Fuksas: Pescara punti sul mare
«Errore guardare ancora all’entroterra. La ferrovia? Spostatela»
PESCARA. «Se dovessi disegnare una cartolina per Pescara, ci metterei la foce del fiume perché mi piace molto. Ma se devo pensare come questa città possa guardare al futuro, allora, direi: “Pescara è una città unica perché ha il mare”. E’ una banalità? Forse, ma si immagini se Pescara avesse una struttura a pettine e il mare potesse essere raggiunto da ogni parte». Massimiliano Fuksas, l’architetto romano che siede nell’olimpo degli archistar per la capacità di trasformare l’architettura in arte fondendo tecnologia e spirito artistico, ha posato il suo sguardo su Pescara, una città che conosce bene per aver firmato il nuovo complesso della Fater. Lunedì scorso il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, commentando il laboratorio di idee di imprenditori, studiosi e artisti stimolato dal Centro in seguito ai Giochi del Mediterraneo, ha detto: «Se non si farà la copertura del teatro D’Annunzio, Pescara dovrebbe avere un teatro progettato da un archistar, un grande nome come Fuksas o Calatrava». Fuksas ha accettato di rispondere all’invito del Centro di raccontare in che direzione potrebbe andare la città.
Architetto, qual è stato il suo impatto con Pescara?
«Un impatto ottimo, è meglio di come la si immagina. E’ la voce di un popolo che ha una capacità di operare e di organizzarsi. Ha uno strato imprenditoriale interessante, una parte innovativa. Come è accaduto per il mio progetto della Fater, di cui non riconosco gli interni su cui hanno messo le mani altri, ma che, per la parte esterna, è l’espressione di un potenziale tecnico e innovativo».
Quali sono i luoghi fondamentali attorno a cui cresce una città e che non ha visto a Pescara?
«L’aeroporto e il porto. Anche se ci sono, bisogna continuare a svilupparli. Tutte le città che restano ancorate al localismo sono destinate a un’implosione. Il localismo è il nemico dello sviluppo».
Cosa le piace di Pescara?
«Le strutture costruite tra le due guerre e la capacità imprenditoriale».
Pescara assomiglia a qualche città?
«No, Pescara non è una città qualunque. Pescara è una città di mare. Può sembrare una banalità, ma mette in luce l’importanza che deve avere l’integrazione tra il mare e la città. Adesso, mi sembra che Pescara guardi ancora molto all’entroterra. Forse questo deriva dell’essere abruzzese, dalle montagne, e dal vivere in una città di mare che guarda all’entroterra».
Da queste parti, c’è la tentazione di assomigliare a Barcellona.
«Ma no, Pescara non c’entra niente con Barcellona e non è Pesaro o Rimini. Barcellona ha avuto un impatto economico incredibile, è la sede di banche importantissime, si affaccia sull’Africa. Pescara, dovrebbe guardare all’Adriatico. Questa città è il punto centrale della litoranea da Venezia fino al Salento. Quello che rende unica Pescara è il suo popolo: perché una città non è fatta solo di luoghi immobili. Gli abitanti di Pescara, e gli abruzzesi, sono diversi dagli altri, hanno una rara capacità di organizzarsi. Popolo affascinante che non può essere inquadrato solo con Silone e D’Annunzio».
Come si forgia una città dal popolo?
«Con la cultura, ma non vista come cosa paludata. Uno dei miei ultimi progetti è un centro per la musica a Strasburgo per 12 mila persone. Musica pop, contemporanea, in linea con i giovani, ma che può ospitare anche la classica. Ospito spesso De Gregori nella mia casa di Pantelleria. Per me lui è un poeta ma conosco bene anche il direttore d’orchestra Daniel Baremboin. Questo per dire che la mia idea di cultura è che non esistono differenze tra quella detta alta e detta bassa. Così, nasce un centro per la musica che sia parte integrante delle culture musicali».
Lei dice che Pescara non è una città qualunque e che è migliore di quella che si può immaginare. Qual è l’idea che si ha di Pescara fuori dall’Abruzzo?
«Di una città di mare, contrapposta all’Abruzzo montano, quasi un’anomalia. Solo che non ha sviluppato il fronte mare. Ci sono stabilimenti carini, ma finisce lì. Bisogna ripensare la litoranea, cercare di allontanare la ferrovia, vedere in che modo ricostruire la fascia costiera. Sviluppare la costa, ma anche la sua penetrazione. Pescara dovrebbe avere una struttura a pettine che permetta l’attraversamento del mare. Ecco perché il porto aperto al mare e l’aeroporto all’entroterra, aiuterebbero in questo senso».
Pescara è una città nuova. Qual è la forza di una città giovane?
«Meglio una città giovane che non una addormentata, che non ha una popolazione giovane come la vostra. Ecco perché l’università è così importante. Quella che oggi è considerata come uno dei mali peggiori dell’Italia, è invece il bene eccelso di una città. Sviluppatela».
