PESCARA
Epatite infantile, in città c’è il primo caso
È una bambina di 15 mesi già dimessa dal reparto di Pediatria. Il primario tranquillizza: "Sta bene, niente panico"
PESCARA. È stato riscontrato all’ospedale civile di Pescara, una decina di giorni fa, uno dei primi casi in Italia di epatite acuta nei bambini. Si tratta di una bimba di 15 mesi, nata e residente in città.
La piccola, che è stata curata nella unità operativa complessa di Pediatria, diretta da Maurizio Aricò, sta bene ed è già a casa sua. «La bambina», spiega il primario, «ha avuto un innalzamento delle transaminasi al di sopra di quelli che sono i valori considerati come soglia, ossia 500 e, analizzando poi i vari virus epatite, abbiamo capito che nessuno di essi era coinvolto. II suo è rientrato subito nei criteri di identificazione» del nuovo tipo di epatite, «e, quindi, come caso certo».
«La bambina», aggiunge, «è stata ricoverata perché aveva febbre abbastanza alta e una infezione delle vie aeree. Nel corso degli accertamenti a cui è stata sottoposta, è stata trovata anche positiva al Covid. Aveva, inoltre, una infezione da adenovirus, che però solitamente non provoca epatite. Posso dire che non aveva quelli che sono i classici sintomi dell’epatite quali ittero, disturbi intestinali, dolori addominali, vomito. Fortunatamente non li aveva. Abbiamo riscontrato, ripeto, un innalzamento molto forte delle transaminasi, che poi si sono normalizzate. E’ stata supportata e osservata e non ha avuto problemi tanto che abbiamo deciso dopo qualche giorno di dimetterla».
Per il professor Aricò, le cause di questo nuovo virus sono sconosciute al momento. «Non sappiamo ancora», spiega, «se può derivare da una interazione di Sars Cov2 e adenovirus. Noi ovviamente tutti i dati in nostro possesso li abbiamo inviati all’istituto superiore di sanità, al ministero per capire meglio».
Il primario tiene poi a lanciare un messaggio alle famiglie con bimbi piccoli. «Il messaggio è che ci stiamo occupando di una cosa fuori dall’ordinario, che interessa i bambini sotto ai 10 anni, ma non deve creare panico. La stragrande maggioranza dei bambini, che ha contratto questo virus sta bene. In Italia c’è stato soltanto un bambino che ha avuto bisogno di un trapianto fegato, ma bisogna valutare ancora bene cosa sia accaduto. Niente allarmismo». (a.d.f.)