L’Udc abruzzese minaccia lo sciopero del voto alla politiche
«Paracadutati: ci dissociamo dalla linea padronale di Casini» Continuano le polemiche nel Fli sulla lista Monti al Senato
PESCARA. Il «partito padronale» non risponde. Il «traditore» Casini tace. Cesa e Buttiglione ai quali era stato chiesto una convocazione «ad horas» non rispondono. Ventiquattr’ore dopo l’autosospensione dell’intera Udc abruzzese l’unica cosa certa è l’identità della capolista alla Camera: Paola Binetti, ex Pd approdata all’Udc nel 2010. E del suo secondo: Giorgio De Matteis («tre legislature e quattro partiti alle spalle» fanno notare all’Udc).
Il presidente dimissionario della provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio si è dato ancora qualche ora per decidere se ritirare le dimissioni e tornare al lavoro nel suo ufficio di corso Marrucino.
Si fanno sentire anche i giovani dell’Udc. Il direttivo regionale presieduto da Fabio Travaglini e dalla coordinatrice regionale Gloria Colantoni prende le distanze dalla linea politica di Casini e Cesa, «riservandosi la libertà di future scelte politiche». I giovani centristi sono «stupiti e fortemente rammaricati», per un partito che «ancora una volta sordo alle esigenze dei territori, continua ad umiliare l'Abruzzo e i giovani agendo senza nessun criterio di meritocrazia e rinnovamento generazionale e puntando su candidature non concordate con la base degli iscritti».
Di Giuseppantonio non riesce a spiegarsi le scelte del vertice romano: «Certo tra il gruppo dirigente c’erano più aspirazioni, ma quando alla fine dei colloqui abbiamo lasciato Roma abbiamo detto a Casini: chiunque voi scegliate tra la classe dirigente abruzzese dell’Udc noi saremo d’accordo. Eravamo pronti a fare fronte comune.
Ma francamente non si capisce poi quali sono state le logiche: questa è una classe dirigente che dal punto di vista morale non ha dato mai problemi, che ha ottenuto risultati elettorali importanti; è una classe politica che ha credibilità perché non siamo gente adusa alle clientele. E siamo poi persone perbene». Credibnile e perbene è anche Lucio Gaspari, figlio di Remo, contattato mesi fa da Casini per un seggio al Senato e poi dimenticato (oggi Gaspari è con Tabacci).
Ore concitate anche sul fronte Senato con i finiani Berardo Rabbuffo e Maurizio Teodoro sul piede di guerra per la composizione delle liste (al Senato dove è capolista Nicoletta Verì sono stati inseriti al quinto e settimo posto).
Ieri il consigliere regionale Berardo Rabbuffo era a Roma al partito per chiedere chiarimenti sulla collocazione nella lista elettorale. «Noi abbiamo dato la disponibilità al partito a correre per le politiche, però volevamo essere coinvolti. Invece da Roma non abbiamo avuto nessuna comunicazione. Non c'è stato neanche un passaggio fondamentale come l’autenticazione dell'accettazione della candidatura. Eppure noi siamo la classe dirigente del partito. Due anni fa abbiamo fatto una scelta e siamo andati all'opposizione. E allora bisogna essere coinvolti rispetto al percorso che si fa, coinvolti sia nelle scelte che nei tempi delle scelte. E la candidatura apicale deve essere frutto di una sintesi dei territori».
Si aggancia a questa vicenda il coordinatore regionale della Destra Luigi D’Eramo per attaccare il deputato finiano Daniele Toto che domenica annunciava un’offensiva contro la maggioranza in Regione: «È inspiegabile il rancore politico che traspare dalle dichiarazioni di Toto rispetto alla coalizione di centrodestra che governa la Regione e che lui vorrebbe far cadere con "manovre di palazzo" invece che con la vittoria democratica alle prossime elezioni regionali», ha dichiarato D’Eramo.
Intanto un sondaggio del sito scenaripolitici.com dà il centrosinistra in Abruzzo al 35% ,in vantaggio sul centrodestra che si attesta sul 25%. I montiani sono al 13,5%
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