Antonio De Remigis, il giovane sopravvissuto di Teramo

Barcellona

L’abruzzese sulla rambla: «Ho visto il killer fuggire» 

Il drammatico racconto di Antonio de Remigis, di Teramo, e degli altri ragazzi: «Per strada morti, feriti, urla. Il nostro pensiero va a chi non ce l’ha fatta»

PESCARA. Dopo il terrore è il giorno del dolore a Barcellona, ferita dagli attentatori dell’Isis. Ed emergono le prime testimonianze dei turisti abruzzesi scampati alla strage. Drammatica quella di Antonio de Remigis, di Teramo, che vive a Londra da 5 anni dove lavora come manager in un ristorante. «Ero stanco degli attentati», racconta, «e avevo deciso di trascorrere l’estate a Barcellona per stare più tranquillo. Come ogni giorno sono uscito di casa, io vivo proprio sulla rambla, e mi sono fermato a mangiare in uno dei bar che sono lì. Giusto il tempo di ordinare, che scoppia il delirio. Gente che scappava ovunque. Mi hanno chiuso nel locale e hanno abbassato le serrande, c’era gente che si rifugiava in casa di sconosciuti. Poi solo urla e sirene di ambulanze, polizia pompieri. C’è stato il panico, perché il tizio (l’attentatore, ndr), è sceso dal furgone ed è scappato in un mercato lì vicino. C’erano persone morte a terra, e si sentivano le urla di centinaia di feriti. Penso che non dimenticherò mai quel giorno». Francescostefano De Ponti e i suoi amici hanno trascorso la notte in hotel, ma dormire è stato impossibile, come racconta il ragazzo. Giovedì era a poche centinaia di metri da Plaza Catalunya con Alessandro Tarullo e un’altra coppia di giovani, quando il van è piombato sui turisti a spasso per la rambla. «Tre ore prima eravamo stati a pranzo tutti insieme», racconta, «a 20 metri dal luogo della carneficina. Poi ci eravamo diretti verso Casa Pedrera, per mostrare la città a questa coppia di amici, che alloggiano a Lloret de Mar, e che non erano mai stati a Barcellona. Ci eravamo allontanati non più di 4-500 metri, e avevamo appena ripreso a incamminarci verso Plaza Catalunya quando abbiamo sentito alle nostre spalle un signore che ci chiamava: Italianos, italianos… Era il conducente di uno degli autobus turistici scoperti che ci diceva di non andare a Plaza Catalunya perché c’era un attentato in corso. La prima cosa che abbiamo fatto è stato chiamare le nostre famiglie per informarle che stavamo bene». Francescostefano e l’amico Alessandro ripartono oggi alla volta dell’Italia. L’altra coppia di amici ha il volo prenotato per lunedì. «Eravamo a non più di 7-800 metri dal luogo dell’attentato, ed eravamo diretti all’Avenguda Digonal per vedere la Sagrada Familia». Inizia così il terribile racconto di Federica Giancola, ventinovenne pennese in vacanza con il suo fidanzato il giovane avvocato pescarese Jacopo D’Andreamatteo nella capitale della Catalogna. «È stato veramente bruttissimo», racconta, «i negozi hanno subito chiuso le porte e abbassato le serrande e non permettevano alle persone di entrare. Abbiamo immediatamente capito che fosse accaduto qualcosa di molto grave. La gente piangeva, correva, scappava impazzita. Dopo esserci allontanati dalla zona abbiamo avvisato parenti e amici che stavamo bene. È stato un vero inferno». Federica Giancola, giovane imprenditrice di Penne, è molto conosciuta nel capoluogo vestino dove è proprietaria di un centro estetico. Ieri mattina i due ragazzi sono tornati sul luogo dell’attentato per una preghiera per chi non ce l’ha fatta. «Anche in hotel abbiamo vissuto scene di panico e terrore. Gente sdraiata nella hall, lungo i corridoi. È stata un’esperienza che rimarrà per sempre scolpita nella nostra mente. Il nostro pensiero va a tutti quelli che hanno perso la vita».
(Ha collaborato
Francesco Bellante)
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