La marcia dei pensionati In tremila sfilano a Pescara

10 Novembre 2024

In piazza le storie di liste d’attesa e rinunce alle cure perché sono troppo costose

PESCARA. «Siamo tremila, una piazza così Pescara non la vedeva da tempo». Il boato scuote le fondamenta del vicino palazzo della Regione. Il palcoscenico di piazza Unione, con le bandiere della triplice - Cgil, Cisl e Uil con le rispettive sigle pensionistiche - che sventolano all’unisono e le diverse anime del Pd, della sinistra e del Movimento 5 stelle mescolate tra la folla, una fiumana di cittadini accorsi da tutte le province e dalle zone interne per protestare contro i tagli alla sanità e contro lo sgretolamento del diritto alla salute, è una risposta collettiva e trasversale alle politiche del centrodestra nazionale e locale. Un momento di rinnovata unità, come non si vedeva da tempo, e una bocciatura a tutto tondo delle nuove razionalizzazioni messe in atto dalla Regione e dalle quattro Asl.
Accantonate (almeno per oggi) le divisioni, il giorno della protesta diventa l’occasione per far sentire a voce alta il malcontento di chi quotidianamente paga sulla propria pelle l’allungamento delle liste di attesa per visite ed esami nelle quattro Asl. Una rappresentanza nutrita di quei 120mila abruzzesi, pari al 9,2 per cento delle famiglie, che secondo i dati diffusi dalla Fondazione Gimbe rinunciano alle cure perché non possono più permettersele.
«Che t’ha dett’ lu medich’? Ca ti pù murì», recita un cartello molto significativo, seguito da un altro, sempre in dialetto abruzzese, mostrato con orgoglio dalla Spi Cgil di Chieti: «C’ha dett’ Tumass Schael? Ca ti pù murì e ‘nni je ne frech!».
I DISABILI. Ad aprire il lungo serpentone che ieri alle 10 è partito da piazza Ovidio, a Pescara, sulle note della celeberrima canzone “I cento passi” dei Modena City Ramblers, attraversando parte della città fino alla tappa alle 11.30 in piazza Alessandrini, dove c’è l’assessorato alla Sanità, prima del comizio conclusivo intorno alle 12.30 in piazza Unione, sotto il palazzo della Regione, c’erano i disabili in carrozzina come Claudio Ferrante, Andrea Sansò e Maria Cristina Falone, tra le categorie più colpite dai tagli.
Subito dopo lo striscione “Sanità pubblica universale”: tre parole che hanno accompagnato uno dopo l’altro tutti gli interventi che hanno scandito le varie fasi della manifestazione. Particolarmente appassionato quello di Ferrante, che in veste di disability manager della Cgil Pescara ha minacciato di incatenarsi se non saranno finanziati i progetti della legge regionale sull’indipendenza.
«La pazienza è finita», annuncia, «siamo dovuti scendere in piazza perché la sanità pubblica è al collasso. Le persone con disabilità sono costrette a subire attese impossibili, devono indebitarsi per curarsi. Non è vero che non funziona niente: c’è qualcosa che funziona benissimo ed è l’intramoenia, se paghi ti curano». E via agli applausi.
«Le cure per le persone con disturbi del neurosviluppo devono essere immediate, perché ogni attimo di ritardo le fa regredire per tutta la vita», prosegue Ferrante, «chiediamo di riconoscere la figura del caregiver. E poi, che cosa sono 333 euro al mese di invalidità che noi percepiamo a fronte dei 333 euro al giorno degli assessori?», domanda alla folla che applaude.
LE STORIE. I racconti dei partecipanti al corteo hanno contenuti ed epiloghi simili.
«Mia sorella il 1° febbraio 2023 ha scoperto a 45 anni di avere un tumore al cervello, le avevano dato sei mesi di vita», evidenzia Alessandra D., «per fortuna intorno ha una famiglia in grado di prendersi cura di lei, socialmente ed economicamente, altrimenti non so cosa sarebbe successo. Sono iniziate le chemio e ogni mese dobbiamo fare i salti mortali per fare tutti i controlli e gli approfondimenti nei tempi giusti e anche per prenotare la risonanza all’Itab di Chieti, con un particolare strumento di contrasto 3d».