A Pescara si parla da anni di un teatro. Se si dovesse realizzare, il sindaco di Pescara ha proposto il suo nome. Accetterebbe?
«Fate il teatro, fatelo dovunque, ma fatelo. Altrimenti se ne continua a parlare come accade per il ponte di Messina. Può essere un problema un ponte che deve collegare? Può essere un problema fare un teatro? Queste sono chiacchiere italiche. Ci lavorerei e la prima cosa che mi viene in mente è che lo metterei vicino al mare per sentirne il profumo».
Dovesse disegnare una cartolina di Pescara, cosa ci metterebbe?
«La foce del fiume, mi piace molto».
Architetto, qual è stato il suo impatto con Pescara?
«Un impatto ottimo, è meglio di come la si immagina. E’ la voce di un popolo che ha una capacità di operare e di organizzarsi. Ha uno strato imprenditoriale interessante, una parte innovativa. Come è accaduto per il mio progetto della Fater, di cui non riconosco gli interni su cui hanno messo le mani altri, ma che, per la parte esterna, è l’espressione di un potenziale tecnico e innovativo».
Quali sono i luoghi fondamentali attorno a cui cresce una città e che non ha visto a Pescara?
«L’aeroporto e il porto. Anche se ci sono, bisogna continuare a svilupparli. Tutte le città che restano ancorate al localismo sono destinate a un’implosione. Il localismo è il nemico dello sviluppo».
Cosa le piace di Pescara?
«Le strutture costruite tra le due guerre e la capacità imprenditoriale».
Pescara assomiglia a qualche città?
«No, Pescara non è una città qualunque. Pescara è una città di mare. Può sembrare una banalità, ma mette in luce l’importanza che deve avere l’integrazione tra il mare e la città. Adesso, mi sembra che Pescara guardi ancora molto all’entroterra. Forse questo deriva dell’essere abruzzese, dalle montagne, e dal vivere in una città di mare che guarda all’entroterra».
Da queste parti, c’è la tentazione di assomigliare a Barcellona.
«Ma no, Pescara non c’entra niente con Barcellona e non è Pesaro o Rimini. Barcellona ha avuto un impatto economico incredibile, è la sede di banche importantissime, si affaccia sull’Africa. Pescara, dovrebbe guardare all’Adriatico. Questa città è il punto centrale della litoranea da Venezia fino al Salento. Quello che rende unica Pescara è il suo popolo: perché una città non è fatta solo di luoghi immobili. Gli abitanti di Pescara, e gli abruzzesi, sono diversi dagli altri, hanno una rara capacità di organizzarsi. Popolo affascinante che non può essere inquadrato solo con Silone e D’Annunzio».
Come si forgia una città dal popolo?
«Con la cultura, ma non vista come cosa paludata. Uno dei miei ultimi progetti è un centro per la musica a Strasburgo per 12 mila persone. Musica pop, contemporanea, in linea con i giovani, ma che può ospitare anche la classica. Ospito spesso De Gregori nella mia casa di Pantelleria. Per me lui è un poeta ma conosco bene anche il direttore d’orchestra Daniel Baremboin. Questo per dire che la mia idea di cultura è che non esistono differenze tra quella detta alta e detta bassa. Così, nasce un centro per la musica che sia parte integrante delle culture musicali».
Lei dice che Pescara non è una città qualunque e che è migliore di quella che si può immaginare. Qual è l’idea che si ha di Pescara fuori dall’Abruzzo?
«Di una città di mare, contrapposta all’Abruzzo montano, quasi un’anomalia. Solo che non ha sviluppato il fronte mare. Ci sono stabilimenti carini, ma finisce lì. Bisogna ripensare la litoranea, cercare di allontanare la ferrovia, vedere in che modo ricostruire la fascia costiera. Sviluppare la costa, ma anche la sua penetrazione. Pescara dovrebbe avere una struttura a pettine che permetta l’attraversamento del mare. Ecco perché il porto aperto al mare e l’aeroporto all’entroterra, aiuterebbero in questo senso».
Pescara è una città nuova. Qual è la forza di una città giovane?
«Meglio una città giovane che non una addormentata, che non ha una popolazione giovane come la vostra. Ecco perché l’università è così importante. Quella che oggi è considerata come uno dei mali peggiori dell’Italia, è invece il bene eccelso di una città. Sviluppatela».
A Pescara si parla da anni di un teatro. Se si dovesse realizzare, il sindaco di Pescara ha proposto il suo nome. Accetterebbe?
«Fate il teatro, fatelo dovunque, ma fatelo. Altrimenti se ne continua a parlare come accade per il ponte di Messina. Può essere un problema un ponte che deve collegare? Può essere un problema fare un teatro? Queste sono chiacchiere italiche. Ci lavorerei e la prima cosa che mi viene in mente è che lo metterei vicino al mare per sentirne il profumo».
Dovesse disegnare una cartolina di Pescara, cosa ci metterebbe?
«La foce del fiume, mi piace molto».