Pavone, blitz a casa dei vicini i Ris analizzano scarpe e davanzali
L’ingegnere di Montesilvano in fin di vita: da ieri anche i Ros sono al lavoro su computer, tabulati e celle di telefonini
MONTESILVANO. Vicini e amico di famiglia. È su questi due fronti, la lite e la pista passionale, che a distanza di dieci giorni dal misterioso ferimento di Carlo Pavone, in coma per un colpo di arma da fuoco alla testa, si stanno concentrando i carabinieri. Escluso il proiettile vagante, tenuta in scarsissima considerazione la pista di una vendetta targata Venezuela, gli investigatori vogliono stringere il cerchio sulle ipotesi che, al momento, appaiono più verosimili. Anche perché una cosa, dopo il sopralluogo dei Ris appare certa: il colpo che ha lasciato in fin di vita il 42enne è stato un colpo mirato, o d’impeto o premeditato.
Dunque, chiuso il capitolo iniziale delle testimonianze raccolte a largo raggio, adesso è il momento dei riscontri e degli approfondimenti. Per questo dopo i Ris, arrivati per ricostruire nei minimi dettagli la scena del crimine in modo da potervi collocare e meglio interpretare l’esito degli accertamenti tecnici sul proiettile (distanza, traiettoria e arma) e sul coltellino (impronte e tracce di eventuale Dna), ieri sono arrivati anche gli investigatori del reparto Crimini violenti del Ros, il raggruppamento operativo speciale che l’anno scorso si occupò a Pescara della scomparsa dello studente Roberto Straccia e che ha lavorato sul caso della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa e trovata morta nel 2010 nel Bergamasco. Il loro compito è quello di analizzare e fornire gli adeguati supporti tecnici ai carabinieri del Reparto operativo provinciale e della compagnia di Montesilvano che si occupano del caso, a cominciare dai tabulati telefonici. Come anticipato, stanno inziando ad arrivare, dai gestori telefonici interpellati, i primi tabulati e su questo i Ros stanno lavorando per incrociare e individuare le celle telefoniche dei singoli titolari. Sotto la lente di ingrandimento ci sono le posizioni, gli spostamenti e i contatti avvenuti via telefono tra Carlo Pavone, la moglie e l’amico di famiglia di Chieti, con l’analisi della «vita» telefonica di ciascuno dei tre. Ma non solo. Oltre a telefonate ed sms, si tratta anche di analizzare i loro computer: cinque in tutto, tra privati e professionali, sono stati sequestrati dai carabinieri per tentare di rintracciarvi qualsiasi collegamento utile a ricostruire questo difficilissimo puzzle. Al momento, il riscontro più atteso è quello sulle celle telefoniche per capire, intanto, se l’amico di famiglia, sospettato della prima ora ma mai indagato, ha detto la verità in relazione alla sera del 30 ottobre. E cioé che mentre qualcuno sparava alla testa dell’ingegnere informatico davanti a casa sua, in via De Gasperi 18 tra le 20,30 e le 21, lui era a casa a Chieti, con la figlia. Ma in attesa di verificare la credibilità di quest’ultimo (decisiva sulla piega delle indagini) gli investigatori continuano a tenere in considerazione anche la lite con un vicino.
Non a caso venerdì, nell’ultimo giorno di ispezione dei Ris sul luogo della tragedia, sono stati ispezionati gli appartamenti, i garage e gli sgabuzzini della palazzina adiacente a quella di Pavone, peraltro alle spalle del cassonetto dove è stato ferito Pavone. Un edificio a tre piani realizzato dallo stesso papà di Pavone, che in Venezuela ha un’avviatissima impresa edile attualmente gestita dal fratello dell’ingegnere, di cui Pavone e la sorella possiedono ancora due appartamenti e con cui condividono ancora la gestione condominiale: è sul muretto di questa palazzina che i Ris hanno ispezionato e misurato al millesimo le tracce di sangue (già repertate e ancora ben visibili) del povero Pavone. Sangue che gli investigatori hanno trovato sul coltellino chiuso, raccolto vicino all’ingegnere agonizzante, e sulle potature che lo coprivano alla meno peggio. Sangue che gli investigatori, con un’ unità cinofila, venerdì sono andati a cercare sotto le scarpe dei vicini di Pavone, in particolare proprio degli inquilini della palazzina al 18A. Oltre ad analizzare con un particolare reagente le suole delle scarpe maschili (recuperate perfino in garage e stanzini), i carabinieri hanno eseguito particolari test sui davanzali delle finestre, alla ricerca di eventuali tracce di polvere da sparo.
Tutto questo perché al momento, comunque, la dinamica su come è stato esploso il colpo e da quale punto, non è ancora chiara: il proiettile è partito dal basso verso l’alto, con una inclinazione del dieci per cento, ma Pavone è stato colpito alla testa, la parte più mobile del corpo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA