«Volevo dire a Masci: aiutaci, non cediamo agli spacciatori». Parla Jennifer

11 Gennaio 2025

La ragazza che ha mandato in tilt l’aula consiliare: «Ho paura ogni volta che torno a casa. Con le videocamere davanti alle palazzine ci sentiremmo tutte più sicure»

PESCARA. «Non sono una matta! Io sono una persona onesta e ho paura. Non mi importa che cosa pensano di me. O che mi caccino. Non è giusto. Io voglio essere sicura in casa mia. Volevo dirlo al sindaco, faccia a faccia. Che cosa c’è di male? Perché mi hanno inseguito in aula? Io ho semplicemente detto: basta con gli spacciatori nel nostro quartiere».

Inizia così il racconto di Jennifer, la ragazza trentenne che ha gridato nell’aula consiliare per contestare il sindaco Carlo Masci. Jennifer abita in una delle case popolari di via Nora, alle porte di Rancitelli, quartiere periferico dove regna il degrado. Quando ha iniziato la sua contestazione – due giorni fa – sono stati mandati i vigili a cacciarla. Ne è nato un putiferio in aula e lei è diventata personaggio virale, anche se non vuole apparire in video o in foto. Sarebbe stata espulsa se non fossero intervenuti i consiglieri di opposizione.

Jennifer fa le pulizie, abita in un palazzina di tre piani Ater senza manutenzione da quattro anni. La piazza degli spacciatori di Rancitelli è a pochi metri, proprio dove dovrebbero sorgere i nuovi palazzi. Nel suo appartamento c’è una linea sul muro, come un termometro che sale ogni giorno. È il livello della muffa che è arrivata ad un metro e mezzo da terra. Il suo racconto inizia da questa macchia, che è come un timbro nella sua vita.

Come convive con la muffa?

«È una guerra. Ho dovuto spostare il letto in salone perché l’umidità nell’altra stanza è troppo forte. Sai come si dorme?».

Come si dorme?

«Non si dorme. La notte ti svegli soffocando: non respiri più».

Il sindaco Masci teme che lei sia una sua stalker.

«Io volevo solo raccontare al sindaco, faccia a faccia, i problemi che dobbiamo affrontare ogni giorno».

Lo racconti a ‘Il Centro’: quali problemi?

«Lo sa che qui dopo una certa ora qui non si può più stare in giro? Lo sa che neanche in casa mia io mi sento tranquilla?».

Mi faccia un esempio.

«A volte ti suonano tossici che confondono l’appartamento in cui comprano droga con il mio. È grottesco. Terribile».

E poi?

«Con le mie vicine – siamo quattro donne nella scala – dobbiamo anche stare attente agli occupanti abusivi. Ci difendiamo tra di noi, da sole».

E che cosa pensa che possa fare Masci?

«Voglio chiedere al sindaco di mettere delle videocamere davanti alle palazzine. Ci sentiremmo più sicure».

Sono solo paure o è qualcosa di più?

«Il 27 dicembre un uomo è entrato di soppiatto e ha provato a rompere la porta murata di uno dei due appartamenti sfitti che sono al terzo piano».

Ladri?

«No, peggio. Era una banda, che ha uno schema preciso. Mandano avanti uno di loro: gli manca una mano, ma sa usare bene il martello. Lui ha il compito di irrompere in casa».

E poi?

«Dal momento che è un portatore di handicap, una volta entrato dentro, secondo la legge non può essere cacciato».

Come è finita?

«Fortunatamente quella sera i carabinieri sono arrivati in tempo. Li hanno cacciati».

È finita bene.

«No. E se loro fossero riusciti ad entrare? Cosa avremmo potuto fare? Chi li cacciava più! Sono gang che tolgono la casa a chi ne ha diritto e bisogno».

Ha paura degli spacciatori la sera, quando torna?

«Le persone oneste non dovrebbero avere paura. Io sono una persona onesta, eppure di paura ne ho, e non è giusto. Per questo andavo dal sindaco».

Vorreste più protezione?

«Mentre gli altri vivono la loro vita tranquillamente, qui bisogna stare attenti al primo rumore. Dormiamo con un orecchio solo, perché ci potrebbe essere sempre un segnale di pericolo».

Il suo lavoro è faticoso?

(Mi lancia uno sguardo e ride). «Mi spacco la schiena, in piedi dalla mattina presto, e torno alle quattro del pomeriggio. Talvolta, entro in casa, con la schiena piena di dolori».

Che fa, si sdraia?

(Sorride). «Mi siedo e suono».

E che cosa suona?

(Impugna il legno). «Il violino!».

I suoi vicini la sentono.

«Sì. Sono appassionata di musica, fin da quando bambina. Ma sto imparando ora».

Perché?

Quando ero piccola non c’erano i soldi per pagarmi un maestro. A me sarebbe piaciuto, ma ho dovuto rinunciare».

Dove ha preso lezioni?

«Da sola. Da piccola suonavo la tastiera di mio fratello ma poi io non l’ho avuta. Ora ho questo strumento. Suono per imparare».

Con chi?

(Sorriso solare). «Da sola! Come ho sempre fatto. Il bello è che quando suono mi sento meno sola. Vuole sentire?».

Prende il violino e impugna l’archetto. Sul leggio “Fiore di maggio” di Fabio Concato. L’odore di muffa in via Nora, quando Jennifer suona, non si sente più.

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