Palazzo Delfico e il cantiere fantasma
Montesilvano Colle, lavori fermi da sei anni nell’ex Municipio abitato dagli ultimi eredi dell’antica famiglia teramana
MONTESILVANO. I lavori dovevano terminare nel 2007 e invece le transenne sono ancora tutte là, mentre l’agonia di Palazzo Delfico diventa il simbolo dell’intera comunità del Colle.
Sede del Comune di Montesilvano fino al 1926, quando un golpe fascista capitanato da Renato Gallerati (prozio dell’ex sindaco Pd Renzo) trasferì di forza una cinquantina di registri comunali alla marina, nella casa gialla di fronte alla stazione ferroviaria di oggi, Palazzo Delfico non ha più nulla dei fasti che lo caratterizzarono dal 1876, quando Troiano De Filippis Delfico (nel 1880 eletto senatore del Regno e sindaco di Montesilvano) la scelse come sede definitiva del nobile casato teramano.
Un casato che in questi quasi 150 anni di successioni e divisioni, a Montesilvano ha visto assottigliarsi beni e disponibilità di cui il Palazzo Delfico di oggi non è che l’amara testimonianza. Un edificio storico venduto pezzo per pezzo dai discendenti del conte Troiano che però hanno tenuto una parte dell’ala superiore dove attualmente vivono la moglie e i figli di uno degli ultimi eredi. È a quest’ultimo che nei giorni scorsi si è rivolta l’amministrazione comunale nel tentativo di eliminare «nel più breve tempo possibile», come rimarca il dirigente dell’Urbanistica Bruno Celupica, le transenne che da almeno sei anni minacciano l’incolumità non solo dei residenti, ma di quanti quotidianamente frequentano piazza Umberto I dove, a due passi dall’antico edificio, ha sede anche la chiesa di San Michele Arcangelo.
«Ci siamo incontrati con i proprietari», continua Celupica, «e ci siamo dati appuntamento alla prossima settimana. Il Palazzo va recuperato, ma ci servono fondi che attualmente non sono nè nelle nostre disponibilità nè in quelle degli attuali proprietari, a cui comunque spetta il recupero». Tutto sta a vedere se il Palazzo, ed è questo che a distanza di più di sei anni si sta ancora verificando, è vincolato dalla sovrintendenza dei Beni architettonici. Circostanza, questa, che se riscontrata potrebbe riservare fondi decisivi per il recupero dell’edificio.
Il secondo passaggio, di fatto ancora molto di là da venire, è la futura destinazione di Palazzo Delfico: «Come abitazione privata non è più adeguata», dice Celupica, mentre l’assessore all’Urbanistica Adriano Chiulli non si sbilancia: «Sarebbe bello poter rilevare il palazzo più significativo del borgo, ma bisogna fare i conti con le disponibilità dell’ente e con l’eventuale possibilità di qualche forma di finanziamento».
Ma del cantiere abbandonato e della sua pericolosità si parla dal 30 gennaio del 2007 quando l’allora commissario prefettizio Fulvio Rocco firmò l’ordinanza che dava il via all’intervento di recupero dell’immobile. L’opera «di pronto intervento per la messa in sicurezza del fabbricato» partita il 15 marzo 2007 si sarebbe dovuta concludere il 15 giugno 2007 per un intervento di 55mila euro. E invece le transenne sono ancora tutte là, con le travi arrugginite, i calcinacci pericolanti e un cartello sbiadito, scritto a pennarello, che affisso al portone avverte: «Attenzione, pericolo. Non sostare».
Ma attraversare il cantiere fantasma, nell’attesa (vana) che i residenti rispondano al citofono, conduce a meraviglie inaspettate, come la fontana o l’antico sedile che campeggiano nel bellissimo chiostro del Palazzo, tra sacchi, scale e attrezzi accatastati. Un degrado di cui chiedeva conto già a gennaio del 2009 il consigliere comunale Francesco Maragno e che due mesi dopo dello stesso anno portò 35 cittadini a firmare un esposto inviato all’allora procuratore capo Nicola Trifuoggi, alla Asl e all’ispettorato del Lavoro e del Comune in cui si denunciava: «La situazione è di tale degrado da mettere in pericolo la salute dei cittadini».
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