nella casa di via piemonte a villa canonico
I parenti: «Esecuzione inspiegabile Ma qualcuno ce l’aveva con lui»
MONTESILVANO . Silenzio e tensione. È questa l’atmosfera che si respirava ieri mattina in via Piemonte, nel quartiere Villa Canonico dove Antonio Bevilacqua è cresciuto dall’età di due anni, quando è...
MONTESILVANO . Silenzio e tensione. È questa l’atmosfera che si respirava ieri mattina in via Piemonte, nel quartiere Villa Canonico dove Antonio Bevilacqua è cresciuto dall’età di due anni, quando è arrivato con la famiglia da Melfi, città natale in provincia di Potenza.
Amici, conoscenti e parenti con i volti in lacrime e un dolore composto, hanno formato capannelli nelle vicinanze della sontuosa villetta rosa dove all’alba sono giunti dalla Basilicata anche i cugini del giovane rom freddato a colpi di fucile. Le donne dentro casa a consolare la famiglia, gli uomini in strada a commentare l’accaduto.
Tra loro parlano a bassa voce e fanno ipotesi: «Che può essere successo? Ieri era al ristorante a festeggiare con la famiglia, stava bene, era contento». Tra due ali di folla, le automobili entrano ed escono dal vialetto di pietra che conduce all’abitazione di due piani. Il ricordo di Antonio Bevilacqua è affidato agli zii Ruggero e Guerino che si chiedono «che nemici potesse avere un ragazzo di venti anni, solare e sempre allegro». «È stata una esecuzione spietata e inspiegabile», commenta Guerino Bevilacqua, che ha visto per l’ultima volta il nipote vivo nella giornata di giovedì: «Siamo stati in casa tutto il pomeriggio insieme alla famiglia, Gabriella e Maria, la piccolina di un anno. Antonio rideva e scherzava. Era sereno. Se avesse avuto delle preoccupazioni ce ne saremmo accorti, penso che ne avrebbe parlato con la famiglia. Ci avrebbe raccontato cosa lo tormentava». Ignaro di ciò che sarebbe accaduto soltanto qualche ora dopo.
«Verso l’una di notte», prosegue lo zio del giovane assassinato, «è uscito a comprare le sigarette, ma ha lasciato detto che si fermava a prendere una birretta, come fanno tutti i giovani. Si è messo a parlare con un amico al bancone, era di spalle alla porta. L’ho rivisto morto verso le tre di notte, quando sono arrivato al pub, dopo essere stato allertato da una telefonata in piena notte. Mio nipote era sotto un lenzuolo bianco, con il corpo riverso a terra, intorno alla sua testa un lago di sangue. Non mi hanno permesso di vederlo. Dal bar scappavano tutti, è rimasto solo il proprietario. Ma chi lo ha ucciso deve essere qualcuno senza scrupoli, un professionista. Perché dopo aver sparato un colpo secco, ha abbassato il fucile ed è uscito lentamente dal locale, dileguandosi».
Le voci che circolano nel quartiere sull’aspetto fisico del killer riferiscono di «un uomo palestrato, dalla corporatura robusta».
Qualcuno ipotizza che ci possa essere stato «uno scambio di persona» . Altri ritengono l’ipotesi improbabile, dal momento che l’assassino «ha chiamato per nome Antonio prima di fare fuoco».
La vittima si sarebbe salvata se non fosse uscita di casa venerdì notte?
«No, lo avrebbero freddato da qualche altra parte, in un altro momento. Qualcuno ce l’aveva con lui», ipotizzano i parenti del giovane, con precedenti, che «per vivere si arrangiava aiutando la famiglia nella compravendita delle auto. Qui al quartiere gli volevano bene».
Al bar Canonico, nelle vicinanze, gli anziani giocano a carte e commentano la tragedia: «Era educato, quando veniva al bar salutava tutti. Chi può averlo ucciso? Loro sanno», dicono con lo sguardo rivolto in direzione di casa Bevilacqua.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Amici, conoscenti e parenti con i volti in lacrime e un dolore composto, hanno formato capannelli nelle vicinanze della sontuosa villetta rosa dove all’alba sono giunti dalla Basilicata anche i cugini del giovane rom freddato a colpi di fucile. Le donne dentro casa a consolare la famiglia, gli uomini in strada a commentare l’accaduto.
Tra loro parlano a bassa voce e fanno ipotesi: «Che può essere successo? Ieri era al ristorante a festeggiare con la famiglia, stava bene, era contento». Tra due ali di folla, le automobili entrano ed escono dal vialetto di pietra che conduce all’abitazione di due piani. Il ricordo di Antonio Bevilacqua è affidato agli zii Ruggero e Guerino che si chiedono «che nemici potesse avere un ragazzo di venti anni, solare e sempre allegro». «È stata una esecuzione spietata e inspiegabile», commenta Guerino Bevilacqua, che ha visto per l’ultima volta il nipote vivo nella giornata di giovedì: «Siamo stati in casa tutto il pomeriggio insieme alla famiglia, Gabriella e Maria, la piccolina di un anno. Antonio rideva e scherzava. Era sereno. Se avesse avuto delle preoccupazioni ce ne saremmo accorti, penso che ne avrebbe parlato con la famiglia. Ci avrebbe raccontato cosa lo tormentava». Ignaro di ciò che sarebbe accaduto soltanto qualche ora dopo.
«Verso l’una di notte», prosegue lo zio del giovane assassinato, «è uscito a comprare le sigarette, ma ha lasciato detto che si fermava a prendere una birretta, come fanno tutti i giovani. Si è messo a parlare con un amico al bancone, era di spalle alla porta. L’ho rivisto morto verso le tre di notte, quando sono arrivato al pub, dopo essere stato allertato da una telefonata in piena notte. Mio nipote era sotto un lenzuolo bianco, con il corpo riverso a terra, intorno alla sua testa un lago di sangue. Non mi hanno permesso di vederlo. Dal bar scappavano tutti, è rimasto solo il proprietario. Ma chi lo ha ucciso deve essere qualcuno senza scrupoli, un professionista. Perché dopo aver sparato un colpo secco, ha abbassato il fucile ed è uscito lentamente dal locale, dileguandosi».
Le voci che circolano nel quartiere sull’aspetto fisico del killer riferiscono di «un uomo palestrato, dalla corporatura robusta».
Qualcuno ipotizza che ci possa essere stato «uno scambio di persona» . Altri ritengono l’ipotesi improbabile, dal momento che l’assassino «ha chiamato per nome Antonio prima di fare fuoco».
La vittima si sarebbe salvata se non fosse uscita di casa venerdì notte?
«No, lo avrebbero freddato da qualche altra parte, in un altro momento. Qualcuno ce l’aveva con lui», ipotizzano i parenti del giovane, con precedenti, che «per vivere si arrangiava aiutando la famiglia nella compravendita delle auto. Qui al quartiere gli volevano bene».
Al bar Canonico, nelle vicinanze, gli anziani giocano a carte e commentano la tragedia: «Era educato, quando veniva al bar salutava tutti. Chi può averlo ucciso? Loro sanno», dicono con lo sguardo rivolto in direzione di casa Bevilacqua.
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