I CONTI IN TASCA ALLE FAMIGLIE
Gli abruzzesi sono sempre più indebitati
Crescono mutui, prestiti, credito al consumo ed esposizioni bancarie. In cima alla lista Pescara e Chieti
PESCARA . Ammonta a nove miliardi e 18 milioni di euro l’indebitamento delle famiglie abruzzesi, riferito alla fine del 2017. Un dato in crescita dell’1,55% rispetto al 2016, quando il debito sfiorava gli otto miliardi e 882 milioni. A elaborarlo è l’ufficio studi della Cgia di Mestre, su “numeri” di Bankitalia e Istat.
IN ITALIA. Nel 2017 ogni famiglia italiana risultava indebitata per un importo medio pari a 20.549 euro. Nell’insieme i passivi accumulati con le banche e gli istituti finanziari, si legge nel report, sfiorano quota 535 miliardi di euro. Un fenomeno, avverte la Cgia di Mestre, in costante crescita dal 2014; negli ultimi tre anni il debito è aumentato di 40,6 miliardi di euro (+8,2%), e in gran parte è riconducibile al fatto che gli istituti di credito sono tornati a prestare i soldi alle famiglie. L’aumento medio italiano, è stato dell’1,5%, con l’Abruzzo in perfetta sintonia.
L’INDEBITAMENTO. Con questa definizione, spiega il report, si intende quello originato dall’accensione di mutui per l’acquisto di un’abitazione, prestiti personali, prestiti contro la cessione del quinto dello stipendio, aperture di credito in conto corrente (che in genere corrispondono a forme di credito al consumo).
IN ABRUZZO. Il debito medio di una famiglia abruzzese, nel 2017, ammontava a 16.188 euro, ben al di sotto della media nazionale. Per capire le dinamiche abruzzesi, però, bisogna disaggregare il dato su base provinciale. Si capisce così che il territorio più indebitato è quello di Pescara, dove le esposizioni ammontano a due miliardi e 707milioni (+1,2 rispetto al 2016), per un debito medio di 20.010 a famiglia; segue Chieti , dove nel 2017 i debiti complessivi delle famiglie erano di due miliardi e 424 milioni (+1,7% e 14.720 euro per famiglia); Teramo, che con i sue due miliardi e 73 milioni è la provincia nella quale l'indebitamento sale di più a livello percentuale (+2,4), e dove ogni famiglia è esposta per 16.147 euro. A chiudere la classifica c’è la provincia dell’Aquila, con un miliardo e 814 milioni, in crescita solo dello 0,8% , con un debito medio familiare che si attesta a 13.877 euro.
LUCI E OMBRE. Una maggiore propensione da parte delle famiglie a ricorrere ai finanziamenti, e la maggiore disponibilità delle banche a concederli (considerati i criteri molto restrittivi adottati degli ultimi anni), stanno a significare che c’è un clima di fiducia e di ripresa. Chi stipulerebbe un mutuo senza la certezza di un’entrata economica, e soprattutto, quale banca lo concederebbe senza le dovute garanzie? Come sempre, non è oro tutto ciò che luccica, e lo spiega sempre la Cgia di Mestre.
L’ANALISI. A interpretare i dati è il segretario Renato Mason. «Premesso che le aree provinciali più esposte ai debiti sono quelle che registrano i livelli di reddito più elevati», spiega, «è evidente che anche in queste zone tra gli indebitati vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, le forti esposizioni bancarie di questi territori, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti in questi ultimi anni nel settore immobiliare, non destano particolari problemi che, invece, si riscontrano in altre aree, in particolar modo nel Mezzogiorno».
IL DISAGIO. La maggiore incidenza del debito sul reddito, spiega invece Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi, «si riscontra nelle famiglie più deboli, vale a dire in quelle a rischio esclusione sociale, che statisticamente sono tornate a crescere, paurosamente, visto che gli effetti della crisi hanno accentuato, anche da noi, il divario tra poveri e ricchi».
LA GRADUATORIA. A livello nazionale le famiglie più esposte con le banche vivono in Lombardia. Al primo posto Milano, con un debito medio di 29.595 euro. In fondo alla lista Reggio Calabria (10.301 euro), Vibo Valentia (9.411 euro), Enna (9.169 euro).
NO A MENO IRPEF PIÙ IVA. Il ruolo economico delle famiglie, sottolinea la Cgia di Mestre, è importantissimo: il 60% circa del Pil nazionale si riferisce ai consumi dei nuclei familiari. L’eventuale aumento dell’Iva, suggerisce il centro studi, potrebbe compromettere la tenuta economica di queste ultime. «Segnalo che nemmeno l’operazione meno Irpef più Iva», conclude Zabeo, «sarebbe a saldo zero. I 10 milioni di contribuenti Irpef che rientrano nella no tax area non avrebbero alcun beneficio dall’introduzione della flat tax. Per contro, subirebbero un aumento dei prezzi che toglierebbe loro ulteriore liquidità».
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