La mafia sui pascoli abruzzesi: 6 indagati e raffica di sequestri

27 Settembre 2023

Un maxi raggiro da sei milioni di euro scoperto dalla Finanza: speculazioni sulle colture 

La Procura distrettuale antimafia dell'Aquila e la Guardia di finanza di Pescara, con l'operazione "Transumanza", assestano un duro colpo alla mafia dei pascoli che da anni sta mettendo in ginocchio l'economia abruzzese in questo specifico settore. Pascoli fantasma e speculazioni sui titoli di coltura utilizzati per mettere a segno una maxi-truffa da 6 milioni di euro all'Unione Europea, e sullo sfondo la lunga mano della mafia del Gargano e in particolare della famiglia Li Bergolis che, secondo l'accusa, tirava le fila di questo affare milionario.
L’OPERAZIONE
Un'operazione delle fiamme gialle scattata ieri all'alba con l'esecuzione di misure cautelari personali per 25 dei 75 indagati (11 persone con l'obbligo di dimora cumulato con la misura interdittiva per 12 mesi, e altre 14 persone raggiunte dal divieto per 12 mesi di esercitare l'attività d'impresa, delle quali 12 accusate di associazione di stampo mafioso) e fra i destinatari di queste misure figura anche Francesca Federico di Popoli residente a Navelli e Americo Pezzopane dell'Aquila. Tra gli indagati abruzzesi figurano Luca Federico di Popoli, residente a Navelli, Renata Mysliwy polacca residente all’Aquila, Marina Casarin di Venezia residente all’Aquila, Fabio Giuseppe Borda, di Saluzzo (Cuneo) e residente all’Aquila. La finanza, che ha eseguito sequestri in varie regioni d'Italia (Abruzzo, Puglia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Lazio e Campania) ha anche posto sotto sequestro 5 milioni di euro a 24 imprese e 38 soggetti.
I REATI
Le accuse, a vario titolo, sono piuttosto pesanti: autoriciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, ricettazione, truffa aggravata ai danni dello Stato e per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in base alle quali il pm aveva chiesto anche una serie di arresti in carcere, non concessi dal gip. «Una vera e propria frode», ha dichiarato il colonnello Antonio Caputo, comandante provinciale delle fiamme gialle di Pescara, «messa in atto con contratti fittizi, fatture false e attraverso prestanome e aziende agricole inesistenti».
GLI INDAGATI
Tra i principali indagati i fratelli Armando e Mariano Berasi e Angelo Tarantino, «appartenente alla famiglia "Tarantino"», come scrive il gip aquilano Guendalina Buccella, «affiliata al clan "dei Montanari" (famiglia Li Bergolis della mafia garganica)». Una indagine complessa, durata due anni, con 100 mila intercettazioni telefoniche e 8.000 interrogazioni alle banche dati e accertamenti bancari su 270 conti correnti: «un meccanismo fraudolento», spiega il gip, «che da un lato consentiva la percezione indebita di ingentissimi contributi, dall'altro danneggiava il territorio e le imprese agricole oneste che di fatto venivano estromesse dai pascoli locali che, passati nella mani del sodalizio, venivano abbandonati e subivano la desertificazione, in quanto non adibiti ad alcuna attività agricola (essendo solo strumentali alla percezione dei contributi, senza l'effettivo esercizio dell'attività di pascolamento o sfalcio o spietramento o decespugliamento dello strato superficiale del terreno o risanamento idraulico». Un meccanismo gestito, stando all'accusa, «in maniera accentrata dal sodalizio e con la collaborazione di esperti del settore, tra cui taluni gestori di Centri di assistenza agricola compiacenti e professionisti specializzati che ne curano anche i contenziosi amministrativi e civili», e qui il giudice richiama in particolare le figure di due avvocati, uno di Formia con studio a Roma e una dell'Aquila con studio nel capoluogo adriatico, nel quale collaborava una delle principali indagate, residente proprio all'Aquila.
il meccanismo
Nella misura cautelare viene spiegato anche questo oliato meccanismo truffaldino. «Il sodalizio coordinato da Armando Berasi, legato al clan mafioso foggiano Li Bergolis, sfruttando la possibilità di taluni soggetti (rivelatisi prestanome) di ottenere in assegnazione gratuita i titoli Pac (Politica agricola comune) dalla Riserva Nazionale Titoli dell'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), percepiva indebitamente contributi comunitari per oltre 6 milioni di euro», con il coinvolgimento «riscontrato di società cooperative agricole impegnate a "far incetta" di terreni ad uso civico da destinare al pascolo e da cedere agli associati per consentire la percezione dei contributi; imprese agricole fittizie appositamente costituite e intestate a prestanome, aventi i requisiti formali per beneficiare della normativa per i giovani agricoltori; imprese agricole reali, collegate al sodalizio criminale alle quali vengono assegnati i terreni da abbinare ai titoli posseduti; ed infine i centri di Assistenza Agricola compiacenti che, oltre a detenere i fascicoli delle varie imprese agricole, si occupavano di inoltrare le istanze per l'ottenimento di titoli e contributi». E poi il giudice parla dell'assegnazione, mediante contratti, «stipulati con la società cooperativa agricola o l'associazione temporanea di imprese appartenente alla struttura criminale, di terreni agricoli (in genere in Abruzzo), al fine di abbinarli ai titoli per accedere ai contributi europei, prevedendo un corrispettivo che viene generalmente fatturato, ma non pagato dall'impresa creata ad hoc». Insomma, le aziende impegnate partecipavano ai bandi emessi dai Comuni abruzzesi, con il solo e unico obiettivo di ottenere terreni ad uso pascolo per poter così accedere ai fondi europei.