Suicidio in carcere, appiccato incendio per protesta: 9 agenti intossicati

foto di Giampiero Lattanzio

17 Febbraio 2025

Si toglie la vita un egiziano di 24 anni. Sono 9 gli agenti e due i detenuti che sono stati trasferiti in pronto soccorso a causa dei fumi inalati

PESCARA. Un egiziano di 24 anni si è tolto la vita oggi nel carcere di San Donato. Di conseguenza si è scatenata una rivolta, con gli altri detenuti che hanno appiccato le fiamme nella casa circondariale, rendendo necessario l’intervento dei vigili del fuoco. Sul posto anche il 118. I sanitari hanno portato delle bombole di ossigeno. Secondo le prime informazioni, sono 9 gli agenti e 2 i detenuti che sono stati trasferiti in pronto soccorso a causa dei fumi inalati. Intervenute inoltre la polizia penitenziaria e la polizia di stato. Il rogo, come detto, sarebbe riconducibile a una protesta dei reclusi, scoppiata dopo il suicidio. Un uomo è salito sul tetto e ha poi camminato sul muro di cinta.

Come ricostruito da ‘Il Centro’, tutto sarebbe iniziato verso le ore 10 di questa mattina, quando i familiari dei detenuti si apprestavano a entrare nella struttura per i colloqui. Il fuoco è divampato nella sezione penale. Domate ora le fiamme, c'è ancora del fumo che esce da una delle sezioni. Attualmente il magistrato di sorveglianza e il provveditore stanno ascoltando la direttrice Armanda Rossi per ricostruire tutto l'accaduto. Il suicidio odierno è il tredicesimo in Italia dall'inizio dell'anno, come fa sapere Aldo Di Giacomo del Sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp).

Il fumo nel carcere - foto di Giampiero Lattanzio

"È un vero stillicidio, si tratta quasi sempre di persone con una condanna non definitiva, ed è scesa l'età media di chi si toglie la vita in carcere - osserva Di Giacomo - E pensare che 19mila detenuti potrebbero uscire se solo fossero informati della possibilità di scontare la pena con altre forme di carcerazione. C'è purtroppo il disinteresse assoluto dell'amministrazione penitenziaria. Nelle nostre carceri c'è la criminalità più pericolosa al mondo, ma la maggior parte dei detenuti è lì per per reati lievi, si tratta di persone affette da alcoldipendenza, tossicodipendenza o malattia psichiatrica". 

Per Di Giacomo, “se noi non rieduchiamo questi soggetti loro ciclicamente entrano ed escono, commettono reati in galera, le loro fragilità aumentano. E comunque, anche se il sovraffollamento è un enorme problema, chi arriva a suicidarsi è già debole quando entra. Poi il sovraffollamento incide sulla qualità della vita. Il carcere - conclude Di Giacomo - è diventato il punto di rilancio della carriera criminale. Basti notare la diminuzione del -4, 8% della collaborazione nelle carceri di regioni come Calabria, Sicilia, Campania e Puglia”.

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