Pasticciere abruzzese ucciso in Venezuela
Clemente Nobilio, originario di Loreto, tornava spesso dai parenti a Montesilvano. Il dolore della cugina: aveva paura
PESCARA. Ucciso a colpi di arma da fuoco dentro alla sua pasticceria, quella che aveva fondato il padre tanti anni fa, dopo aver lasciato Loreto Aprutino. Non c’è stato niente da fare per Clemente Elias Nobilio Serrano, 57 anni da compiere a novembre, che è stato ammazzato a Maracaibo, in Venezuela, mentre stava lavorando nella pasticceria di famiglia “Donas Donas”, che produce i conosciutissimi dolci americani. È successo la mattina di lunedì e la notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno a Montesilvano dove Clemente era stato solo pochi mesi fa, tra marzo e aprile, a casa della zia, Rita Nobilio, sorella del padre Ermanno, emigrato in Venezuela quando aveva venti anni e morto in quella terra di recente.
Era proprio la zia Rita ad ospitare Clemente (stesso nome del nonno originario di Loreto) e la sua famiglia ogni volta che decidevano di trascorrere una vacanza in Italia. Lui si sentiva di casa, qui, «tornava volentieri» e diceva di essere «per metà italiano o meglio ancora loretese», ricorda la cugina Manuela Mazzocchetti, rimasta profondamente turbata dall’accaduto, insieme ai suoi parenti. «Era il classico latino americano», dice Manuela. «Era sempre allegro e vitale, la mattina al suo risveglio accendeva la musica», prosegue.
Nato e cresciuto in Venezuela, dove aveva ereditato l’attività del padre, Clemente aveva sposato una venezuelana e aveva tre figli, due ragazze e un ragazzo. Ma aveva l’Italia nel cuore. «Ci faceva visita, tornava qui», dice sempre la cugina. «O venivano i figli o veniva lui, e ne approfittavano per muoversi da Montesilvano e conoscere l’Italia. Quest’anno era volato qui con la moglie per fare il passaporto, visto che aveva la cittadinanza italiana, ma ha scoperto che era necessaria la prenotazione in questura e i tempi si sono allungati per cui è rimasto due mesi».
Sono stati i familiari di Clemente a comunicare ai parenti abruzzesi la tragica notizia dell’omicidio a scopo di rapina. Dopo i primi messaggi scambiati attraverso whatsapp «abbiamo deciso di telefonare anche se le difficoltà a comunicare sono tante, per via della lingua: noi non sappiamo bene lo spagnolo e loro non sanno bene l’italiano. Alcune cose le abbiamo sapute dalla stampa Venezuelana, ma non conosciamo ancora i dettagli» dell’assalto. «Da anni viveva blindato in casa, anche la macchina era blindata, e aveva già subito un’aggressione, gli avevano sparato a una gamba», racconta la parente. Considerata la situazione del Venezuela, «raccontavano di non poter trascorrere una serata in tranquillità: il massimo dello svago era saltare in auto e rinchiudersi a casa di amici. Uscire la sera per raggiungere un locale, come hanno fatto qui con noi, era bellissimo, ma soprattutto inusuale». L’altro giorno la banda di criminali che ha preso di mira “Donas Donas” ha colpito al petto Clemente, stando alla ricostruzione della stampa venezuelana, ed è stato inutile il trasporto in una clinica, dove il 57enne è arrivato morto. «Lì si spara ad ogni ora», commenta preoccupata Manuela Mazzocchetti da Montesilvano. «Gli dicevamo sempre che era troppo pericoloso restare a Maracaibo e lo invitavamo a venire qui, ma lui rifiutava. Diceva che non se ne sarebbe mai andato». E ora ne è convinta anche la prima figlia, Maria Gabriella, che lavorava con lui e porterà avanti la pasticceria. «Papà è stato ucciso per difendere l’attività di oltre 40 anni, avviata da mio nonno», ha detto,
continueremo il suo lavoro. Lunedì si riapre».