Ha chiuso i battenti anche Minerva
Fondata nel 1943, è l’altra libreria storica di corso Vittorio stroncata dalla crisi
PESCARA. È un cimitero della cultura corso Vittorio Emanuele dove, accanto a Costantini costretto a ridimensionarsi dopo quasi cento anni di prestigiosa attività, un’altra libreria storica chiude «per colpa dell’affitto». È la libreria Minerva, come la dea della Sapienza, aperta nel 1943 dove c’è adesso il tabacchino (vicino al negozio di abbigliamento Terranova), a pochi metri dalla palazzina Benetton, e dal 1987 passata nel locale a due piani dove oggi due giganteschi poster avvertono: «Prossima apertura sigarette elettroniche».
«Per me è stata una tragedia ma ho dovuto farlo», dice amareggiato Pasquale Di Pino. «Ho rilevato il locale che avevo vent’anni. Era il 1963, venivo da Napoli dove facevo il rappresentante per una casa editrice. Mi assegnarono il Molise e l’Abruzzo, avevo l’ufficio in via Venezia. È così che venni in contatto con la vecchia titolare di Minerva, la signora Ottavia Diodato che mi disse di voler lasciare. E io mi feci avanti per rilevare la libreria».
È una storia tutta in salita quella raccontata da Di Pino, appassionato conoscitore di libri scolastici («una missione» dice) tanto da specializzarsi proprio in testi per la scuola.
«Venivano da noi anche da San Valentino e Caramanico, anno dopo anno con i clienti si è creato un rapporto quasi familiare, che è la cosa che più mi mancherà». Parla con amarezza Di Pino mentre, con la memoria, ripercorre tutte le tappe dei suoi cinquant’anni di attività. «Posso dire di essere stato uno dei primi a portare i gadget a Pescara, i coordinati scolastici, i primi Hello Kitty, ma anche Snoopy alla fine degli anni Settanta. Poi c’è stata la moda di Naj Oleari, gli zaini a bauletto, ma sono stato anche esclusivista Mont Blanc. Perché da me venivano non solo per i libri di scuola, ma anche per i regali per le comunioni: mi ero inventato, per esempio, le bomboniere con i libri. Ne abbiamo fatte parecchie, sempre grazie al rapporto con la clientela e alla grande collaborazione con le mie due dipendenti storiche Anna D’Alonzo e Luigina Ranalli». Ma tanto lavoro e tanta passione non sono bastati a sconfiggere la crisi che per Di Pino, non assicurato, è coincisa con un furto da 40mila euro, sei anni fa. «Erano i giorni di Pasqua, mi portatono via tutta la roba per le Comunioni, le lauree, la merce di Natale, tutto. È stata una mazzata, tanto che per quasi un anno non ho potuto pagare neanche le dipendenti. Poi ci si è messo il fatto che anche i centri commerciali hanno iniziato a vendere i libri scolastici, con una concorrenza che ha contribuito a far precipitare il fatturato proprio mentre la crisi incalzava. Quando poi mi sono visto chiedere da un mese all’altro 500 euro di affitto in più, con la pressione fiscale sempre più forte, non ho avuto dubbi: anche se a malincuore ho deciso di chiudere».
Una decisione in cui «assolutamente non c’entra», dice Di Pino, l’imminente sbarco di Costantini proprio lì a fianco. «Me ne sarei comunque andato, perché è cambiato tutto. A fare il libraio non si guadagna, ti deve piacere: non basta inserire la lista nel computer e dire se un libro c’è o non c’è. Il libraio deve saper consigliare, deve saper dire se que libro serve davvero oppure no».(s.d.l.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA