«Montesilvano è esplosa ma non è ancora una città»

I professionisti analizzano l’urbanistica: «Troppo cemento per colpa del Prg del 1999 per il rilancio è necessario realizzare un collegamento tra il centro e la riviera»

MONTESILVANO. «Montesilvano è un grosso quartiere, non è una città». È apodittica, senza possibilità di replica, la definizione che dà Luigi Marchegiani, 57 anni, ex assessore con Cantagallo, ex capogruppo Pdl con Cordoma e architetto di professione dal 1983 e che oggi guida cantieri nei pressi del Comune, in via del Borgo e in via Moncenisio.Quella di Marchegiani è una delle voci degli architetti: Montesilvano Oggi è andato a esplorare, attraverso le analisi dei professionisti, com’è e come eventualmente dovrebbe essere la città da un punto di vista dell’organizzazione dello spazio.

L’ex consigliere. «Noi paghiamo», argomenta Marchegiani, «gli effetti disastrosi del 1999, l’anno del piano regolatore approvato poi nel 2001. Anni di ordinaria follia», dice parafrasando il titolo di un film di Joel Schumacher, «nei quali si è costruito tantissimo. Ma, nell’occasione, si perse invece quella possibilità di dare un volto cittadino a Montesilvano. Ora l’unica possibilità sarebbe quella di un piano di recupero, che dovrebbe coinvolgere soprattutto quelle case realizzate negli anni ’60-’70, vicino al mare e in via Vestina». La ricetta dell’architetto Marchegiani è chiara: «Si dovrebbe dapprima perimetrare, poi abbattere e infine ricostruire. E ricostruire significa edificare pensando agli spazi pubblici come i marciapiedi, ad esempio, che a Montesilvano mancano, allargando le strade. Si dovrebbe ripartire con costruzioni alte 12 metri sulla fascia costiera, per poi costruirne di più alte man mano che si va all’interno, fino ad arrivare sulla via Nazionale, per realizzazioni di 20-22 metri di altezza». I tempi? «Questi si dovrebbero aggirare intorno ai 15 anni. E, naturalmente, prima si comincia, prima si finisce. Dunque l’amministrazione comunale questo dovrebbe fare», sottolinea Marchegiani. «Tra l’altro questa sarebbe anche un’opportunità per tutti: per i residenti, che si vedrebbero ristorati dai costruttori, i quali, a loro volta, impiegherebbero i loro investimenti in maniera vantaggiosa. Ma questa potrebbe essere un’iniziativa anche dell’amministrazione, la quale potrebbe sdemanializzare quei circa 100 mila metri quadrati di terreni inservibili che possiede, per impiegare i ricavati in queste opere. Certo, mi rendo conto che potrebbe essere difficile, poiché le persone sono molto affezionate alle proprie abitazioni, ma mi pare l’unica soluzione possibile. Altrimenti a Montesilvano si morirà di cemento».

Il progettista. Anche Francesco Vaccaro, 62 anni, un architetto negli anni passati prestato alla politica in consigli e giunte comunali ai tempi di Renzo Gallerati ed Enzo Cantagallo, nonché autore, nel 1995, della stesura del Piano particolareggiato numero 1, interviene nel dibattito: «La città non è di Montesilvano, poiché, se fosse nostra, cioè dei progettisti, sarebbe diversa», esordisce, aggiungendo che «continua a essere dormitorio di Pescara e territorio di attraversamento per altri Comuni, mentre invece dovrebbe avere una vocazione turistica. Qui andrebbero fatte subito delle scelte importanti, come la riqualificazione di tutta la riviera, che è nel degrado: si guardi il marciapiede, imparagonabile a quello di Pescara. Poi c’è la pineta, che però divide e non unisce la città: tra il mare e la città, a causa di questa, non c’è collegamento. La pineta al contrario dovrebbe diventare un luogo che va vissuto, non buono soltanto per portare a spasso i cani, attraverso l’installazione di percorsi pedonali in legno e di un chiosco». Lo sguardo di Vaccaro tocca anche il fiume Saline, a metà tra Montesilvano e Città Sant’Angelo. «Ai lati di esso andrebbe costruito un percorso, di ghiaia mista frantumata, per le bici. A breve», poi aggiunge l’architetto, «tra la strada statale 16 e la 16 bis, sorgerà una nuova arteria che congiungerà Città Sant’Angelo a Montesilvano, la quale andrà a sostituire la lungofiume. Ebbene, tra il fiume e la nuova strada si potrebbe realizzare qualcosa».

