il caso

Francavillese di 50 anni ucciso in Camerun

Stefano Solazzi, ex ufficiale dell'esercito svizzero e addetto alla sicurezza, è morto nel paese africano in circostanze misteriose. La denuncia del fratello, in vacanza in Abruzzo: "Volevano farci credere che si fosse suicidato"

FRANCAVILLA. «Mio fratello è stato ucciso sabato in Camerun, a Douala. Volevano far passare la sua morte per un suicidio, ma è stata aperta un’inchiesta e sono state già fermate due persone».

A parlare è Massimiliano Solazzi, 43 anni, che ha saputo a Francavilla al mare, la città di origine della famiglia, della drammatica scomparsa del fratello Stefano, che aveva 50 anni, lavorava in Camerun da anni e aveva lasciato a Nyon, in Svizzera, dove ha sempre vissuto, la moglie camerunense Dominique e i due figli di otto e quattro anni.

Massimiliano Solazzi sta trascorrendo in Abruzzo le ferie estive, «perché tra Francavilla e Pescara abbiamo tutta la famiglia, a partire da nostro padre Renato, che si è trasferito a Francavilla dopo la pensione. Io e Stefano abbiamo sempre vissuto in Svizzera con mogli e figli ma le nostre vacanze le abbiamo sempre trascorse qui, perché ci sono le nostre famiglie, le nostre cugine, e siamo sempre ben accolti».

La notizia della morte di Stefano Solazzi, ultimamente impegnato nel campo della sicurezza, è arrivata come un fulmine a ciel sereno e soprattutto non ha seguito le vie ufficiali, denuncia il fratello, che si è subito attivato dall’Italia per cercare di far luce su quanto avvenuto a Douala e per avere delle risposte.

«Sono stato informato da un amico di mio fratello, nessun altro ci ha contattati, neppure le autorità italiane. Io non credo affatto all’ipotesi del suicidio e ho dovuto muovere mezzo mondo per far valere il mio pensiero, ma ci sono riuscito perché le indagini sono riprese e sono state fermate due donne, sospettate di averlo strangolato, e oggi compariranno davanti al giudice. Aveva dei graffi su tutto il corpo ma è possibile che le due non abbiano agito da sole perché mio fratello pesava 85 chili ed era alto un metro e 75». Per capire cosa è accaduto a Douala, «città poco sicura», Massimiliano Solazzi ha incaricato un avvocato. «L’ho contattato attraverso mia moglie Diane», spiega, «che è camerunense e proprio in questi giorni si trova lì». Grazie all’intervento del legale le indagini hanno cambiato direzione, rispetto all’ipotesi iniziale del suicidio, ed è stata disposta l’autopsia, il cui esito non si conosce.

«Prima che accantonassero il corpo», racconta sempre il fratello minore di Solazzi, «mi sono preoccupato di avvertire le autorità svizzere mentre non so, sinceramente, se l’Ambasciata italiana sia informata o meno. Sono molto dispiaciuto del fatto che in Italia non si sia saputo niente di quello che è accaduto a Stefano», che è stato un ufficiale dell’esercito svizzero, ha fatto parte della squadra di nuoto svizzera e ha anche lavorato per delle ditte italiane, in Camerun.

«In Africa ha trascorso venti anni, ha cambiato molti lavori, si occupava di rilanciare imprese in crisi ed è stato anche direttore di una scuola privata. Aiutava sempre chi si trovava in difficoltà e gli ho sempre detto che questa sua propensione ad occuparsi degli altri prima o poi gli avrebbe creato problemi».

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