D'Alfonso: sì alla grande città, no a Pescara capoluogo

19 Novembre 2017

Al Forum sulla Nuova Pescara anche il capogruppo D'Alessandro avverte Pd e centrodestra: «Un dibattito inopportuno»

PESCARA . «L’Abruzzo ha un capoluogo di regione, che noi aiuteremo ulteriormente a erogare i suoi servizi». Parola di Luciano D’Alfonso, che al convegno sulla Nuova Pescara liquida così la questione, definita tra «tra l’alcolico e il goliardico», sul trasferimento del capoluogo di Regione al nuovo soggetto istituzionale che nascerà dalla fusione tra il capoluogo adriatico e i Comuni di Montesilvano e Spoltore. Considerazione condivisa dal capogruppo Pd alla Regione, Camillo D’Alessandro, secondo il quale si tratta di «un dibattito inopportuno, una distorsione che rischia di confonderci e confondere obiettivo finale», la Nuova Pescara. E attenzione, avverte ancora il governatore, alle tattiche per ostacolare il percorso auspicato dai cittadini che nel 2014, con un referendum, si sono espressi favore della Nuova Pescara. «Se ci sono scommesse dilatorie», ha detto, «l’ordinamento sa come fare. La Regione», ha assicurato, «procederà a prescindere».

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IL CONVEGNO
L'argomento, ieri, è stato oggetto di un convegno nell'auditorium Petruzzi, moderato da Moreno Di Pietrantonio , con la partecipazione di numerosi relatori. A prendere la parola anche Daniele Becci, Antonio Di Marco, Stefano Civitarese in rappresentanza del rettore Sergio Caputi, i docenti universitari Roberto Mascarucci,Romano Orrù, e Nicola Mattoscio, Graziano Di Costanzo , Armando Mancini, Giovanni Ventritto e Marco Sciarra.
I TRONI
Il capoluogo, dunque, resta all’Aquila, anche perché la Nuova Pescara, dice il presidente della Regione, è un’altra cosa. «Voglio precisare qui», ha detto, «che non mi aspetto dalla Nuova Pescara nessun tipo di rivendicazione dell’Ottocento, o del Novecento. Non cercheremo troni, né qui, né altrove. Cercheremo invece una maggiore capacità di visione, e di dotazione infrastrutturale di flussi e di funzioni, poiché le città di riferimento del futuro vicino e lontanissimo che dovrà arrivare sono città capaci di attrarre la stagione della qualità dei servizi, non delle carte intestate o dei troni». Una discussione, quella sul capoluogo, che secondo il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, rappresenta «un’arma di distrazione di massa. Bisogna superare la logica, drammatica, della coccarda e del campanile, che sobilla bassi istinti, e non tornare a pensieri retrivi del passato. La Nuova Pescara, invece, è un’operazione straordinaria di ingegneria istituzionale. Una sfida grandiosa».
L’ALTOLÀ
Un altolà, dunque, D’Alfonso lo ha rivolto ad alcuni esponenti del suo stesso partito, il Pd, che qualche giorno fa hanno votato una mozione (assieme alla minoranza di centrodestra), sullo spostamento del capoluogo che ha riacceso campanili vecchi di quasi mezzo secolo. Dall’altro lato il governatore ha messo le carte in chiaro con i sindaci di Montesilvano e Spoltore, che hanno espresso forti riserve sulla fusione. «Sicuramente», ha detto Francesco Maragno, «i cittadini di Montesilvano non hanno votato perché il loro comune diventasse la periferia di Pescara. Voglio fare salvo il voto del referendum, ma bisogna essere onesti con i cittadini», ha aggiunto, «e dire che nel breve-medio periodo per loro ci sarà un aggravio dei costi. Abbiamo la volontà di confrontarci, ma finora non c’è stato alcun passaggio con i sindaci». Il sindaco di Spoltore, Luciano Di Lorito, non era presente per impegni istituzionali. Al suo posto il capogruppo Pd, Giordano Fedele. «Questa discussione», ha osservato, «arriva con qualche anno di ritardo. Avremmo dovuto iniziare prima. Questa proposta di legge regionale, addirittura è arrivata in commissione senza che sia stata fatta una telefonata ai sindaci».
LA CITTÀ DEL FUTURO
I benefici della fusione, secondo il rettore dell’Università di Teramo, Luciano D’Amico, saranno evidenti. «Vi offro una piccola riflessione», ha detto, «sulla fusione delle tre aziende di trasporto pubblico regionali. Solo col bando per il gasalo si risparmiano 500 mila euro l’anno». Secondo il rettore bisogna superare la logica del campanilismo, a favore di una visione del futuro «in grado di traghettare l’Abruzzo sull’industria 4.0. I problemi», ha aggiunto, riferendosi alla difficoltà di armonizzazione fiscale, tecnica, logistica, emersi durante il dibattito, «ci sono, ma sono problemi che si risolvono. Non accettare la sfida solo per un problema di armonizzazione delle tariffe sarebbe un errore imperdonabile». Tra l’altro, ha sottolineato il deputato del Pd, Antonio Castricone, quello della fiscalità è un falso problema. «Per cinque anni», ha detto, «i comuni potranno mantenere la tassazione diversificata, perché lo prevede la legge. Sono stato e resto favorevole alla fusione», ha detto. «Non sarà solo una somma di tre città, ma un’operazione che genererà un effetto moltiplicatore, una naturale attrazione di nuove funzioni e interessi economici».
IL REFERENDUM
«Nel 2014, il referendum ha sancito l’espressione della volontà dei cittadini. Oggi non si può venire a dire che quelle popolazioni non erano state ben informate». Lo ha detto il sottosegretario di stato alle Riforme, Maria Teresa Amici. «I livelli dei diritti essenziali, servizi, qualità della vita, sono i temi che spingono le popolazioni a chiedere l’esigibilità di quel diritto. Il campanilismo, nella storia d’Italia, ha portato solo arretramento».
LA REPLICA DI CUZZI
«L’assurda richiesta di deferimento alla commissione di garanzia del Pd, semplicemente per un voto espresso in aula nell’esercizio delle proprie funzioni, è un attacco grave al diritto costituzionale di espressione e manifestazione del proprio pensiero». L’assessore comunale e componente nazionale del Pd, Giacomo Cuzzi, risponde al segretario del Pd aquilano, Stefano Albano, che ha chiesto di deferire alla commissione di garanzia del Pd i consiglieri di Pescara che hanno votato col centrodestra la mozione sul trasferimento del capoluogo dall’Aquila alla Nuova Pescara. «Questa questione», dice Cuzzi, «sarà portata all’attenzione del partito nazionale, perché chi ricopre un incarico pubblico non può usare toni e atteggiamenti così violenti da sfiorare la censura nei confronti della legittima facoltà di avanzare idee e proposte che ogni iscritto ha all'interno del partito».
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