«Le farmacie possono salvare la sanità»
L’aquilano Gizzi, fondatore e presidente onorario di Assofarm: «Dai vaccini alle analisi, sono presìdi per i cittadini»
L'AQUILA . La farmacia come presidio sanitario e sociale. Un ruolo complementare, non sostitutivo, a quello dei medici di base per tamponare le tante carenze della medicina territoriale e frenare l'assalto a pronto soccorso e ospedali. Lo disegna così Venanzio Gizzi, presidente onorario Assofarm, l'associazione nazionale farmacie comunali e presidente dell'Uesp, Unione europea delle farmacie sociali, il futuro delle farmacie. Gizzi, aquilano, ha ricevuto venerdì scorso, a Pisa, in occasione delle Giornate di studio dedicate alle pratiche farmaceutiche, il premio “Bunsen d'oro 2024” alla carriera.
Presidente, un premio che nasce da lontano.
Era il 1997 quando, insieme al dottor Nello Martini, in uno studio presentato all'Aifa, ipotizzai una diversa remunerazione per i farmacisti. Già da allora avevamo avuto l'intuizione di una farmacia con funzione di vicinato e valenza sociale per rispondere alle molteplici esigenze di salute dei cittadini.
Non è stato il solo ad essere premiato a Pisa.
Con me hanno ricevuto il riconoscimento Bunsen d'oro anche il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, e la farmacista Bruna Vinci, dell'Aifa (Agenzia italiana del farmaco).
Con quali motivazioni?
Per sottolineare il lavoro svolto a favore del sistema farmaceutico nazionale, nello specifico durante il periodo del Covid, e per lo sviluppo delle farmacie comunali in Italia. Una collaborazione assidua, nel corso di 30 anni di presidenza di Assofarm, con il ministero della Salute, le Regioni, l'Istituto superiore di sanità.
Una macchina sanitaria imponente. Com'è cambiato il ruolo delle farmacie negli ultimi anni?
Dobbiamo dire che le farmacie ancora non sono perfettamente valorizzate sotto il profilo normativo, ma lo sono state dai cittadini, durante il Covid, come uno dei pochissimi luoghi di riscontro, aperti, dove i pazienti potevano essere ascoltati e dove trovare soluzioni ad un'emergenza enorme e drammatica.
Si sente un precursore di questo modello?
Già in tempi non sospetti avevamo intuito un futuro diverso per la farmacia, intesa come presidio sanitario territoriale vero e proprio in stretta collaborazione con i medici di base, gli specialisti e tutti gli altri operatori della salute.
Le liste di attesa e i tempi biblici in pronto soccorso la dicono lunga...
In Italia, finalmente, si è compreso che c'è molto più bisogno di presidi territoriali, di medicina preventiva e territoriale. Sono 20mila le farmacie pubbliche e private che possono dare una risposta concreta e fattiva alle esigenze dei pazienti e dei cittadini per quanto riguarda la medicina sul territorio. Soprattutto per le categorie più deboli, anziani pazienti fragili, malati cronici.
Oggi le farmacie che tipo di servizi offrono?
In farmacia si può fare quanto previsto dalla legge che ha istituto, nel 2009, le Farmacie dei servizi. Un modello che si sta attuando dopo tanti anni e che prevede nuove attività.
Ad esempio?
Vaccini antinfluenzali e contro il Covid, telemedicina, elettrocardiogrammi, holter pressori e cardiaci, analisi di laboratorio di prima istanza, attività cognitive, la presa in carico del paziente e la verifica dell'aderenza del farmaco alle terapie come avviene in altri Paese europei dove la Farmacia dei servizi è stata già strutturata da tempo. Stanno lavorando perché ci possa essere anche il farmacista di famiglia.
Quando arriveremo a questo in Italia?
Speriamo che si facciano norme che possano attribuire un vero valore al binomio farmacia – farmacisti, puntando su un lavoro sinergico con i medici, rispettando ciascuno le proprie competenze. (m.p.)
Presidente, un premio che nasce da lontano.
Era il 1997 quando, insieme al dottor Nello Martini, in uno studio presentato all'Aifa, ipotizzai una diversa remunerazione per i farmacisti. Già da allora avevamo avuto l'intuizione di una farmacia con funzione di vicinato e valenza sociale per rispondere alle molteplici esigenze di salute dei cittadini.
Non è stato il solo ad essere premiato a Pisa.
Con me hanno ricevuto il riconoscimento Bunsen d'oro anche il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, e la farmacista Bruna Vinci, dell'Aifa (Agenzia italiana del farmaco).
Con quali motivazioni?
Per sottolineare il lavoro svolto a favore del sistema farmaceutico nazionale, nello specifico durante il periodo del Covid, e per lo sviluppo delle farmacie comunali in Italia. Una collaborazione assidua, nel corso di 30 anni di presidenza di Assofarm, con il ministero della Salute, le Regioni, l'Istituto superiore di sanità.
Una macchina sanitaria imponente. Com'è cambiato il ruolo delle farmacie negli ultimi anni?
Dobbiamo dire che le farmacie ancora non sono perfettamente valorizzate sotto il profilo normativo, ma lo sono state dai cittadini, durante il Covid, come uno dei pochissimi luoghi di riscontro, aperti, dove i pazienti potevano essere ascoltati e dove trovare soluzioni ad un'emergenza enorme e drammatica.
Si sente un precursore di questo modello?
Già in tempi non sospetti avevamo intuito un futuro diverso per la farmacia, intesa come presidio sanitario territoriale vero e proprio in stretta collaborazione con i medici di base, gli specialisti e tutti gli altri operatori della salute.
Le liste di attesa e i tempi biblici in pronto soccorso la dicono lunga...
In Italia, finalmente, si è compreso che c'è molto più bisogno di presidi territoriali, di medicina preventiva e territoriale. Sono 20mila le farmacie pubbliche e private che possono dare una risposta concreta e fattiva alle esigenze dei pazienti e dei cittadini per quanto riguarda la medicina sul territorio. Soprattutto per le categorie più deboli, anziani pazienti fragili, malati cronici.
Oggi le farmacie che tipo di servizi offrono?
In farmacia si può fare quanto previsto dalla legge che ha istituto, nel 2009, le Farmacie dei servizi. Un modello che si sta attuando dopo tanti anni e che prevede nuove attività.
Ad esempio?
Vaccini antinfluenzali e contro il Covid, telemedicina, elettrocardiogrammi, holter pressori e cardiaci, analisi di laboratorio di prima istanza, attività cognitive, la presa in carico del paziente e la verifica dell'aderenza del farmaco alle terapie come avviene in altri Paese europei dove la Farmacia dei servizi è stata già strutturata da tempo. Stanno lavorando perché ci possa essere anche il farmacista di famiglia.
Quando arriveremo a questo in Italia?
Speriamo che si facciano norme che possano attribuire un vero valore al binomio farmacia – farmacisti, puntando su un lavoro sinergico con i medici, rispettando ciascuno le proprie competenze. (m.p.)