Parla l’ex ministro albanese «Rivedo lo spettro di Hitler»
Mustafaj a Pescara per il Fla. Al Centro rivela: «Inutile il patto di Meloni sui migranti»
PESCARA. Besnik Mustafaj, ex ministro degli Esteri dal 2005 al 2007 e tra i fondatori del Partito Democratico dell’Albania nel 1991, è a Pescara in veste di scrittore per presentare nell’ambito del FLA – Festival di Libri e Altrecose il suo libro “L’estate senza ritorno”.
A margine dell’incontro, traccia nel suo italiano quasi perfetto un’analisi impietosa del patto Italia-Albania, che prevede il trasferimento dei migranti salvati nel Mediterraneo sull’altra sponda dell’Adriatico, dove sono stati costruiti i centri di detenzione per i richiedenti asilo, soffermandosi in particolare sui rapporti tra i due capi di Governo Giorgia Meloni ed Edi Rama.
Un’operazione costosissima e già al centro delle polemiche in Italia, bocciata oggi anche da una voce autorevole come quella dell’ex ministro, lontano dalla politica dal 2009 e probabilmente anche per questa ragione in grado di osservare con un occhio più critico, distaccato e privo di pregiudizi le libertà (mancate) e il lungo cammino del suo Paese per entrare nell’Unione Europea.
La domanda è d’obbligo: cosa è cambiato dal 1991, quando è nato il Partito democratico albanese, ad oggi?
Oggi i Balcani non sono ancora uno spazio veramente libero: in Serbia c’è un regime autocratico e quasi dittatoriale, in Albania un regime autocratico e non veramente attento alle libertà politiche. Cosa è cambiato? Il fatto che da albanese posso dire queste cose, che posso fare critiche e denunce, 35 anni fa non potevo mai dire che vivo in un Paese che non è libero.
C’era la censura, non c’era diritto di parola o di espressione. Oggi si vive bene?
Abbiamo fatto passi in avanti molto importanti, ci sono state evoluzioni non di poco conto, ma è indispensabile che la situazione migliori ancora. Perché il contesto in Albania non è più lo stesso di 35 anni fa, ma non è nemmeno quello dove noi europei e noi balcanici europei vorremmo trovarci.
Cosa pensa dell’accordo sui migranti tra Italia e Albania?
Penso che sia una cattiva idea, perché non dà una soluzione ai problemi dei migranti. Meloni e Rama hanno voluto fare propaganda e, come propaganda, ha anche funzionato. Ma di fatto questi centri di prima accoglienza non risolvono il problema degli immigrati illegali. La questione è molto più complessa di quanto previsto da questo protocollo.
Lei da ministro degli Esteri non lo avrebbe firmato?
Assolutamente no! Perché non penso che sia una soluzione. Sono convinto che l'Albania non sia capace di gestire un progetto di questo genere e che anche per l'Italia abbia costi enormi. Il governo italiano ha scelto un progetto che fa propaganda, rumore, un’idea che non è una soluzione per l’immigrazione illegale.
Come giudica il rapporto tra Edi Rama e Meloni?
È un rapporto emozionale che non ha niente a che fare con le necessità politiche dei nostri due Paesi. Meloni, una donna piccola fisicamente, e Rama, un uomo grande fisicamente, vogliono fare insieme uno spettacolo politico ed emozionale. Ma l’Italia e l’Albania non ne ricavano niente dal punto di vista diplomatico o economico.
L’Albania spera forse di avere maggiori possibilità di entrare nell’Unione Europea?
L’Albania per entrare nell’Unione Europea deve rispettare delle condizioni molto concrete. Avere o non avere un centro di migranti, costruito per i problemi dell'Italia, non influisce sul livello d’integrazione chiesto dall’Europa. Meloni e il Governo italiano possono essere un buon avvocato, ma non è con un buon avvocato che si vince un processo. L’Albania deve rispondere con i fatti e questi non hanno niente in comune con i migranti che vogliono venire in Italia e in Europa.
Edi Rama è in grado di realizzare le riforme per portare l’Albania al livello degli altri Stati europei?
Rama non è un esempio né personalmente né come presidente del governo albanese. È un uomo che ha difetti essenziali nel suo carattere, non ha niente a che fare con la libertà universale che l'Italia e l'Europa occidentale difendono e che l'Albania aspira a raggiungere. Quando parliamo di Rama, non possiamo parlare di valori.
Può essere definito un uomo di sinistra?
Per Rama sinistra e destra sono solo braccia del suo corpo, sono definizioni, non ideologie. Per lui sinistra e destra sono la stessa cosa quando si parla della salvaguardia del suo potere. In nome del suo potere è pronto a dire tutto ciò che può servire, di sinistra o di destra.
Quali sono le tre priorità per l’Albania oggi?
La prima è lavorare per costruire una vera democrazia, cominciando da elezioni libere e non manipolate. La seconda è fare le riforme necessarie per avere una giustizia indipendente dalla politica. La terza è avere un mercato concorrenziale libero e non manipolato dalla mafia e dalla corruzione.
Lei racconta in maniera spietata il suo Paese...
Non lo descrivo né male né bene, io parlo delle necessità del mio Paese.
Perché ha lasciato la politica nel 2009?
Perché sono uno scrittore e voglio fare lo scrittore. Penso che la cosa migliore che possa fare è scrivere dei buoni libri.
Guardando al contesto internazionale, secondo lei con l’elezione di Trump potrebbe effettivamente esserci la pace tra Russia e Ucraina?
Io vivo in Albania e sono albanese. Anche se abito lontano dall'Ucraina, le promesse elettorali di Trump non mi lasciano indifferente.
In che senso?
Se all'Ucraina viene meno l'aiuto e il sostegno degli Stati Uniti, allora sarà perduta. E questo vorrà dire una vittoria molto importante per la Russia e una minaccia molto seria per la democrazia dell’Europa. Uno scenario che si può comparare solo al 1938 quando Hitler era al mondo.
Teme una deriva nazista? Non in senso ideologico, ma militare. La Russia non ha bisogno di essere nazista per essere pericolosa per l’Europa. Vedo una minaccia del totalitarismo, della mancanza di libertà e dell’espansionismo.
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