Naufragio Costa Concordia, la pescarese sopravvissuta: “Ho sempre il senso di colpa, io non dimentico”
L’intervista alla 47enne pescarese Teresa D’Aiello a 13 anni dal naufragio della Costa Concordia nel mezzo di un naufragio causato dalla condotta del comandante: “Ho sempre il senso di colpa, non dimentico le vittime
PESCARA. Dalla felicità all’inferno in pochi attimi. E un unico pensiero: gli occhi dei suoi figli. È stata l’ancora a cui Teresa D’Aiello, 47 anni, si è aggrappata 13 anni fa, quando si è trovata avvolta dalla bolgia, dal caos infernale scoppiato sulla Costa Concordia, nel mezzo di un naufragio che, all’inizio, nessuno dell’equipaggio voleva e sapeva spiegare. Estetista al negozio “Easy chic parrucchieri” di Pescara, lo scorso 13 gennaio 2012 era salita a bordo della Concordia per partecipare al concorso “Professione Look maker”. Poco prima del naufragio, avvenuto alle 21.45, l’ultima foto con gli amici nel salone delle feste. Per la sopravvissuta, non serve attendere l’anniversario del naufragio per ricordare quell’incidente che l’ha segnata per sempre: «Le 32 persone che sono morte me le porto dentro ogni giorno, non le dimenticherò mai».
Sono passati 13 anni da quella notte, come si sente? «La vigilia di ogni ricorrenza è sempre particolare perché la mente non può che andare lì, a quegli attimi tremendi».
È salita sulla Concordia il giorno del naufragio per partecipare ad un concorso. «Partecipavo ad un programma tv il cui sponsor principale era Costa, si sarebbe dovuto chiamare “Professione Look maker”. Le puntate venivano registrate sulla nave e in palio c’erano addirittura 100.000 euro».
Oggi di 13 anni fa, era felice di essere a bordo di una nave di lusso, poi è accaduto l’inferno. «Già, è proprio così. Mi dispiace e mi sento fortunata perché io oggi posso raccontare. Ma mi dispiace per tutte le persone che hanno perso la vita, per una negligenza di una persona che poi non si è assunta neanche la responsabilità dell'equipaggio che portava».
A bordo c’era il panico e l’equipaggio provava a tranquillizzarvi. Ma tutti vi eravate accorti del pericolo.
«Sì, anche perché, come poi è stato noto su tutti i giornali, la ricostruzione di quella notte è stata terribile. Non siamo saliti subito sulle scialuppe. Dopo un paio d'ore dall'impatto hanno cominciato a far scendere le persone. Si respirava una grande disorganizzazione: il personale che non parlava neanche bene l’inglese, probabilmente anche ragazzi alle prime armi. E poi la paura e consapevolezza del fatto che ci trovavamo in pericolo, sapendo di essere intrappolati e avere il mare gelido attorno».
In quel momento di terrore, cosa le ha permesso di restare lucida e salvarsi? «I miei figli, i loro occhi. Il pensiero di poterli riabbracciare mi ha dato la forza per fare tutto: scendere da quella nave e tornare sana e salva a casa. Gli occhi dei miei figli mi hanno dato la spinta a voler tornare a tutti i costi».
Come è arrivata al Giglio? «Ho avuto la possibilità di salire su una scialuppa che poi purtroppo si è incastrata perché la nave era troppo inclinata, quindi ho ripercorso a ritroso tutta la nave e sono scesa su una vedetta della guardia costiera».
Ci racconta i giorni dopo il naufragio? «Ero molto scossa e traumatizzata. Avevo solo voglia di stare con le persone care. Poi ho avvertito un forte sentimento di gratitudine e sensi di colpa verso chi non ce l’aveva fatta. Pensavo: perché loro sono morti, e io no».
Dopo la Concordia, è mai tornata su una nave da crociera?«Non ho avuto l'occasione, ma non bramo dalla voglia di tornarci. Sono anche molto fatalista».
Oggi le fa paura il mare? «No, sono convinta che tutti i traumi siano un pezzetto del puzzle della vita: bisogna superarli, andare avanti, guardare oltre. Non bisogna farsi limitare da quello che ti succede, ma uscirne più forti. Se c’è bisogno di un aiuto bisogna chiedere aiuto. C’è bisogno anche di un percorso particolare per poter accettare quel momento e riviverlo depauperandolo di tutti i sentimenti che lo hanno caratterizzato».
Dopo 13 anni, cosa pensa del naufragio? «Mi vengono in mente momenti forti e intensi. Non capita a tutti di vivere un naufragio. Sono eventi imprevedibili, ma bisogna reagire alle cose e andare avanti. Tutto questo grazie alla forza della famiglia, è importante impegnarsi su sé stessi, cercare nuovi obiettivi. Non è retorica. Il sentimento è forte verso quelle 32 persone che erano con me, ma si sono trovate nel posto sbagliato. Io le avrò sempre nel cuore. Il pensiero va a loro, agli attimi che ho vissuto, sono stati momenti angoscianti, però li ho superati e li posso raccontare».
Tornata a casa salva, dopo un breve momento di pausa presa da interviste sui giornali e tv che sentiva di fare «per dovere di raccontare», Teresa è tornata al lavoro, aprendo due centri estetici in città. Tredici anni di «grandi soddisfazioni». Poi il desiderio di cambiare prospettive: «A fine anno 2024 ho chiuso l'attività perché mi sono abilitata per l'insegnamento di lettere e, se Dio vuole, cambierò strada»