Distretto Asl nella bufera, quattro arresti

False invalidità, appalti pilotati e assenteismo, accusati direttore e dipendenti.

PESCARA. Le percentuali di invalidità concordate a tavolino, gli scambi di favori per coprire le assenze sul lavoro, l’utilizzo di dipendenti della Asl per attività private, gli appalti pilottati per favorire imprese amiche. Per la procura, nel distretto sanitario di Scafa «la frode e il disservizio» costituivano «la regola ordinaria»: una situazione di «diffusa illegalità» che ieri ha portato all’arresto di quattro persone.

Poco prima dell’alba, gli agenti della squadra Mobile guidati da Nicola Zupo hanno consegnato agli arresti domiciliari il direttore del distretto Riccardo Alderighi, 61 anni, e la moglie Fabrizia Di Domenico, 51 anni, infermiera nello stesso distretto, residenti ad Alanno; Nadia Nubile, 49 anni, segretaria di Alderighi, residente a Scafa; il medico pescarese Fulvio De Arcangelis, 56 anni, presidente della 13ª Commissione invalidità della Asl, residente a Pescara.

A firmare l’ordinanza, su richiesta del pm Gennaro Varone, è stato il gip Luca De Ninis che accusa Alderighi, la moglie e la segretaria di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in danno di ente pubblico e peculato, mentre a vario titolo sono contestati i reati di corruzione, rifiuto d’atti d’ufficio e interruzione di pubblico servizio, falso ideologico in atto pubblico, truffa in danno della pubblica amministrazione e turbata libertà degli incanti. Quattro persone arrestate, quindici, in totale, gli indagati, in gran parte medici e infermieri in servizio a Scafa, e imprenditori.

«Nel distretto sanitario di Scafa si delinea uno sconcertante quadro di asservimento delle funzioni e del servizio pubblico agli interessi privati del direttore Alderighi, della moglie e di alcuni loro stretti collaboratori» scrive De Ninis nel provvedimento «un asservimento globale che si esplica nella sistemativa violazione dei doveri funzionali». Una situazione in cui ciascuno, secondo l’accusa, ricavava la propria «fetta di torta», in una rete inestricabile di «reciproce complicità». Vincoli così forti, ha sottolineato Zupo «che senza le intercettazioni non saremmo riusciti a conoscere nulla, perché nessuno aveva interesse a denunciare l’altro».

GLI INFERMIERI-OPERAI.
A dare il via alle indagini, nel giugno scorso, sono alcune segnalazioni che indicano la presenza di alcuni dipendenti della Asl nell’abitazione del direttore Alderighi, una villa in collina ad Alanno, dove sarebbero impegnati in lavori edili. Una ipotesi che, poco dopo, i poliziotti documentano con foto e riprese. In più occasioni, infatti, nell’estate del 2008, uno degli infermieri viene ripreso mentre si reca a casa del dirigente Asl per lavori di tinteggiatura: ad accompagnarlo, con l’auto di servizio, è un collega del distretto che poi va a riprenderlo. Ufficialmente, sono entrambi al lavoro alla Asl, come attestano le schede di presenza. Per il gip, questo non è abuso d’ufficio, ma «peculato», come sancito di recente dalla Cassazione.

INVALIDITA’ CONCORDATE. Gravi le accuse nei confronti di De Arcangelis e Alderighi nella loro veste di componenti della 13ª Commissione invalidità civili: secondo la procura, avrebbero falsificato i verbali, assegnando percentuali di invalidità a pazienti amici che non erano mai stati visitati o che erano stati visti dall’unico medico «sponsor», con decisioni poi ratificati dagli altri membri della commissione, che risulterebbero tutti iscritti nel registro degli indagati. Il sistema, tra l’altro, avrebbe consentito loro di percepire l’indennità di partecipazione: 50 euro a seduta, più 5 euro a paziente.

Nel solo mese di ottobre, De Arcangelis avrebbe partecipato a ben quattro commissioni al giorno, compresi sabati e domeniche. Non solo: dalle intercettazioni sarebbe emersa anche l’abitudine a contrattare con il paziente la quota di invalidità. E in almeno un caso, un paziente si sarebbe «sdebitato» con Alderighi consegnandogli «una cosa» imprecisata, evento che ha fatto scattare l’accusa di corruzione.

SHOPPING IN SERVIZIO.
Abitudine diffusa all’interno del distretto, secondo l’accusa, sarebbe stata quella di timbrare il cartellino per poi allontanarsi per ore dal luogo di lavoro per occuparsi delle proprie faccende: chi per fare shopping o per incontri, come più volte avrebbe fatto Nubile, chi per sbrigare faccende, come Di Domenico, chi per andare a caccia, come Alderighi. Per coprire le assenze, sarebbero stati richiesti favori a colleghi compiacenti, che avrebbero utilizzato la tessera magnetica al loro posto per documentarne la presenza. Non solo, sarebbe emersa anche l’abitudine di Nadia Nubile di farsi chiamare dal centralino sul cellulare per usufruire del servizio di autoricarica. In un caso, inoltre, la segretaria avrebbe accettato 50 euro da una persona grata per avere ottenuto l’invalidità.

LE GARE «PILOTATE».
Due gli appalti che la procura ritiene «pilotati»: quello per l’acquisto di una apparecchiatura elettromedicale, uno spirometro da 47 mila euro, e quello per la ristrutturazione della sede del distretto sanitario: «In entrambi i casi l’aggiudicazione è stata decisa preventivamente e la procedura di selezione è stata opportunamente manipolata» scrive il gip De Ninis.
Nel primo caso, sarebbe stato utilizzato lo stratagemma della «infungibilità», ovvero sarebbero state individuate in anticipo le caratteristiche del prodotto della ditta amica, per poi bandire la gara, blindando la scelta.

«Ancora più evidenti» secondo il gip, le irregolarità nell’aggiudicazione dei lavori per la ristrutturazione del distretto sanitario per un totale di 263 mila euro, che sarebbero stati affidati senza gara apparente e senza istruttoria, presumibilmente costruendo o procurandosi preventivi di più ditte: di questi, alcuni potrebbero essere stati predisposti dalla stessa ditta poi risultata vincitrice, mentre in un caso, un imprenditore avrebbe ammesso di avere sottoscritto una offerta di comodo su richiesta dell’imprenditore.

I 436 MILIONI SPARITI.
Ma l’inchiesta non è conclusa. Ad aprire nuovi scenari potrebbe essere un colloquio tra Alderighi e uno dei dipendenti, in cui il funzionario annuncia al direttore un ammanco di 436 milioni di lire nelle casse del distretto, comunicazione di fronte alla quale Alderighi avrebbe detto di non preoccuparsi. Per il gip, invece, si tratta di un fatto «allarmante» che «nel clima di diffusa illegalità riscontrato richiede senz’altro accertamenti ulteriori».