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«Le pizzette del liceo e quella mitica finale»

Il sindaco Marco Alessandrini e la terza F del Classico: amici per la vita

PESCARA. Inizia a raccontare il “suo” liceo Classico partendo da una finale. «Partita di basket “F” contro “C”, patrizi contro plebei», scherza il sindaco Marco Alessandrini, «era il 1989, l’anno della maturità. Vincemmo la coppa noi della F, con le magliette gialle e una sola scritta in greco: Hybris, da pronunciare come la pronunciava la Filograsso, la nostra adorata prof di greco: uuuubris. La tracotanza degli dei». Di quella mattinata di festa al D’Annunzio tira fuori perfino il video, Alessandrini, che mentre racconta, rivive emozioni e colori di allora sciorinando a memoria l’intera formazione: «Le due guardie D’Ambrosio e D’Incecco, ali Di Sipio e Gianluca Sala del primo, credo; io capitano e pivot. Sesto uomo Di Cioccio e anche un gorillesco Paolo Milia pronto a entrare. Dall’altra parte i bravi, in senso manzoniano: Marco Faieta, Goffredo Tatozzi, Gino Dell’Orletta e Ranieri Rocchi, un talentuoso, con la quota rosa Federica Ferri. Tutti amici, allora come adesso».

A distanza di quasi trent’anni che cosa è rimasto di quei tempi?

L’amicizia. Ho una concezione deamicisiana della scuola, la scuola che gronda sentimenti, con le amicizie che ti accompagnano tutta la vita. Per me è stato così. Con la mia classe e con quella terza C che incontrammo alla finale di basket. Con loro abbiamo fatto il Classico in parallelo, dalla gita del quarto ginnasio a Vienna, in avanti. E abbiamo continuato a frequentarci sempre anche l’estate, prima sotto l’ombrellone di mia madre al Lido e poi via via a Saturno, Miramare, a Istria per dieci anni e infine a Nettuno. Il gruppo iniziale si è ristretto, certo, ma lo zoccolo duro è rimasto».

Ci parli dei suoi compagni. Intanto chi era il suo vicino di banco?

Mario D’Incecco, oggi ingegnere a Milano, unico 60 di quella classe. Eravamo in ultima fila, un giro di traduttori vorticoso, i bravi erano tutti dietro. Davanti a noi Di Cioccio, bocconiano, e Michele D’Ambrosio, notaio. Più avanti Sonia Porreca, magistrato in Emilia, Federica Liberatore avvocato, la mia amica di una vita Marialuigia Pomponio, Silvia Mercurio, e poi Barbara Perrone e Gaia Ciampoli, i cugini Milia, Paolo e Roberto. Il primo neurologo a Perugia e l’altro avvocato. Poi Roberto Di Paolo, è diventato sacerdote, mi dicono direttore dell’istituto Toniolo e non mi stupisce. Preparatissimo, recitava a memoria i passi della Divina Commedia, veniva a scuola in bicicletta. Nicola Battista era specializzato nelle imitazioni dei prof, lui e Fabrizio Di Sipio. Eravamo 28.

Materia preferita?

Greco. Molte delle cose che studiavo allora mi sono rimaste. Come ce la raccontava la Filograsso, non mi sembrava una materia barbosa. Anche se mi ricordo anche le terribili “generali” di greco della Filograsso, interrogazioni che anticipavano gli esami dell’università. Ti dovevi preparare su tutte le tragedie e poi ti chiedeva a caso un brano da leggere e tradurre con la metrica e tutto.

Ha citato la finale di basket. Si ricorda il professore di educazione fisica?

Certo, il mitico Guerzoni. Con lui, Pescara sembrava che fosse Rio de Janeiro.

E poi?

Poi Scudieri, di latino. Era a fine carriera, molto mite. E ne approfittavamo. La lady di ferro, invece, la Margareth Tatcher del liceo, era la Flocco, la professoressa d’inglese. Entrava in classe e parlava in inglese. Con lei abbiamo fatto la sezione sperimentale quando l’inglese si faceva solo al ginnasio, e noi continuammo fino al terzo liceo. Ci faceva imparare a memoria i pezzi di Shakespeare che mi sono rivenduto anche in campagna elettorale. Poi, Pagliarello di Storia e filosofia, Cervone, Febbo e Furcese di matematica e al ginnasio De Berardinis, bravissimo, in quinto ginnasio ci faceva leggere Baudelaire. Con lui ci siamo risentiti ora che sono sindaco per la questione dei decibel in centro, era arrabbiatissimo.

Parliamo degli amori. In classe com’era la situazione?

Siamo arrivati ad avere sei coppie in classe, ma solo due hanno resistito: Isabella Scorrano e Roberto Milia che si sono sposati, Gaia Ciampoli e Matteo Bascelli che vivono insieme a Milano.

Dalla vostra classe è uscito lei, un sindaco. Ma anche medici, notai, avvocati, magistrati. C’era rivalità?

No, eravamo molto uniti, eravamo puri. E poi stavamo insieme anche fuori dalla scuola. L’estate, ma anche durante le vacanze di Natale. Non solo la mia classe, ma anche con il gruppo della C. Mi ricordo il periodo di Natale del terzo liceo, le prime patenti, passammo una nottata indimenticabile a casa di Andrea Costanzo, della C appunto, a Montesilvano Colle. Rientrammo alle 7 del mattino, quando non esistevano ancora i telefoni cellulari. I genitori per tutta la notte erano stati ad aspettarci, mia madre era nera, mi ricordo una punizione sonora con la limitazione delle uscite che iniziarono subito per la festa di 18 anni di Di Cioccio. Sognavamo un’altra notte brava e invece finì con la cena allo Scaricarelle e tutti a casa.

Qualche soprannome?

Non avevamo soprannomi, ci si chiamava per cognome. Anche adesso.

Ricorda una cosa in particolare di quel periodo?

Le pizzette della pizzeria Liceo. Appuntamento fisso all’uscita, ma non solo. Quando avevamo l’aula a piano terra, dalla finestra chiedevamo ai passanti di comprarcele. E una nostra amica, Maria Marchetti, conobbe il fidanzato proprio così. E poi c’era Ida la bidella, un personaggio. Anche lei ci aiutava smerciando le pizze.

Sua moglie ha fatto il Classico, l’ha conosciuta ai tempi della scuola?

Mariela era una delle più belle della scuola, me la ricordo, ma abbiamo iniziato a frequentarci dopo. Ci rincontrammo sul treno, tornando dalle rispettive università. Io da Milano e lei da Bologna.

Voto della Maturità?

Ero bravo, puntavo al 60 ma presi 54. Quell’anno uscì il Latino e la versione era su un’opera minore di Tacito, Dialogus de oratoribus. Le correzioni furono molto severe, basti pensare che l’anno prima dalla terza F erano usciti dieci 60 e quell’anno invece solo uno, Mario D’Incecco appunto.

Che ha fatto dopo il liceo?

La Statale a Milano.

Che voleva fare da grande, avrebbe mai immaginato di diventare sindaco?

Ho sempre immaginato una destinazione forense, avvocato come mio nonno o magistrato come mio padre. Mai avrei pensato al sindaco.

Che cosa rimpiange degli anni del liceo?

La giovinezza.

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