Il sindaco: «Non lascio» Ma il Pd resta in silenzio
Alessandrini ammette: «Ho retrodatato l’ordinanza, ma in buona fede»
PESCARA. «Sì, ho firmato il testo dell’ordinanza per il divieto di balneazione il 3 agosto perché mi è stata sottoposta quel giorno e perché sapevo, con ampia buona fede che si trattava di un tecnicismo procedurale senza riflessi sulla salute pubblica. Ma non mi dimetto». Sono le parole pronunciate ieri da Alessandrini in una sala giunta affollata di assessori, consiglieri e attivisti del Movimento 5 Stelle. Il sindaco ha convocato all’improvviso una conferenza stampa per difendersi dagli attacchi dell’opposizione, che continua a chiedere a gran voce le sue dimissioni e per dare una nuova versione dei fatti, in merito alla vicenda dell’ordinanza fantasma, quella che avrebbe dovuto vietare, ma così non è stato, la balneazione il primo agosto, dopo che erano finiti in mare 30 milioni di litri di liquami per la rottura di una condotta in via Raiale.
Dall’inchiesta che la magistratura sta portando avanti è emerso che quell’ordinanza, peraltro mai resa nota alla popolazione, non è stata firmata il primo agosto. È stata sottoscritta il 3 dal sindaco, nonostante riportasse la data del primo e contestualmente revocata attraverso un’ulteriore ordinanza. È stato lo stesso Alessandrini, dopo essere stato messo davanti alle conversazioni intercettate dagli inquirenti, ad ammetterlo nei giorni scorsi dinanzi al magistrato che conduce l’inchiesta sul mare inquinato, in cui risulta indagato lui, il vice sindaco Enzo Del Vecchio e il dirigente Tommaso Vespasiano.
Ma chi pensava, o sperava, che il primo cittadino volesse chiedere scusa per quell’errore, o addirittura dimettersi, si sbagliava di grosso. Alessandrini va avanti. «Abbiamo risolto il problema il giorno del guasto», ha detto, «già il primo agosto il mare era pulito e, dunque, non ci sono mai stati problemi per la tutela della salute pubblica».
Il sindaco, tuttavia, ha preferito non commentare la notizia, apparsa sul Centro nei giorni scorsi, relativa al cambiamento della versione dei fatti sulla data della firma dell’ordinanza fornita in procura al pm Anna Rita Mantini. «C’è un procedimento in corso», ha affermato, «e non è questa la sede per affrontare certi argomenti». Alessandrini, noncurante della protesta messa in atto ieri dai grillini per chiedere le sue dimissioni, è poi passato al contrattacco. Si è scagliato contro il Movimento 5 Stelle, che ha chiesto ancora una volta di fare un passo indietro, anche in considerazione del nome che porta. Un riferimento al padre giudice ucciso da un commando di Prima linea alla fine degli anni Settanta. «Sono polemiche volgari e inaccettabili che investono la mia famiglia e la mia persona», ha commentato, «non c’è nulla di più violento che chiamare in causa persone che non ci sono più e non possono difendersi». Il sindaco non risparmiato nemmeno il centrodestra: «Prima di ergersi a moralizzatori pensassero alle secche finanziarie in cui ci hanno lasciato e all’inattendibilità dei bilanci che ci hanno lasciato in eredità». Parole che hanno fatto arrabbiare Forza Italia e ora qualcuno sta pensando di querelarlo. Dalla maggioranza, invece, non è arrivata nemmeno una parola di solidarietà al sindaco. Il gruppo consiliare del Pd è rimasto in silenzio e l’unica voce è stata quella del segretario cittadino Moreno Di Pietrantonio che mercoledì scorso ha espresso «Pieno sostegno ad Alessandrini». «Sicuramente ha agito in buona fede in questa vicenda e nell’interesse della città», ha osservato Di Pietrantonio.
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