Le dimissioni di Benedetto XVI, il difficile rebus del successore

Scola, Bagnasco, Ouellet: primi nomi di candidati per un’elezione al momento indecifrabile

ROMA. Quello che si apre ora è uno scenario insolito. Chi succederà a Ratzinger? Le previsioni, da qualunque parte esse arrivino, restano tali: basti pensare ai tanti esperti dei “Sacri Palazzi” che, nei mesi scorsi, molto hanno scritto sulla impossibilità di una tale decisione da parte del pontefice tedesco. E, invece. A decidere il futuro prossimo del Vaticano post-Ratzinger sarà ora però il Conclave, sebbene non sia ancora nota la data della sua convocazione. Non sarà però necessario osservare - come sottolineato da padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano - i cosiddetti novendiali, cioè i nove giorni di lutto dopo la morte di un Papa. Quando sarà iniziato, tutti i cardinali elettori si riuniranno nella basilica di San Pietro per celebrare la Missa Pro eligendo Romano Pontifice. Il termine "Conclave" viene infatti dal latino "cum clave" ad indicare che i cardinali saranno chiusi a chiave nella Cappella Sistina, finché non sarà eletto con i due terzi dei voti il nuovo papa. Nel frattempo l'ormai (soltanto) cardinale Joseph Ratzinger, che non potrà partecipare al Conclave, si recherà a Castel Gandolfo in attesa di stabilirsi nella sua nuova casa nel monastero delle suore di clausura in Vaticano.

E già impazzano le voci sui nomi cosiddetti papabili, per l'appunto. Poiché l’unico modo legittimo per un pontefice di influenzare la scelta del suo successore sta nella creazione dei cardinali, scorrendo i nomi di quelli scelti da Benedetto XVI dal 2006 a oggi non risulta però che vi sia un chiaro disegno di ipotecare il futuro conclave. Quello che è certo è che con i sei cardinali non italiani e non europei da lui creati nell'ultimo concistoro del 2012, Benedetto XVI ha voluto dare evidenza, questo si, all'universalità della Chiesa.

Come a voler sgomberare ogni diceria su un “candidato” italiano, ha detto: «Io ho voluto, con questo piccolo concistoro, completare il concistoro di febbraio, mostrando che la Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, parla in tutte le lingue». Il 18 febbraio 2012, infatti, il Papa impose la berretta a 22 ecclesiastici, 18 dei quali con meno di 80 anni e quindi con diritto di voto in conclavi. E la stragrande maggioranza di loro (14 con diritto di voto) provenivano dall’Europa e in particolare dall’Italia (7, tutti elettori). In questo concistoro "complementare", invece, la berretta viene imposta a 6 nuovi porporati nessuno dei quali originario dell'Italia o del Vecchio Continente.

Sul piano della rappresentanza geopolitica dei votanti, il continente più rappresentato rimane però l’Europa con 62 cardinali (il 51,6%). Seguono le Americhe, l'Africa e l'Asia. Delle nazionalità più rappresentate dopo l'italiana, il gruppo più numeroso è quello statunitense. Seguono brasiliani e tedeschi, quindi indiani e spagnoli. Ultimi i francesi, i messicani e i polacchi. Pur con l'intento di bilanciare la rappresentatività dei vari continenti, figure italiane sono tuttavia in lizza per il soglio pontificio. Innanzitutto l'arcivescovo genovese, cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana: forte nella sua posizione dottrinale e molto attento alla "comunicazione", Bagnasco ha dimostrato di avere un ottimo seguito sia tra i giovani che nel mondo della politica. Come pure il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano che non ha mai nascosto le sue origini cielline. Quindi Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano della Cultura, particolarmente amato anche dai laici per la profondità di pensiero e per saper tendere la mano alla cultura “altra”, fuori cioè dagli ambienti ecclesiastici. Ci sono poi l’arcivescovo Luis Antonio Tagle, 55 anni, di Manila nelle Filippine, comunicatore di talento, ricercato speaker sui media. E Marc Ouellet, canadese, criticato però in Usa e in Canada tra le vittime dei preti pedofili per la sua nomina a capo della Congregazione vaticana per i vescovi.

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