Firme elettorali Francavilla, condanna per quattro politici

Altri cinque, fra cui il segretario regionale del Pd Paolucci, rinviati a giudizio. L’accusa: irregolarità nelle sottoscrizioni delle liste per le comunali 2008

FRANCAVILLA. Quattro condanne con rito abbreviato e cinque rinvii a giudizio per ex amministatori comunali e provinciali – di entrambi gli schieramenti – ai quali nel 2011, proprio alla vigilia delle ultime elezioni comunali, erano state contestate presunte irregolarità nelle firme raccolte a convalida delle liste presentate per le precedenti amministrative del 2008.

Un’indagine partita dalla denuncia dell’ufficio elettorale del Comune di Francavilla, a seguito di alcune doppie firme riscontrate nella fase di controllo delle sottoscrizioni alle liste. Tutti e nove gli ex amministratori avrebbero violato il regolamento elettorale: alcune delle firme, anche se autentiche, non sarebbero state apposte in loro presenza quali pubblici ufficiali; in qualche caso, sarebbe sorto anche il dubbio dell’autenticità di alcune firme. Per questo, il Gup del tribunale di Chieti, Antonella Redaelli, ha rinviato a giudizio l’attuale segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci (all’epoca consigliere provinciale) e gli ex amministratori comunali Nicola De Francesco, Daniele D’Amario (attuale assessore provinciale), Franco Di Muzio e Rocco Moroni. Nel processo fissato per il 7 febbraio 2013, dovranno rispondere di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale e di violazione del testo unico per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali (dpr 570 del 1960).

Altri quattro imputati hanno invece scelto di essere giudicati con il rito abbreviato che si è svolto contestualmente: il Gup ha condannato a 5 mesi e 10 giorni, per violazione del dpr 570, ma senza imputazione di falso, l’attuale consigliere regionale dell’Idv Lucrezio Paolini, insieme agli ex amministratori comunali Carmine Di Giovanni e Carlo Matricardi, mentre ha inflitto una pena di 6 mesi, per lo stesso reato, ad Anna Chiementa.

I quattro condannati, però, sono decisi a ricorrere in appello contro una condanna che può apparire pesante se si considera che in passato il reato contestato era stato depenalizzato e ridotto ad una ammenda, ma in seguito la Corte costituzionale l’ha ripristinato. «Rispetto la sentenza, ma non nascondo lo stupore che mi ha procurato, anche perché il pm aveva chiesto la mia assoluzione», afferma Paolini. «Detto questo, però, sono convinto che le sentenze non vadano commentate sui giornali, ma vadano contestate nei luoghi deputati: i tribunali. Annuncio per questo che farò appello alla sentenza di primo grado, sicuro e sereno come sono e come sono sempre stato di riuscire a dimostrare la mia estraneità ai fatti contestati. Su questo non ho alcun dubbio».

«Sono profondamente amareggiata da tutta questa vicenda», commenta Chiementa. «Pur rispettando la sentenza, ritengo di non aver commesso alcun reato. Ho la coscienza tranquilla e ricorrerò in appello affinchè si faccia chiarezza». Spero che nel prossimo giudizio di appello, io abbia la possibilità di chiarire definitivamente la mia posizione. E’ difficile accettare una sentenza basata sulla dichiarazione di una persona la quale ha sottoscritto la lista all’interno di uno studio medico, il cui titolare ha dichiarato che io ero presente». «Le firme sono risultate autentiche» sottolinea Di Giovanni. «Mi aspettavo una sentenza di assoluzione così come richiesto dal pm che ha portato avanti l’istruttoria, anche in ragione di tutto il lavoro che svolgiamo da anni al servizio delle nostre idee e del nostro pensiero». Appare fiducioso nell’esito del processo che si terrà a febbraio, anche D’Amario. «Ho autenticato delle firme di una lista mia concorrente nello spirito del dovere di consigliere comunale», precisa, «firme riconosciute autentiche e raccolte alla presenza del candidato sindaco della lista avversaria, Moreno Bernini, il quale non potrà che confermarlo. Sono, dunque, ipertranquillo».

Giuseppina Gherardi

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