«Ho visto malati in lista d’attesa che si rassegnano, perché non possono spendere dai 400 ai 500 euro per una risonanza in una struttura non convenzionata. La sanità pubblica ha smesso di rispondere ai bisogni urgenti dei cittadini e questo non si può accettare».
Storie di liste di attesa diventate lunghissime, insostenibili e storie di servizi negati. «Devo fare un esame al cuore e non c’è posto né nel pubblico né nel privato convenzionato», dice Italo Febo, 78 anni di Spoltore, «intanto aspetto, non so come fare perché la pensione è bassa».
«A pagamento si ottiene tutto e in tempi brevi», gli fa eco Fortunato Rosadi, 88 anni di Pescara. Ed è significativo il dialogo tra due pensionati durante la marcia: «Diventeremo come l’America, potremmo curarci solo con l’assicurazione», dice uno. «Speriamo di non arrivarci», risponde l’altro. «Ci arriveremo, se la gente non si ribella», ribatte il primo.
Alfio Capodacqua e Silvio Bisegna arrivano a Pescara da Capistrello: «Un tempo i medici di base facevano da filtro, ma oggi con 1.700/1.800 mutuati vanno in difficoltà e al primo problema ti mandano al Pronto soccorso», analizzano, «ma abbiamo parenti che al Pronto soccorso sono rimasti per due giorni e due notti senza un minimo di conforto. Non è colpa dei medici, che fanno il possibile, ma ce ne vorrebbero molti di più. Così il sistema non va e la gente è esausta».
LA POLITICA. A ingrossare il lungo serpentone colorato che ieri ha sfilato tra le strade di Pescara, raccogliendo un grande flusso di partecipanti dalla città e dalla sua provincia, c’erano le delegazioni partite con 26 autobus da tutto l’Abruzzo: L’Aquila, Teramo, Chieti, Pineto, Roseto, Lanciano, Vasto, Avezzano, Sulmona e la Valle Peligna, per citarne alcune.
Oltre ai sindacati con i segretari generali regionali Carmine Ranieri (Cgil), Giovanni Notaro (Cisl) e Michele Lombardo (Uil), Antonio Iovito (Spi Cgil Abruzzo Molise), Vincenzo Traniello (Fnp Cisl Abruzzo Molise) e Alfredo Moschettini (Uilp Uil Abruzzo), tra la folla anche alcuni consiglieri regionali come Silvio Paolucci, autore della proposta di legge per aumentare fino al 7,5% del Prodotto interno lordo (Pil) la cifra da destinare alla sanità pubblica in Abruzzo.
«La raccolta firme è partita», spiega Paolucci, «c’è entusiasmo anche da parte di questa piazza e dei tre sindacati, che ci aiuteranno a presentare il disegno di legge per consentire alla sanità pubblica di avere più risorse».
Al suo fianco i colleghi Luciano D’Amico, a capo del Patto per l’Abruzzo, Antonio Blasioli (Pd) e Francesco Taglieri (Movimento 5 stelle), seguiti dal segretario regionale dem Daniele Marinelli e altri rappresentanti di Avs, mentre in piazza Unione sono arrivati anche Antonio Di Marco (Pd) ed Erika Alessandrini (M5s). In sottofondo i suoni della piazza con “La guerra di Piero” e “L’internazionale” a scandire gli interventi sul palco.
Toccante quello del sindaco di Chieti, Diego Ferrara, che ha preso la parola a nome del comitato ristretto dei sindaci: «Ho 75 anni, sono anch’io un anziano», dice, «quando ho avuto problemi cardiovascolari, non volendo approfittare del mio ruolo istituzionale, mi sono messo in fila al Cup come tutti i cittadini. Ci sono voluti 6 mesi per fare gli accertamenti, solo dopo ho saputo che in quel frangente sarei potuto morire. Ma questo può succedere a tutti, è per questo che dico basta: la salute non può avere colori politici». E giù il ritornello di “Bella ciao” a evocare simbolicamente il rischio che, se non si inverte la rotta, l’Abruzzo potrebbe andare incontro a una rivolta sociale.
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