidato chi gli chiedeva indicazioni. «Non ha mai interferito nella scelta», raccontano i politici - anche ex consiglieri ed ex assessori regionali - che lo vanno a trovare al “comitato” sui generis, «Mai proferito parola sul giudice Pasquale Fimiani o sul sindacalista Cisl Umberto Coccia», i primi nomi partoriti dal partito. «Sapeva che, indicando preferenze, avrebbe creato contrapposizioni o imbarazzi. Certo, voleva un nome che tenesse unita la coalizione».
E la scelta di Marco Alessandrini, al quale lui per primo ha affidato l’assessorato alle politiche giovanili, ha trovato la naturale “benedizione” del sindaco: «Rappresenta la continuità e allo stesso tempo il cambiamento nella continuità», è il D’Alfonso pensiero.
Se il bar ex Greco è il quartier generale a sud, a nord è l’area vicina alla Madonnina quella targata D’Alfonso, invitato a pranzo alla Paranza due sabati fa, oppure ospite alla Murena del ventennale amico Antonio Terra.
L’ultima volta è rimasto da queste parti quasi 4 ore tra passeggiate e confronti con i cittadini. Con il solito chiodo fisso: la pulizia. «Ha visto che l’arena del mare era sporca: noi non ce ne eravamo accorti», ammette un consigliere, «D’Alfonso è così».