Tesi su Montesilvano. «Secondo me», riflette invece Giuseppe D’Onofrio, architetto di 45 anni, che ha discusso una tesi di laurea proprio analizzando il territorio di Montesilvano, «la città non è molto diversa dalla altre. Certo», evidenzia mettendo in luce un linguaggio molto tecnico, «Montesilvano denota una qualità spaziale priva di prestazioni. E noi lo avvertiamo», prosegue, «perché siamo vincolati dalle norme di attuazione. Tuttavia, anche da uno sguardo dall’alto, si nota che una delle problematiche della città sono le strade di tre metri». Fuori da quanto ascoltato finora è invece la panacea che D’Onofrio offrirebbe a Montesilvano. «Secondo me non andrebbero demolite quelle parti della città ritenute inappropriate, ma andrebbero compiuti interventi di retrofitting, ovvero degli interventi sul patrimonio edilizio già esistente. Detto questo», termina, «va comunque cambiato quell’atteggiamento che vede le strade come un parcheggio e la scomparsa delle piazze».

La collina. Sulla ripartizione della città interviene Lorenzo Martella, 35 anni, dal 2002 alle prese con compassi, matite e calibri. «A Montesilvano manca una zonizzazione netta e mancano le opere di urbanizzazione: normalmente si concedono prima le autorizzazioni e poi si costruiscono le strade, si allestiscono i servizi e altro. Qui accade però il contrario e il riferimento va soprattutto alla zona collinare. Comunque», precisa Martella, «bisognerebbe costruire meno e con più qualità». Una ricetta? «Potrebbe essere quella nella quale le cose fatte male rimangano come monito, in quanto la demolizione potrebbe essere un altro via libera a costruttori che potrebbero riprodurre le medesime opere».

«Città nata per caso». «Montesilvano? Una città nata per caso», rimarca Angelo Palanza, 69 anni, il quale, pur abitando nella città di Troiano Delfico, lavora a Pescara. «Montesilvano ha un piano regolatore che è andato avanti così, senza una logica. In città manca tutto: le strade sono strette, per dirne una, e c’è troppa cementificazione. Vicino ai Grandi alberghi ci sono migliaia e migliaia di appartamenti e sulla riviera c’è un restringimento».

«Crescita incontrollata». «Io credo che la situazione di Montesilvano sia analoga a quella di molte altre realtà», rileva un altro professionista locale, l’architetto Antonio D’Arcangelo, 63 anni, e da circa 40 impegnato in progettazioni. «Tuttavia si nota un errore, diciamo così, da passato remoto, consistente in una crescita incontrollata. Inoltre», segnala, «quanto ritenuto certo che si facesse, non è mai decollato. La sistemazione urbana è poi in decadimento». D’arcangelo poi ripropone il tema del collegamento mare-collina. «Si guardi la strada parco: altro non è che un’altra barriera, come la ferrovia divelta, tra la fascia marina e la parte alta della città».

Parcheggi e scuole. Critico anche Bruno Di Fonzo, 71 anni, dei quali 40 da architetto: «Alcune aree destinate ai parcheggi e alle scuole sono state trasformate. Mentre in collina, da una cubatura prevista di 100 mila metri cubi, sono arrivati a 5 o 6 volte tanto».

«Città esplosa». Sull’argomento interviene anche Marco Volpe, 48 anni, ex presidente provinciale dell’Ordine degli architetti, reduce da un convegno romano nel quale ha trattato proprio la situazione urbanistica di Montesilvano. «L’ultimo piano regolatore ha detto il dove, ma non il quando: e quindi Montesilvano in pochissimi anni è esplosa», mette in luce Volpe, che, tra l’altro, è anche presidente dell’associazione Bene Comune. «La collina poi è compromessa e bisogna capire come sostituire parti della città, nelle quali, in certi punti, non entrano un’automobile ed un pedone insieme. Montesilvano, sarà un luogo comune, ma è così, non ha identità, e pertanto un pensiero volto ad un centro urbano fa bene, poiché la città è costruita intorno alle infrastrutture. Dunque si pensi ad un centro urbano», esorta Volpe. «E in tal senso non ci si concentri solo sulla zona del Comune o su quella della stazione ferroviaria, ma si guardi verso il mare. Montesilvano, infatti, dovrebbe puntare sul turismo». Il cono di luce poi si sofferma su alcune zone: «In via Roma, in via san Francesco, in via san Pietro e in via san Domenico vi sono edifici fatiscenti e aree private vuote. Pertanto», conclude Volpe, «si attui un meccanismo pubblico-privato di sostituzioni di queste parti, associato a un rilancio del commercio».

Vito de Luca

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