PESCARA

Donna violentata, parla il testimone: quell’uomo era fuori di sé / VIDEO

Il racconto del senzatetto che si trovava nella casa abbandonata con la 50enne picchiata dal marocchino arrestato: «Sono fuggito per paura. Sono tornato all’alba, era ferita e piangeva»

PESCATA. «L'ho trovata rannicchiata sotto le coperte. Aveva paura, poi ha sentito la mia voce, si è scoperta e mi ha abbracciato. Era ferita. Ha pianto e raccontato tutto». Comincia così il racconto del testimone-chiave sulla tentata violenza di via Alento sulla donna di 50 anni di origini ucraine. L'aggressore, un extracomunitario di 35 anni, I.O., marocchino senza fissa dimora come gli altri di questa storia, è in carcere. I carabinieri lo avevano rintracciato mercoledì pomeriggio nella Cittadella dell’Accoglienza della Caritas, a pochi passi dalla casa dove si è consumata la violenza, su segnalazione della vittima.

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È accusato di tentata violenza sessuale e lesioni personali perché avrebbe immobilizzato la donna per cercare di abusare di lei, dopo essersi spogliato, e poi l’avrebbe colpita con violenza al volto, con diversi pugni, perché lei si opponeva, stando alla ricostruzione degli investigatori. La vittima, invece, è tornata alla sua vita da senzatetto, dopo che è stata medicata in ospedale (la prognosi è di 21 giorni). Ed è di nuovo nella casa di via Alento, non avendo un altro posto dove stare. È arrivata a Pescara da un’altra località abruzzese da circa tre mesi e ha dormito saltuariamente nel dormitorio promosso dal Comune di via Lago Sant’Angelo, che ha chiuso nei giorni scorsi.
A soccorrerla, all’alba di mercoledì, in quella casa trasformata in un rifugio di fortuna, è arrivato un amico, uno degli occupanti abusivi, Roberto, che fino a poche ore prima era con lei, ma poi è fuggito. Roberto è il testimone di questa vicenda.

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Il testimone-chiave sulla violenza: chi fa queste cose non merita niente
Roberto racconta i fatti di via Alento per i quali è stato arrestato un extracomunitario (video di Giampiero Lattanzio)

Ripercorre quella notte, ricordando che nella casa c’erano l’ucraina, il suo compagno, il marocchino e un amico. «Abbiamo bevuto insieme», racconta, «ma poi il marocchino ha esagerato, ha cominciato a picchiare gli altri uomini e ha tirato uno schiaffo anche a me. Sono uscito, ho detto all’ucraina di venire via con me ma lei non lo ha fatto. Mi sono preoccupato di portare via la mia compagna, anche perché sapevo di lasciare l’ucraina con il suo uomo: non sapevo che l’avrebbe abbandonata». Di lui, infatti, non ci sono più tracce. Roberto è tornato verso le 6 in quella casa, che occupa «da un po’, non sapendo dove stare perché nelle strutture non c’è posto». Rientrando ha trovato «tutto spaccato, c’era un casino. La donna era rannicchiata sotto le coperte. Aveva paura, poi ha sentito la mia voce, si è scoperta e mi ha abbracciato. Era ferita. Ha pianto e raccontato tutto. Quindi ho chiamato l’ambulanza ed è stata portata in ospedale e la sera l’abbiamo portata via dalla caserma dei carabinieri. Ha fatto una doccia, ha buttato via tutti gli abiti. Con noi è serena, ha deciso di non andare in una struttura per donne che hanno subito violenza. Qui a casa ho pulito tutto e cerchiamo di ricominciare da capo. Un altro posto dove andare non ce l’abbiamo. E lui», l’aggressore, che fino a qualche giorno fa dormiva alla Cittadella dell’Accoglienza della Caritas ma poi è andato via (in anticipo rispetto al previsto), «merita solo di stare in carcere», conclude.


Proprio dalla Caritas, dal direttore don Marco Pagniello, arriva un appello: «Queste sono situazioni complesse da esaminare bene nel rispetto della legge e delle persone. Chi ha sbagliato si assume le proprie responsabilità ma la soluzione non è solo mettere dentro lui e prendersi cura di lei. Si deve puntare sulla prevenzione», sapendo che i problemi da affrontare sono tanti e cioè «le strutture di accoglienza, la sicurezza delle strade e dei luoghi abbandonati, la povertà e l’alcol», che accompagna spesso la vita di chi non ha più niente.
«Bisogna parlare di questi problemi: non aspettiamo che qualcuno venga preso a schiaffi a Rancitelli», come è accaduto a un giornalista di Rai2 che preparava un servizio, «o che ci sia una violenza sessuale. Altrimenti mettiamo solo cerotti». A proposito di accoglienza, «noi siamo pieni» e se le altre strutture chiudono «le persone che ospitavano tornano in strada. Non si può pensare che la soluzione a tutto sia il volontariato». Le istituzioni? «In questo momento faccio fatica a interloquire con loro».
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