L’ex consulente Morelli: i sondaggi sono inutili, non si blocca una regione 

L’ingegnere aquilano interviene sugli sversamenti sotto i laboratori Gran Sasso «Le opere comporteranno un grave svantaggio per l’economia dell’intera zona»

L’AQUILA. C’è chi, rispetto ai lavori nel traforo, nutre qualche dubbio e rivolge critiche. Si tratta di Giorgio Morelli, ingegnere aquilano, già consulente per la questione degli sversamenti sotto i laboratori del Gran Sasso
la lettera
A tale proposito, invia una dettagliata lettera aperta, che si può sintetizzare tutto in una frase: «Si può bloccare una regione per dei sondaggi inutili e forse dannosi?». «L’argomento di questa lettera», sostiene, «riguarda un problema molto complesso che in questi giorni è tornato alla ribalta della cronaca. Parlo del Gran Sasso d’Italia e del suo imponente acquifero, risorsa naturale dell’intera Italia centrale.
chi è
Giorgio Morelli, ingegnere, già dirigente del Corpo forestale dello Stato è stato responsabile delle indagini nel 2002/2003, delegate dalla Procura di Teramo, per i reati connessi allo sversamento di trimetilbenzene dai Laboratori nazionali del Gran Sasso. In quella occasione ha svolto anche il compito di coordinatore del pool di consulenti tecnici incaricati dalla stessa Procura.
«Le notizie di questi giorni», aggiunge, «sono di lavori di carotaggi per indagini geognostiche, svolte per conto del Commissario Straordinario preposto alla soluzione delle criticità della circolazione dell’acqua del Gran Sasso, oggi a rischio per la salute umana. I lavori comporteranno un grave svantaggio per l’economia dell’intera zona oltre a rischi, paventati dai gestori dell’acquedotto, di intorbidimento dell’acqua»
i dubbi
«Ma a cosa servono questi sondaggi?», si chiede Morelli, «il Commissario è prima criptico poi contraddittorio. Al riguardo sono state rilasciate dal Commissario dichiarazioni molto laconiche ed in parte contraddittorie prima negando l’idea di nuove captazioni per poi accennare a nuove e diverse captazioni. Può essere utile rifarsi alle conoscenze attuali che, evidentemente, le prospezioni vogliono confermare o confutare. Copiosa è la letteratura scientifica e decisive le prove tecniche effettuate durante le prime indagini del 2002/2003».
l’acquifero
Secondo Morelli, inoltre, «l’elemento preponderante di queste conoscenze è che l’acquifero del Gran Sasso, sicuramente compartimentato, con velocità di spostamento dell’acqua variabile in funzione delle fratturazioni e discontinuità primarie e secondarie dell’ammasso roccioso, è in stretta e continua connessione idraulica».
«Ne fu prova», prosegue l’ingegnere, «già l’abbassamento di portata delle sorgenti al momento dell’iniziale emungimento (estrazione di acqua) degli scavi, ma questa connessione è stata ulteriormente dimostrata dal tracciante cromatico utilizzato durante le indagini del 2002 e 2003; questo, immesso negli scarichi all’interno delle sale dei Laboratori, nel versante Teramano, si disperse nella falda e fu da questa catturato e si ritrovò a sette chilometri, nell’altro versante della montagna, nelle vasca di accumulo dell’acquedotto dell’Aquila, si ritrovò, altresì, in due sorgenti, nel Teramano, esterne ai tunnel ed ai Laboratori».
la falda
«Dunque allo stato attuale delle conoscenze», dichiara ancora nella lettera, «qualsiasi contaminante si dovesse disperdere sotto il Gran Sasso la falda lo potrebbe diffondere e restituire ovunque! Non esiste una distanza di sicurezza dove attingere l’acqua da bere».
le proposte
Ecco le proposte dell’ingegnere. «Diviene allora obbligatorio separare e rendere stagni gli usi delle tre Strutture sotterranee. Sono passati 21 anni di Commissariamento e a oggi ancora non si conosce l’indirizzo progettuale che si vuole seguire? Se sì perché non si dichiara e si sottopone al prescritto dibattito pubblico? Orbene dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal Commissario si è saputo che una Società è stata incaricata della redazione del progetto di fattibilità tecnico economica, poi s’è saputo, sempre dalle sue dichiarazioni, che i sondaggi imminenti servirebbero per il documento di fattibilità delle alternative progettuali».
il codice degli appalti
Morelli precisa che «il codice degli appalti prevede una diversa scansione: il primo atto è il documento di fattibilità delle alternative progettuali (Docfap) e in esso si devono confrontare le scelte alternative del futuro progetto. In successione il codice, per questo tipo di lavori, prevede il Dibattito pubblico obbligatorio necessario per la scelta definitiva delle linee progettuali proposte dal documento precedente; a seguire si redige il Documento d’indirizzo progettuale (Dip), solo dopo con il Progetto di fattibilità tecnico economica (Pfte) si inizia il lavoro utile alla prima fase di progettazione che, quando completata, sarà posta come base per la gara d’appalto. Delle due una: i sondaggi a cosa servono? Al progetto di fattibilità? Alla ricerca delle alternative progettuali? La differenza è sostanziale! Se ancora non si sa l’uso dei risultati dei sondaggi perché farli? Una cosa è certa, i sondaggi in genere esplorano punti ben individuati. Sarebbe il caso di evitare sondaggi conoscitivi in mancanza di un’idea già vagliata da alternative progettuali e condivisa nel dibattito pubblico.